Corte di cassazione penale sez. VI, 12 gennaio 2015, n. 896 (ud. 1 luglio 2014)

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3/2015 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 12 GENNAIO 2015, N. 896
(UD. 1 LUGLIO 2014)
PRES. GARRIbbA – EST. LEO – P.M. IACOVIELLO (PARZ. DIff.) – RIC. PANARELLO
ED ALTRI
Abuso d`uff‌icio y Estremi y Violazione di legge o
regolamento y Verif‌iche f‌iscali da parte della Guar-
dia di f‌inanza y Appartenenti alla Guardia di f‌inanza
che inducano i soggetti sottoposti a tali verif‌iche a
sostituire i propri commercialisti di f‌iducia con al-
tri y Conf‌igurabilità del reato.
Falsità in atti y In certif‌icati o autorizzazioni am-
ministrative y Certif‌icazione medica y Falso ideolo-
gico per induzione y Conf‌igurabilità.
. In tema di abuso d’uff‌icio, bene è ritenuta la conf‌igu-
rabilità del reato nella condotta tenuta da appartenenti
alla Guardia di f‌inanza i quali, in occasione di verif‌iche
f‌iscali, inducano i soggetti sottoposti a tali verif‌iche a
sostituire i propri commercialisti di f‌iducia con altri,
ai quali gli agenti siano legati da rapporti di comune
interesse. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 323) (1)
. Deve ritenersi conf‌igurabile il falso ideologico per in-
duzione in certif‌icazione medica a carico del soggetto
il quale, simulando i sintomi di un’affezione patologica
in realtà inesistente, ottenga dall’esercente la profes-
sione sanitaria un certif‌icato che ne attesti invece la
sussistenza. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 479; c.p., art.
480) (2)
(1) Nel senso che il requisito della violazione di legge può consistere
anche nella inosservanza dell’art. 97 della Cost., nella parte imme-
diatamente precettiva, che impone ad ogni pubblico funzionario,
nell’esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la legge
gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti
vantaggi, ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discrimina-
zioni e procurare ingiusti danni, v. Cass. pen., sez. VI, 18 settembre
2014, n. 38357, in Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna e Cass. pen.,
sez. VI, 6 agosto 2013, n. 34086, in questa Rivista 2014, 631.
(2) Principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte. Ex
multis, v. Cass. pen., sez. V, 13 marzo 2014, n. 12213, in Ius&Lex dvd n.
1/2015, ed. La Tribuna; Cass. pen., sez. VI, 28 marzo 2011, n. 12401, in
questa Rivista 2012, 556 e Cass. pen., sez. V, 19 aprile 2007, n. 15773,
ivi 2008, 192.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. È impugnata la sentenza del 14 febbraio 2013 della
Corte d’appello di Reggio Calabria, di parziale riforma
della sentenza pronunciata dal locale Tribunale, in data
22 settembre 2012, nei confronti di Benedetto Panarello,
Antonio Fabio Badami e Antonino Albanese.
1.1. Il procedimento è scaturito dalle denunce di due
imprenditori, Giuseppe Lombardo e Francesco Gira, in
base alle quali si era ipotizzato che due sottuff‌iciali della
Guardia di f‌inanza, Panarello e Badami, avessero indotto
gli stessi ed altri imprenditori, nel corso di verif‌iche f‌iscali,
a sostituire il proprio commercialista di f‌iducia designan-
do, in sua vece, il coimputato Antonino Albanese. Questi,
da parte sua, aveva poi trasferito una parte della clientela
così acquisita ad una società, la Elcodata s.r.l., controllata
dalla moglie di Panarello, e della quale lo stesso Panarello
era sostanzialmente il dominus, f‌ino a rendere ancillare la
stessa posizione di Albanese.
Dopo le denunce erano state effettuate intercettazioni
telefoniche, che avevano confermato come fosse il citato
Panarello ad interloquire con i clienti della Elcodata, seb-
bene fosse ancora un militare della Guardia di f‌inanza. Lo
stretto rapporto tra Panarello e Albanese era stato confer-
mato nel febbraio 2007, allorquando era iniziata una veri-
f‌ica f‌iscale presso lo studio del secondo, ed il primo si era
subito attivato per ostacolare le indagini, tra l’altro adot-
tando e facendo adottare ai coimputati cautele nell’uso dei
telefoni. Quanto a Badami, si trattava di un subordinato del
Panarello, nell’attività di servizio come in quella parallela,
anche se trattava direttamente con la clientela dei correi.
Le intercettazioni telefoniche avevano tra l’altro posto
in luce che Panarello si dedicava alla sua assorbente attivi-
tà di «commercialista» anche nel periodo in cui aveva chie-
sto ed ottenuto un congedo per ragioni di salute (infra).
In esito alle indagini era stata elevata un’imputazione
associativa, ed erano poi stati identif‌icati una serie di fatti,
variamente qualif‌icati come delitti di concussione o abuso
di uff‌icio, sul presupposto che i f‌inanzieri avessero pro-
spettato benef‌ici rif‌lessi sulle verif‌iche in corso, o su veri-
f‌iche future, per il caso che gli interessati concludessero
contratti di assistenza professionale con Albanese o con la
Elcodata. Al solo Panarello erano poi stati contestati reati
di falso e truffa in rapporto alla mendace prospettazione di
condizioni patologiche allo scopo di giustif‌icare le assenze
dal servizio e di ottenere il riconoscimento della dipen-
denza della malattia dal servizio medesimo. (Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Omissis)
4.1. Nell’interesse di tutti i ricorrenti, con diversità di toni
ed accenti, si è sostanzialmente negata l’integrazione della
«doppia ingiustizia» che, secondo una ricostruzione ormai
corrente, dovrebbe caratterizzare il delitto di abuso d’uff‌icio.
E ciò cominciando da rilievi di vario genere sulla contrarietà
alla legge degli atti compiuti da Panarello e Badami nell’eser-
cizio delle loro funzioni. La Corte territoriale avrebbe in so-
stanza delineato un mero e generico «abuso della funzione»,
senza identif‌icare specif‌ici atti illegittimi (così ad esempio
nel ricorso Badami, § 5.1. e 5.4. del Ritenuto).
Ora, come già si è avuto modo di rilevare (supra, §
3.1.), il ragionamento dei Giudici di merito non risulta
completamente lineare, poiché sovrappone la connota-
zione di illegittimità dell’attività «privata» di Panarello e
la contrarietà alla legge (in senso lato) della sua attività
off‌iciosa. Di conseguenza la contravvenzione alle norme
sugli incarichi extrafunzionali dei pubblici dipendenti, o
sulla legittimazione all’esercizio di una professione che la
legge riserva a soggetti specif‌icamente abilitati, non può
assumere il rilievo che le è stato invece conferito al f‌ine
di evidenziare il connotato abusivo del comportamento
funzionale (p. 21 della sentenza).

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