Corte di cassazione penale sez. V, 15 dicembre 2014, n. 52077 (ud. 4 novembre 2014)

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Rivista penale 2/2015
Legittimità
corTe di cassazione penale
sez. v, 15 dicembre 2014, n. 52077
(ud. 4 novembre 2014)
pres. ferrua – esT. lapalorcia – p.m. salzano (diff.) – ric. l.
Reati fallimentari y Bancarotta fraudolenta y
Bancarotta per distrazione y Condotta distrattiva
successiva alla data di dichiarazione del fallimento
y Natura riparatoria y Condotta distrattiva anterio-
re al fallimento y Nozione y Fattispecie in tema di
stipula di un contratto preliminare di vendita di un
immobile, dell’impresa successivamente dichiarata
fallita.
. In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, po-
sto che la penale rilevanza della distrazione per effetto
di condotte riparatorie può essere esclusa solo a condi-
zione che queste ultime si collochino in data successiva
a quella della dichiarazione di fallimento, deve ritener-
si che non si verif‌ichi tale condizione qualora (come
avvenuto nella specie), essendosi stipulato, prima del
fallimento, un preliminare di compravendita vendita
avente ad oggetto un bene immobile dell’impresa poi
dichiarata fallita, con f‌ittizio versamento, da parte del
soggetto che f‌igurava come promissario acquirente, di
una somma a titolo di caparra, il curatore del fallimento
abbia poi optato per l’esecuzione del contratto ed abbia
quindi ottenuto la corresponsione dell’intero prezzo
dell’immobile compravenduto. (Mass. Redaz.) (r.d. 16
art. 223) (1)
(1) Nello stesso senso si esprime Cass. pen., sez. V, 23 ottobre 2007,
n. 39043, in questa Rivista 2008, 961. In senso analogo alla pronuncia
in commento si veda inoltre Cass. pen., sez. V, 3 dicembre 2003, n.
37565, in Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna.
svolgimenTo del processo
1. P. P. L. è stato ritenuto responsabile, con sentenza
della Corte di Appello di Bologna del 29 gennaio 2013, in
riforma - su appello del P.M. - di quella del Gip Tribunale
di Ravenna in data 10 febbraio 2010 (di assoluzione “per-
chè il fatto non costituisce reato”), del reato di cui all’art.
216, comma 1 n. 1 L. fall. per aver concorso con altri, e in
particolare con N. T. e A. R., amministratori della X S.n.c,
dichiarata fallita il 9 agosto 2002, nella distrazione della
somma di 500 milioni di lire, costituente la caparra conf‌ir-
matoria prevista nel preliminare di vendita di un immobile
dei coniugi T. alla Y S.r.l della quale L. è socio e ammini-
stratore, o, in alternativa, per aver distratto il suddetto
immobile promettendone la vendita con simulazione del
pagamento della caparra.
2. In sostanza, premessa la f‌inalità dei coniugi T. di
mettere l’immobile al riparo dalle esecuzioni tramite la
stipula del preliminare - operazione ideata dal L., legale
dei coniugi stessi-, la Y, promissario acquirente per sé o
per persona da nominare, aveva simulato - com’è pacif‌ico-
il versamento della caparra in forma di assegni circolari,
che erano stati estinti dai benef‌iciari T. e R. e versati su
un libretto di risparmio a nome dei soci ed amministratori
della Y, con un passaggio dunque solo f‌ittizio della caparra
stessa dal compratore ai venditori.
3. Con la conseguenza non solo della distrazione delle
relativa somma, ma della distrazione in senso giuridico,
come contestato dal P.M. all’udienza del 5 ottobre 2009,
dell’immobile, nel senso che questo era stato almeno in
parte, nella misura della caparra solo apparentemente
corrisposta, distolto dalla garanzia patrimoniale dei credi-
tori, in quanto il curatore, se non avesse scelto di dar corso
alla vendita, avrebbe dovuto restituire alla Y la caparra di
500 milioni di lire.
4. La corte territoriale, dopo aver ricordato che il primo
giudice aveva affermato, da un lato, che l’immobile non
era stato distratto dall’attivo fallimentare, dall’altro che
l’operazione era stata valutata come vantaggiosa dalla cu-
ratela che aveva deciso di dar corso alla vendita, osservava
che il G.u.p non aveva però tenuto conto che, in esito agli
accertamenti investigativi, la somma di 500 milioni era ri-
sultata versata al fallimento dalla Y, il resto del prezzo da-
gli acquirenti nominati. Concludeva quindi che, solo grazie
al duplice versamento, l’operazione era risultata positiva e
più vantaggiosa della vendita dell’immobile all’asta, men-
tre, se l’operazione non fosse stata scoperta, la somma di
500 milioni, solo apparentemente versata, sarebbe rimasta
nelle casse della Y con danno dei creditori della X S.n.c,
in quanto il fallimento di quest’ultima società avrebbe
conseguito soltanto il prezzo residuo.
5. In ordine alle f‌inalità dell’operazione, la corte bolo-
gnese osservava che esse erano, come prospettato dal P.M.
appellante, di “anticipare e depotenziare i creditori” non
essendovi prova di quella di impedire iscrizioni di ulte-
riori ipoteche, di fatto comunque accese, né di quella di
procurarsi liquidità per salvare l’azienda, mentre il f‌ine di
tutelare i potenziali acquirenti da possibili revocatorie fal-
limentari mascherava comunque la volontà di indebolire
la posizione dei creditori pregressi rispetto ai promissari
acquirenti. Sul dolo era pure richiamato per relationem
l’appello del P.M. (pagg. da 3 a 7).

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