Corte di cassazione penale sez. II, 4 maggio 2015, n. 18265 (ud. 16 gennaio 2015)

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Legittimità
corte di cassazione penaLe
sez. ii, 4 maggio 2015, n. 18265
(ud. 16 gennaio 2015)
pres. ianneLLi – est. diotaLLevi – p.m. stabiLe (diff.) – ric. capardoni
Sospensione del procedimento penale con mes-
sa alla prova y Ambito applicativo y Art. 4, L. 28
aprile 2014, n. 67 y Procedimenti pendenti in fase
di impugnazione alla data di entrata in vigore della
legge y Applicabilità y Esclusione.
. L’istituto della sospensione del procedimento penale
con messa alla prova dell’imputato, previsto dagli artt.
464 bis e segg. c.p.p., quali introdotti dall’art. 4, comma
1, lett. a), della legge 28 aprile 2014 n. 67, non può
trovare applicazione nei procedimenti che, alla data di
entrata in vigore di detta legge, fossero già pendenti in
fase di impugnazione. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 168 bis;
c.p.p., art. 464 bis; c.p.p., art. 464 ter; c.p.p., art. 464
quater; l. 28 aprile 2014, n. 67, art. 4) (1)
(1) In senso conforme si vedano: Cass. pen., sez. fer. 13 agosto 2014,
n. 35717, in questa Rivista 2014, 590; Cass. pen., sez. fer., 10 otto-
bre 2014, n. 42318, in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna; Cass.
pen., sez. VI, 18 novembre 2014, n. 47587, ibidem. Si veda inoltre in
argomento, la statuizione di Cass. pen., sez. un., 28 ottobre 2014, n.
44895, ibidem, secondo cui alle norme processuali si deve applicare
il principio “tempus regit actum”, che deve considerare la variegata
tipologia degli atti processuali esistenti e che implica che l’atto vada
considerato nel suo rapporto di autonomia rispetto agli altri atti
dello stesso processo e alla situazione sulla quale questi incidono,
pur dovendosi def‌inire di volta in volta, se le norme di cui si discute
appartengono o meno sostanzialmente alla sfera del diritto penale
materiale. Come spiegato in parte motiva, nel caso di specie, siamo al
di fuori dell’operatività del principio di retroattività della lex mitior
in riferimento ad un “rapporto esaurito”, con riferimento specif‌ico
all’istituto della messa alla prova, def‌inito tale nel momento in cui
avviene il passaggio del procedimento alla fase successiva (dibatti-
mentale). In dottrina si veda G. PAVICH, Il punto sulla messa alla
prova: problemi attuali e prospettive, in Riv. pen. 2015, 505.
svoLgimento deL processo
L’imputato Capardoni Fabrizio ricorre avverso la sen-
tenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 16 set-
tembre 2014 con la quale veniva confermata la sentenza
del G.i.p. del Tribunale di Milano del 13 aprile 2012 di
condanna per i reati a lui ascritti di truffa, appropriazione
indebita e altro:
Chiedendo l’annullamento del provvedimento impugna-
to, ai sensi dell’art. 606 lett. b) e lett. e), c.p.p. deduce:
a) L’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale in relazione agli artt. 168 bis, ter e quater c.p. e art.
464 bis e ss. c.p.p. e art. 657 c.p.p. posto che il Giudice di
merito avrebbe dovuto accogliere l’istanza di messa alla
prova.
In particolare il ricorrente deduce che la Corte d’appel-
lo ha erroneamente ritenuto inammissibile la richiesta di
applicazione dell’istituto della messa alla prova in grado
d’appello, in assenza di una norma transitoria, che con-
sentisse l’applicazione del nuovo istituto introdotto con la
legge n. 67/2014 appunto ai processi che abbiano superati
i rigorosi sbarramenti previsti dall’art. 464 bis c.p.p.
In realtà gli effetti sostanziali dell’istituto, e la conse-
guente applicazione dell’art. 2, comma 4 c.p. consentireb-
bero una applicazione retroattiva della normativa in que-
stione, con riferimento anche alla giurisprudenza della
CEDU e in particolare del principio della lex mitior, così
come applicato nella sentenza della Corte di Strasburgo
Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009. Un inter-
pretazione diversa, quale quella fatta propria dalla Corte
d’appello, anche in relazione a una pronuncia della Corte
di cassazione, determinerebbe una situazione di disparità
di trattamento rispetto a fatti pregressi per procedimenti
pendenti, con violazione dell’art. 3 Cost.
b) Entità della pena. Violazione dei criteri di computo
della medesima.
Il ricorrente lamenta l’eccessività della pena inf‌littagli,
in relazione al suo comportamento processuale e ai fatti
commessi, in violazione dei criteri di dosimetri della me-
desima, con una determinazione della stessa non specif‌ica
nei vari passaggi e riferimenti ai reati contestati.
motivi deLLa decisione
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Con riferimento al primo motivo di ricorso osserva il
Collegio che con l’entrata in vigore della legge 28 aprile
2014 n. 67 è divenuta effettiva l’applicabilità e l’operatività
delle disposizioni che disciplinano il nuovo istituto della
messa alla prova.
Con questo istituto il legislatore ha introdotto la so-
spensione del procedimento con messa alla prova degli
imputati adulti (c.d. “probation”) anche nel processo e per
i reati commessi da imputati maggiorenni, individuando,
come si legge nella relazione una probation giudiziale
nella fase istruttoria, assimilabile al modello adottato nel
procedimento minorile (art. 28 del D.P.R. n. 448 del 1988
e art. 27 delle relative norme di attuazione, approvate
con D.L.vo n. 272 del 1989), nel quale la messa alla prova
precede la pronuncia di una sentenza di condanna”, evi-
denziando le differenze che l’istituto ha rispetto a quelli
esistenti nel nostro ordinamento, come quella che è ge-
Arch. nuova proc. pen. 4/2015

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