Corte di cassazione penale sez. un., 2 febbraio 2015, n. 4909 (ud. 18 dicembre 2014)

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giur
3/2015 Arch. nuova proc. pen.
CONTRASTI
tale soluzione era soltanto una di quelle “astrattamente
ipotizzagli in caso di accoglimento della questione: infatti
sarebbe anche possibile prevedere una pena accessoria
predeterminata ma non in misura f‌issa (ad esempio da
cinque a dieci anni) o una diversa articolazione delle pene
accessorie in rapporto all’entità della pena detentiva”.
Vi era, quindi, l’implicito riconoscimento che la soluzione
indicata dai giudici rimettenti (una delle possibili), è cioè
con l’aggiunta alla disposizione normativa delle parole “f‌ino
a”, avrebbe reso possibile l’applicazione dell’art. 37 c.p..
Anche in tutte le ipotesi previste dall’art. 37 c.p. (se-
condo l’interpretazione in precedenza prospettata) deve,
pertanto, ritenersi consentito l’intervento in executivis:
pur non essendo la durata della pena accessoria prede-
terminata per legge, è possibile, infatti, determinarla con
certezza ed automaticamente (senza alcuna valutazione
discrezionale del giudice della esecuzione), sulla base
della durata della pena principale inf‌litta dal giudice della
cognizione, tenendo conto dei limiti invalicabili previsti
per ciascuna specie.
7. Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto:
“L’applicazione di una pena accessoria extra o contra
legem da parte del giudice della cognizione può essere ri-
levata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza,
dal giudice dell’esecuzione, purchè essa sia determinata
per legge (o determinabile, senza alcuna discrezionalità)
nella specie e nella durata, e non derivi da un errore valu-
tativo del giudice della cognizione”.
8. Alla stregua del principio di diritto in precedenza
enunciato, il ricorso risulta infondato e va, pertanto, ri-
gettato.
8.1. Il G.u.p., nell’individuare, peraltro erroneamente
(cfr. sez. un., n. 25939 del 28 febbraio 2013, Ciabotti), il
reato più grave in quello di cui all’art. 609 bis c.p. (punito
con la pena della reclusione da cinque a dieci anni, mentre
l’art. 317 c.p., all’epoca dei fatti, era sanzionato con la pena
della reclusione da quattro a dodici anni, e quindi con una
pena detentiva maggiore nel massimo), non ha comunque
tenuto conto di quanto disposto dall’art. 77 c.p..
Tale articolo (rubricato “Determinazione delle pene ac-
cessorie”) prevede al comma 1: “Per determinare le pene
accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, si ha
riguardo ai singoli reati per i quali è pronunciata la con-
danna, e alle pene principali che, se non vi fosse concorso
di reati, si dovrebbero inf‌liggere per ciascuno di essi”.
Avrebbe dovuto, quindi, il G.u.p. indicare la pena che,
se non vi fosse stato il concorso, sarebbe stata inf‌litta in
concreto per il reato di cui all’art. 317 c.p..
8.2. In mancanza di siffatta indicazione, la pena acces-
soria (non predeterminata nella durata) non è neppure
determinabile, non potendosi far riferimento, ai sensi
dell’art. 37 c.p., alla durata della pena principale.
In relazione al reato di cui all’art. 317 c.p., per il qua-
le il Basile è stato condannato, la pena accessoria della
interdizione dai pubblici uff‌ici è, infatti, ai sensi dell’art.
317 bis c.p., perpetua, nondimeno, se per circostanze atte-
nuanti viene inf‌litta la reclusione per un tempo inferiore a
tre anni, la condanna importa l’interdizione temporanea.
Nè, in contrasto con quanto espressamente previsto
dall’art. 77 c.p., può farsi riferimento, come assume il ri-
corrente, all’aumento applicato ex art. 81 c.p..
8.3. Correttamente pertanto il G.i.p. ha rigettato la ri-
chiesta di rideterminazione della pena accessoria della
interdizione perpetua dai pubblici uff‌ici in quella della
interdizione temporanea, in quanto essa presupponeva un
intervento, di carattere discrezionale (per la determinazio-
ne della durata), del Giudice dell’esecuzione. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. un., 2 Febbraio 2015, n. 4909
(ud. 18 dicembre 2014)
pres. santacroce – est. romis – p.m. destro (diFF.) – ric. torchio
Giudizio penale di primo grado y Dibattimento y
Rinvio e sospensione y Impedimento del difensore y
Concomitante impegno professionale in altro pro-
cedimento y Conseguenze y Sospensione del termine
di prescrizione del reato y Fino ad un massimo di 60
gg. dalla cessazione dell’impedimento.
. Il concomitante impegno professionale del difensore
in altro procedimento può costituire legittimo impe-
dimento ai sensi dell’art. 420 ter, comma 5 c.p.c. con
conseguente sospensione del termine di prescrizione
del reato f‌ino ad un massimo di sessanta giorni dalla
sua cessazione. (c.p., art. 159; c.p.p., art. 420 ter; l. 5
dicembre 2005, n. 251, art. 6) (1)
(1) Con la sentenza in epigrafe le SS.UU. hanno risolto l’annoso con-
trasto sorto tra le sezioni semplici in ordine alla questione se, ai f‌ini
della sospensione del corso della prescrizione del reato, il contem-
poraneo impegno professionale del difensore in altro procedimento
possa integrare un caso di “impedimento” con conseguente congela-
mento del termine prescrizionale f‌ino ad un massimo di 60 gg. dalla
sua cessazione.Nello stesso senso della pronuncia in commento si
sono recentemente espresse Cass. pen., sez. IV, 6 marzo 2014, n.
10926, in Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna e Cass. pen., sez. III,
5 settembre 2014, n. 37171, ibidem, secondo le quali l’impedimento
del difensore per contemporaneo impegno professionale, costituisce
un’impossibilità assoluta di partecipare all’attività difensiva e quindi
l’udienza non può essere rinviata oltre il sessantesimo giorno ed,
anche in tal caso, la durata della sospensione della prescrizione non
può avere una durata maggiore, dovendosi applicare la disposizione
di cui all’art. 159, comma 1, n. 3 c.p. Contra, differente orientamento
giurisprudenziale sostiene che il “concomitante impegno profes-
sionale”, pur dando luogo ad una legittima richiesta di rinvio del
difensore, non costituirebbe un’ipotesi di impossibilità assoluta, non
essendo assimilabile ad un vero e proprio “impedimento” e quindi
non farebbe scattare i limiti di durata della sospensione della pre-
scrizione. Su tutte, in tal senso si vedano Cass. pen., sez. II, 5 maggio
2011, n. 17344, in questa Rivista 2012, 573 e Cass. pen., sez. I, 1 di-
cembre 2008, n. 44609, in Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna.
svoLgimento deL processo
1. Il Tribunale di Asti condannava Giacinto Torchio -
in ordine al delitto di diffamazione in danno di Francesco
Goria e Renato Goria, con l’aggravante di aver commesso
il fatto con il mezzo della pubblicità - alla pena di Euro

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