Corte di cassazione penale sez. III, 10 novembre 2014, n. 46169 (ud. 18 luglio 2014)

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giur
Rivista penale 1/2015
LEGITTIMITÀ
leotti fosse stata quella di “prendere o lasciare”: accettare
di retribuire illecitamente il pubblico uff‌iciale o subire un
“danno ingiusto”, da cagionare attraverso azioni ammini-
strative ritorsive contra legem.
Va peraltro rilevato che, secondo la ricostruzione dei
fatti compiuta dai giudici di merito, il pubblico uff‌iciale non
ebbe a prospettare al Galeotti la possibilità di conseguire
un indebito vantaggio, secondo lo schema della fattispecie
normativa di cui all’art. 319 quater c.p.; ebbe, invece, a mi-
nacciare un danno ingiusto: la reiezione della domanda di
sanatoria e la conseguente perdita del bene aziendale.
Indubbia è perciò l’esistenza di una vera e propria co-
strizione mediante minaccia, che giustif‌ica la sussunzione
del fatto nella fattispecie di cui al nuovo testo dell’art. 317
c.p.; come peraltro ritenuto da questa Corte in fattispecie
analoghe già scrutinate: cfr. Cass., sez. VI, n. 2305 del 19
dicembre 2013 - dep. 20 gennaio 2014 - Rv. 258655, in una
fattispecie relativa ad un imprenditore costretto, dal sin-
daco e dall’assessore all’urbanistica di un piccolo comune,
a nominare quale “direttore dei lavori” un soggetto a loro
vicino (in realtà destinato a funzioni di mero collegamen-
to tra l’impresa e l’amministrazione comunale) per evitare
di soggiacere ai continui ricatti ed ostacoli prospettatigli;
sez. VI, n. 29338 del 23 maggio 2013 Rv. 255616, in una
fattispecie nella quale un funzionario comunale aveva
subordinato il rilascio di una concessione edilizia, ad un
soggetto che ne aveva titolo, all’aff‌idamento di alcuni lavo-
ri ad una ditta da lui indicata.
La soluzione giuridica adottata dai giudice di merito
è perciò in linea con la giurisprudenza di questa Corte, è
esente da vizi logici e giuridici e non merita censura.
3. In def‌initiva, tutti ricorsi devono essere rigettati;
conseguentemente i ricorrenti vanno condannati al paga-
mento delle spese del procedimento e alla rifusione delle
spese del presente giudizio di legittimità alla parte civile
costituita. (Omissis)
coRTE dI cASSAzIoNE PENALE
SEz. III, 10 NoVEmbRE 2014, N. 46169
(ud. 18 LugLIo 2014)
PRES. mANNINo – EST. dI NIcoLA – P.m. d’AmbRoSIo (coNf.) – RIc. gAbRIELLI
previdenza e assistenza (Assicurazioni socia-
li) y Contributi assicurativi y Versamento y Omesso
o tardivo pagamento y Accertamento della violazio-
ne y Obbligo dell’Inps di renderlo noto al datore di
lavoro y Sussistenza y Forme e modalità y Individua-
zione.
. In tema di omesso versamento di ritenute previden-
ziali (art. 2, comma 1 bis del D.L. n. 463/1983, conv. con
modif. in L. n. 638/1983), qualora sia mancata, da parte
dell’INPS, la contestazione o la notif‌ica dell’avvenuto
accertamento della violazione e il decreto di citazione
a giudizio (cui va riconosciuta la natura di atto equi-
pollente alla detta contestazione o notif‌ica ), pur con-
tenendo l’indicazione della somma da pagare e quella
della sede dell’ente in favore della quale il pagamento
avrebbe potuto essere effettuato, non contenga, tutta-
via, anche l’avviso che detto pagamento, se effettuato
entro tre mesi, pur a procedimento penale ormai ini-
ziato, avrebbe comportato la non punibilità del fatto,
l’imputato non può validamente dolersi di tale man-
canza, al f‌ine di farne derivare il mancato decorso del
termine anzidetto, quando risulti che, anche nel corso
del medesimo procedimento, egli abbia comunque avu-
to piena contezza della possibilità di fruire della causa
di non punibilità, mediante il versamento della somma
dovuta, e non se ne sia tempestivamente avvalso. (Nella
specie la Corte ha ritenuto che l’avvenuta acquisizione,
da parte dell’imputato, della piena contezza circa la
possibilità di avvalersi della causa di non punibilità
doveva farsi risalire quanto meno al momento della
redazione dei motivi d’appello, nei quali si lamentava
appunto l’assenza, nei precedenti atti, dell’avviso in
questione). (Mass. Redaz.) (d.l. 12 settembre 1983, n.
463, art. 2) (1)
(1) La sentenza in epigrafe si conforma a quanto statuito dalle
SS.UU. 18 gennaio 2012, n. 1855, in questa Rivista 2012, 273, secondo
le quali “In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali
e assistenziali, ai f‌ini della causa di non punibilità del pagamento
tempestivo di quanto dovuto, il decreto di citazione a giudizio è
equivalente alla notif‌ica dell’avviso di accertamento solo se, al pari
di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all’imputato, contenga
gli elementi essenziali del predetto avviso, costituiti dall’indicazione
del periodo di omesso versamento e dell’importo, la indicazione della
sede dell’ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di
tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di
fruire della causa di non punibilità”.
SVoLgImENTo dEL PRocESSo
1. La Corte di appello di Ancona, con la sentenza in-
dicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia resa dal
Tribunale di Ascoli Piceno che aveva condannato Renato
Gabrielli alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 900,00
di multa per il reato previsto dall’art. 2, comma 1 bis, D.L.
12 settembre 1983, n. 463 conv. in L. 11 novembre 1983, n.
638, perchè, nella qualità di legale rappresentante della
ditta “Autocarrozzeria di Gabrielli Renato” - sede legale
Ascoli Piceno via Piemonte n. 4 - con più atti esecutivi di
un medesimo disegno criminoso non provvedeva a ver-
sare all’Inps di Ascoli Piceno le ritenute previdenziali e
assistenziali operate a carico dei lavoratori in occasione
dell’avvenuta corresponsione delle retribuzioni per com-
plessivi euro 6.620,96. In Ascoli Piceno nel periodo dall’1
novembre 2006 al 31 dicembre 2007.
2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza, l’impu-
tato ha proposto, per mezzo del difensore, ricorso per cas-
sazione aff‌idando il gravame a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce inosservanza o erronea
applicazione della legge penale e processuale (violazione
dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), c.p.p.) nonché insuf-
f‌icienza e contraddittorietà della motivazione (violazione
dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.) su fatti decisivi per
il giudizio.

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