Corte di cassazione penale sez. V, 21 luglio 2014, n. 32023 (ud. 19 febbraio 2014)

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Arch. giur. circ. e sin. strad. 5/2015
LEGITTIMITÀ
corte di cassazione penale
sez. V, 21 luGlio 2014, n. 32023
(ud. 19 febbraio 2014)
pres. dubolino – est. Guardiano – p.m. fodaroni (diff.) – ric. o. z.
Abuso d`uff‌icio y Estremi y Violazione di norme di
relazione che presuppongono poteri coercitivi del
pubblico uff‌iciale y Reato y Sussistenza y Fattispe-
cie in cui il comandante della Polizia Municipale,
facendo riferimento alla propria qualità e ai propri
poteri, aveva, in borghese e senza fare uso della
autovettura di servizio, posizionato la propria mac-
china in modo da non consentire ad altri di accede-
re alla loro abitazione.
. Integra il reato di abuso di uff‌icio la condotta del
pubblico uff‌iciale che, dichiarando pretestuosamente
di esercitare i poteri propri del suo uff‌icio, si avvale di
essi per sopraffare chi ostacola i suoi scopi personali,
non essendo necessario che il comportamento abusivo
sia posto in essere nel corso di un regolare svolgimento
delle funzioni o del servizio, né che il danno arrecato
sia di natura esclusivamente patrimoniale. (Fattispecie
in cui l’imputato, comandante della Polizia Municipale,
facendo riferimento alla propria qualità e ai propri
poteri, aveva, in borghese e senza fare uso della auto-
vettura di servizio, posizionato la propria macchina in
modo da non consentire ad altri di accedere alla loro
abitazione). (c.p., art. 323) (1)
(1) Analogamente si è espressa Cass. pen., sez. V, 19 marzo 1999, n.
3684, in Riv. pen. 1999, 1007.
sVolGimento del processo e motiVi della decisione
1. Con sentenza pronunciata il 20 febbraio 2012 la Cor-
te di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza
con cui il Tribunale di (omissis), in data 5 aprile 2011,
aveva condannato O. Z. P., nella sua qualità di responsabile
del servizio di polizia municipale del Comune di (omissis),
alle pene, principali ed accessorie, ritenute di giustizia in
relazione ai reati di cui agli artt. 81, 414 e 323 c.p. (capo n.
3); artt. 81 e 323, c.p. (capo n. 8); artt. 81 e 476 c.p. (capo
n. 9); artt. 81, 323 e 610 c.p., D.L.vo n. 285 del 1992, art.
186, (capo n. 10), oltre al risarcimento dei danni in favore
delle costituite parti civili, L. G. e Comune di (omissis),
dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’O. in
ordine al delitto di peculato d’uso di cui al capo n. 3), per-
chè estinto per prescrizione rideterminava il trattamento
sanzionatorio in senso più favorevole al reo e confermava
nel resto l’impugnata sentenza, riducendo la durata della
pena accessoria della interdizione dai pubblici uff‌ici.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui
chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per
cassazione, a mezzo del suo difensore di f‌iducia, l’imputato,
lamentando violazione di legge in quanto la corte territo-
riale ha omesso di considerare: 1) che il delitto ex art. 323,
c.p., di cui al capo n. 10, non è conf‌igurabile, avendo l’im-
putato agito, in questo caso, non nella qualità di pubblico
uff‌iciale, ma al di fuori del servizio e dell’esercizio delle sue
funzioni; 2) che del pari non è conf‌igurabile il delitto di
cui al capo n. 8, per avere agito l’O., in questo caso, sulla
base delle disposizioni di legge che consentono alla polizia
giudiziaria di operare autonomamente prima dell’interven-
to del pubblico ministero nella direzione delle indagini,
senza, peraltro, che sia stato individuato quale sia stato il
vantaggio patrimoniale conseguito dal ricorrente ovvero il
danno ingiusto ad altri arrecato; 3) in relazione al delitto
di falso di cui al capo n. 9, la testimonianza dell’agente di
polizia municipale F. ha confermato l’orario in cui venne
elevata la contravvenzione, per cui la differenza tra la co-
pia del preavviso consegnata alla persona offesa e quella in
possesso degli agenti operanti si spiega in maniera diversa
dall’ipotesi accusatoria e non consente di ritenere integra-
to l’elemento soggettivo del reato.
3. Tanto premesso, in via preliminare va rilevata l’estin-
zione dei reati per i quali l’O. è stato condannato, maturata,
tenuto conto degli atti interruttivi intervenuti e delle cause
di sospensione dichiarate nel giudizio di merito, dopo la
pronuncia della sentenza di secondo grado; ciò in confor-
mità all’obbligo di dichiarazione immediata di una causa di
non punibilità, che determina l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata agli effetti penali (cfr. Cass., sez.
V, 30 settembre 2010, n. 43051, rv. 249338), in presenza di
un ricorso per cassazione che, per le questioni di diritto
proposte, non può ritenersi del tutto inammissibile.
4. Ciò comporta, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., comunque
la decisione sulla proposta impugnazione agli effetti civili,
non potendosi dare conferma alla condanna (anche solo
generica) al risarcimento del danno solo in ragione della
mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo
quanto previsto dall’art. 129, comma 2, c.p.p., (cfr. Cass.,
sez. V, 7 dicembre 2012, n. 5764, rv. 254965) e, sotto questo
prof‌ilo, il ricorso non può essere accolto.
4.1 Ed invero, con particolare riferimento alla censura
di cui al punto n. 1), va rilevato che dalla lettura integrata
delle sentenze di primo e di secondo grado, che costitui-
scono un prodotto unico, avendo seguito un percorso ar-
gomentativo uniforme, si evince che l’O. ha impedito, sia
pure momentaneamente, alla coppia B. - L. di accedere
alla propria abitazione, avendo posizionato la propria au-
tovettura in modo da non consentire a quella in cui viag-
giavano questi ultimi il transito per il passo carrabile che
conduceva alla suddetta abitazione, minacciando il Lauria
con l’espressione “ti pentirai” ed affermando “che lui era il
comandante dei vigili in missione, che faceva quello che
voleva e che l’indomani avrebbe tolto il divieto per il passo
carraio” (cfr. pp. 10-11 sentenza di primo grado).
Non è, pertanto, possibile affermare che in tal modo
l’imputato non abbia agito nello svolgimento delle funzioni
o del servizio di pubblico uff‌iciale, ponendo in essere, nel
contempo il delitto di cui all’art. 610 c.p., rispetto al quale,
peraltro, non risulta essere intervenuta costituzione di
parte civile.
L’art. 323 c.p., infatti, con il richiamo alla locuzione
“nello svolgimento della funzione o del servizio”, richiede
che il funzionario realizzi la condotta illecita agendo nella
sua veste di pubblico uff‌iciale o di incaricato di pubblico

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