Corte di cassazione penale sez. II, 16 aprile 2015, n. 15801 (c.c. 25 marzo 2015)

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giur
LEGITTIMITÀ
lo, salvo, logicamente, che sia stato lo stesso Procuratore
generale a chiedere l’applicazione della misura.
Sostiene il ricorrente che le Sezioni Unite si sono “rese
conto delle conseguenze pratiche, di diff‌icile risoluzione,
della loro interpretazione” suggerendo come “rimedio” la
richiesta del Procuratore generale al Procuratore della Re-
pubblica di proporre ricorso per cassazione: ma ciò sarebbe
“impraticabile” perchè il Procuratore della Repubblica con la
sentenza di primo grado ha perso ogni competenza e cono-
scenza del processo e ignora l’aspetto cautelare in sede di ap-
pello, e inoltre potrebbe non concordare con il P.G., dovrebbe
chiedere gli atti alla corte territoriale e dovrebbe redigere il
ricorso in soli 10 giorni. Ritiene pertanto il ricorrente di pro-
porre una interpretazione conforme a Cass. sez. I, 19 marzo
2009 n. 20789, che ha riconosciuto la legittimazione del P.G.
Si tratta, peraltro, proprio del precedente che viene am-
piamente confutato − con argomenti del tutto condivisibili,
da intendersi qui integralmente richiamati − dalle Sezioni
Unite nel recente arresto appena citato, dal quale appunto
non vi è alcun motivo per discostarsi. Ne è consapevole
lo stesso ricorrente, chiedendo di sollevare questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 311 c.p.p. nella parte
in cui non legittima il Procuratore generale a ricorrere per
cassazione contro i provvedimenti del Tribunale della liber-
tà sugli appelli avverso l’ordinanza della corte territoriale in
materia di libertà personale, per contrasto con l’articolo 3
Cost. per irragionevolezza − perchè legittimato a impugna-
re “sarebbe un magistrato del P.M. diverso da quello dell’Uf-
f‌icio presso il giudice dinanzi al quale pende il processo di
cognizione” − e con l’articolo 112 Cost. − “ in relazione agli
ostacoli frapposti all’esercizio dell’azione penale, in con-
siderazione delle diff‌icoltà per la proposizione del ricorso
che tale interpretazione comporta (sembrando attenere al-
l’esercizio doveroso dell’azione penale anche la coltivazione
delle impugnazioni da parte della Pubblica Accusa)” −.
Invero, l’interpretazione che le Sezioni Unite hanno
operato nell’arresto di cui sopra non appare affatto con-
trastante con i due suddetti articoli della Costituzione,
poiché l’articolo 311 c.p.p., sul cui tenore letterale le
Sezioni Unite hanno fondato il difetto di legittimazione
del Procuratore generale, consente comunque anche al
Procuratore generale di ricorrere per cassazione, nel caso
in cui sia stato lui a richiedere l’applicazione della misura.
Qualora la misura sia stata chiesta da altro uff‌icio, è del
tutto logico che sia questo ad essere dotato della legitti-
mazione contro le ordinanze di cui agli articoli 309 e 310
c.p.p. Non sussiste, pertanto, alcuna irragionevolezza, né
alcuna preclusione alla coltivazione delle impugnazioni.
Gli eventuali problemi pratici che il ricorrente prospetta
sono superabili − come del resto lasciano intendere le
Sezioni Unite − con un adeguato coordinamento tra gli
uff‌ici in ordine alla prosecuzione dall’uno all’altro grado
dei singoli processi in cui sono state applicate all’imputato
misure cautelari personali.
Rilevata, allora, la manifesta infondatezza della ecce-
zione di illegittimità costituzionale, il ricorso risulta inam-
missibile per difetto di legittimazione del ricorrente Procu-
ratore generale, ai sensi dell’articolo 311 c.p.p. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. ii, 16 apriLe 2015, n. 15801
(c.c. 25 marzo 2015)
pres. petti – est. rago – p.m. spinaci (conf.) – ric. beLLante
Prova penale y Sequestri y Decreto di sequestro
probatorio y Corpo del reato y Motivazione y Pre-
supposti.
. Il decreto di sequestro probatorio del corpo di reato
deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea mo-
tivazione in ordine alla sussistenza della relazione di
immediatezza tra le cose oggetto del provvedimento ed
il reato per il quale si procede, ma non anche in ordine
alla necessità del provvedimento medesimo in funzione
dell’accertamento dei fatti, poiché l’esigenza proba-
toria del corpo di reato è “in re ipsa”. (Mass. Redaz.)
(c.p.p., art. 125; c.p.p., art. 253) (1)
(1) La questione oggetto della pronuncia in commento è stata ogget-
to di diversi sviluppi interpretativi. In effetti, in ordine alla necessità
della motivazione relativamente al sequestro probatorio, si è espres-
sa Cass. pen., sez. un., 13 febbraio 2004, n. 5876, in Ius&Lex dvd n.
2/2015, ed. La Tribuna, seguita da diverse sentenze tra le quali la
recente Cass. pen., sez. III, 13 maggio 2014, n. 19615, ibidem. Tutta-
via ulteriore orientamento giurisprudenziale, pur condividendo gli
argomenti delle SS.UU., sottolinea come la motivazione debba sus-
sistere in ordine alla relazione di immediatezza che esiste tra la “res”
sequestrata ed il reato oggetto di indagine e non anche in ordine alla
necessità di esso in funzione dell’accertamento dei fatti. In questo
senso, si vedano: Cass. pen., sez. II, 23 luglio 2013, n. 31950, in Riv.
pen. 2014, 818, con nota di S.B., Considerazioni in merito a Cass.
pen. 23 luglio 2013, n. 31950; Cass. pen., sez. II, 24 ottobre 2013, n.
43444, in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna e Cass. pen., sez. IV,
3 marzo 2010, n. 8662, in questa Rivista 2011, 369.
svoLgimento deL processo
1. Con ordinanza del 12 novembre 2014, il Tribunale
del riesame di Roma confermava il decreto di sequestro
probatorio di merce contraffatta emesso dal Pubblico Mi-
nistero presso il medesimo Tribunale a carico di Bellante
Daniele indagato per i reati di cui agli artt. 474 648 c.p.
2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo
del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione
deducendo:
2.1. Violazione dell’art. 125 n° 3) c.p.p. per avere il
Tribunale ritenuto corretto il decreto per la sola ragione
che fosse stato sequestrato l’asserito “corpo del reato”
nonostante il suddetto decreto non fosse stato motivato in
ordine alle esigenze probatorie;
2.2. Violazione degli arti. 474-648 c.p.: il ricorrente so-
stiene che non vi sia la prova in ordine all’avvenuta regi-
strazione dei titoli di privativa asseritamente contraffatti.
Infatti, le asserzioni rese dai militari della Guardia di
Finanza dovevano ritenersi del tutto generiche e prive di
alcun valore probatorio. Anche il reato di cui all’art. 648
c.p. era da ritenersi insussistente.
Arch. nuova proc. pen. 4/2015

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