Corte di cassazione penale sez. IV, 1 aprile 2014, n. 15018 (ud. 13 dicembre 2013)

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giur
4/2015 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
nel ritenere il Fabio responsabile del rif‌iuto contestatogli
pur avendo, l’agente di polizia giudiziaria ch’ebbe a ferma-
re l’imputato, dichiarato in dibattimento di non essere al
momento in possesso della strumentazione necessaria per
la misurazione del tasso alcolemico.
Sotto altro prof‌ilo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione,
avendo il tribunale di Patti totalmente omesso di dettare
alcuna motivazione circa l’invocata sostituzione della
pena inf‌litta all’imputato con la misura del lavoro di pub-
blica utilità espressamente richiesta.
motivi della decisione
2. - Preliminarmente, rileva il collegio la ritualità del-
l’odierna impugnazione proposta dal ricorrente, dovendo
ritenersi inappellabile la sentenza di primo grado che
ha condannato l’imputato alla sola pena dell’ammenda
(v. art. 593, comma 3, c.p.p.), pur in relazione un reato
astrattamente punito con la pena detentiva congiunta a
quella pecuniaria.
Ritiene, al riguardo, questo collegio (pur consapevole
del contrastante indirizzo fatto proprio, tra gli altri, da
Cass., sez. III, n. 12673/2006, Rv. 234594; Cass., sez. VI, n.
1644/2002, Rv. 223280) di dover ribadire l’orientamento
già sostenuto in altra precedente occasione (v. Cass.,
sez. IV, n. 18654/2013, Rv. 255936) secondo cui deve
considerarsi insuperabile l’inequivoco ed espresso tenore
del richiamato art. 593, comma 3, c.p.p., laddove esclude
l’appello avverso le sentenze di condanna per le quali è
stata applicata la sola pena dell’ammenda (e non già
delle sentenze di condanna per le quali è astrattamente
prevista la sola pena dell’ammenda): e tanto, non solo in
coerenza al dettato dell’art. 12 prel. c.c. (per cui “nell’ap-
plicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso
che quello fatto palese dal signif‌icato proprio delle parole
secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legi-
slatore”, alla luce dell’elementare canone interpretativo
secondo cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit), ma
anche in forza della decisiva considerazione secondo cui
la mancata impugnazione del pubblico ministero avverso
l’illegale determinazione della pena, rende irretrattabile
la valutazione giudiziaria in ordine alla gravità del reato,
compiuta attraverso la comminazione (sia pur erronea)
della sola pena dell’ammenda.
Varrà sul punto considerare - a voler porre un problema
di coerente compatibilità con il sistema che ordinariamen-
te prevede il duplice grado di giurisdizione - come l’inter-
pretazione qui accreditata impedisce di ipotizzare alcun
contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, atteso che
il diritto all’appello non è stato costituzionalizzato, sicchè
esso non può ritenersi imposto dall’art. 24 Cost., nè la limi-
tazione dell’appello qui confermata conf‌ligge con il princi-
pio di ragionevolezza desunto dall’art. 3 Cost., in quanto il
legislatore può ragionevolmente escludere l’appello per il
caso in cui il giudice abbia condannato il contravventore
alla sola pena dell’ammenda e conservarlo per il caso in
cui il giudice abbia irrogato la pena dell’arresto, atteso che
la diversità del trattamento ben può ritenersi giustif‌icata
dalla diversa valutazione giudiziaria della gravità del reato
(cfr. in termini, Cass., sez. III, n. 8340/2000, Rv. 218194).
3. - Nel merito, dev’essere disatteso il primo motivo di
ricorso avanzato dall’imputato, dovendo ritenersi del tutto
irrilevante la circostanza della contingente indisponibilità,
da parte degli agenti ch’ebbero a fermare l’imputato, della
strumentazione necessaria per la misurazione del tasso
alcolemico, nulla impedendo il successivo reperimento
di tale strumentazione a seguito dell’eventuale manife-
stazione, da parte del fermato, della propria disponibilità
a sottoporsi agli accertamenti richiesti; accertamenti che
sarebbero stati eventualmente eseguiti in loco senza ne-
cessità di alcun accompagnamento coattivo dell’indagato
in altra sede.
Deve ritenersi viceversa fondata la doglianza avan-
zata dall’imputato con riguardo all’omessa motivazione
in ordine al diniego della sostituzione della pena inf‌litta
con la misura della lavoro di pubblica utilità richiesta
dall’imputato, avendo il tribunale di Patti del tutto immo-
tivatamente disatteso la corrispondente richiesta espres-
samente avanzata dall’imputato, così come attestato nella
medesima epigrafe della sentenza impugnata.
Sulla base delle premesse sin qui richiamate, dev’es-
sere disposto l’annullamento della sentenza impugnata
limitatamente al diniego della misura del lavoro di pub-
blica utilità, con il conseguente rinvio al tribunale di Patti
per nuovo esame sul punto. (Omissis)
corte di cassazione penale
sez. iv, 1 aprile 2014, n. 15018
(ud. 13 dicembre 2013)
pres. zecca – est. dovere – p.m. cedrangolo (parz. diff.) – ric.
cereghino
Guida in stato di ebbrezza y Sostituzione della
pena inf‌litta con il lavoro di pubblica utilità y Ap-
plicabilità y Valutazione discrezionale del giudice y
Conf‌igurabilità y Sussistenza.
. La sostituzione della pena detentiva e pecuniaria
con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186,
comma 9- bis, cod. strada, è rimessa alla valutazione di-
screzionale del giudice, da compiersi secondo i criteri
dettati dall’art. 133 c. p. (nuovo c.s., art. 186; c.p., art.
133) (1)
(1) Nello stesso senso si vedano Cass. pen., sez. IV, 1 ottobre 2012,
n. 37997, in questa Rivista 2013, 851 e Cass. pen., sez. III, 23 feb-
braio 2011, n. 6876, in Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna. Per utili
ragguagli in argomento si vedano: Cass. pen., sez. IV, 6 marzo 2014,
n. 10939, in questa Rivista 2014, 827; Cass. pen., sez. IV, 6 dicembre
2012, n. 47276, ivi 2013, 521 e Cass. pen., sez. IV, 20 settembre 2012,
n. 36291, ivi 2013, 280.
svolgimento del processo
1. Ricorre per cassazione Cereghino Roberto avverso la
sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di Ap-
pello di Genova ha parzialmente riformato quella in data

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