Corte di cassazione penale sez. un, 12 febbraio 2015, n. 6240 (c.c. 27 novembre 2014)

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Arch. nuova proc. pen. 3/2015
Contrasti
corte di cassazione penaLe
sez. un, 12 Febbraio 2015, n. 6240
(c.c. 27 novembre 2014)
pres. santacroce – est. amoresano – p.m. romano (conF.) – ric. basiLe
Pena y Pene accessorie y Applicazione di pene ac-
cessorie extra o contra legem y Da parte del giudice
della cognizione y Rilevabilità y Da parte del giudice
dell’esecuzione y Ammissibilità y Condizioni.
. L’applicazione di una pena accessoria extra o contra
legem da parte del giudice della cognizione può es-
sere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della
sentenza, dal giudice dell’esecuzione, purchè essa sia
determinata per legge (o determinabile, senza alcuna
discrezionalità) nella specie e nella durata, e non deri-
vi da un errore valutativo del giudice della cognizione.
(Mass. Redaz.) (c.p., art. 28; c.p., art. 29; c.p.p., art.
666; c.p.p., art. 676) (1)
(1) Con questa pronuncia le Sezioni Unite risolvono il contrasto giu-
risprudenziale sorto sul tema. Esse infatti riconoscono la possibilità
di intervenire in executivis per l’emenda di una pena accessoria
illegale condividendo l’indirizzo interpretativo maggioritario che si
è espresso in tal senso. Si tenga infatti presente il principio f‌issato
recentemente da Cass. pen., sez. un. 14 ottobre 2014, n. 42858, in
Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna, che legittima, a fronte del-
l’intangibilità del giudicato, l’intervento in executivis ogni qual volta
vi sia la necessità di tutelare i diritti primari della persona. Nello
stesso senso della pronuncia in commento si vedano inoltre Cass.
pen., sez. I, 29 ottobre 2010, n. 38245, in questa Rivista 2012, 111 e
Cass. pen., sez, I, 9 marzo 2005, n. 9456, ivi 2006, 339, che sottolinea
come il principio di legalità della pena sia applicabile anche con
riferimento alle pene accessorie. In senso difforme si pronunciano
Cass. pen., sez. I, 5 settembre 2011, n. 33086, ivi 2013, 99 che nega
totalmente tale possibilità di intervento in sede esecutiva e Cass.
pen., sez. I, 4 aprile 2007, n. 14007, ivi 2008, 93, che non ammette
tale rimedio in quanto la modif‌ica di una pena accessoria comporta
in ogni caso una modif‌ica sostanziale della sentenza, che può es-
sere rilevata come tale solo nel giudizio di cognizione col rimedio
dell’impugnazione.
svoLgimento deL processo
1. Con ordinanza in data 17 settembre 2013, il Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, in fun-
zione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza propo-
sta da Antonio Basile, diretta ad ottenere la ridetermina-
zione della pena accessoria della interdizione perpetua dai
pubblici uff‌ici, applicatagli con la sentenza del 21 febbraio
2007 del Giudice della udienza preliminare del Tribunale
di Roma, irrevocabile il 26 ottobre 2011, in quella della
interdizione temporanea.
Nel motivare il provvedimento ha rilevato il G.i.p. che:
- l’istante era stato condannato, all’esito di giudizio ab-
breviato, per i delitti di cui agli artt. 609 bis, 317 e 527
c.p., alla pena complessiva di anni tre di reclusione così
determinata: pena-base per il reato più grave, individuato
nel delitto di cui all’art. 609- bis c.p., anni sei di reclusio-
ne, ridotti ad anni quattro e mesi cinque per le conces-
se circostanze attenuanti generiche, aumentati ad anni
quattro e mesi sei a titolo di continuazione per i rimanenti
reati, senza ripartizione della pena tra gli stessi, e ridotti,
inf‌ine, alla indicata pena f‌inale per l’applicazione della
diminuente per la scelta del rito, con la pena accessoria
della interdizione perpetua dai pubblici uff‌ici;
- ai f‌ini dell’applicazione della detta pena accessoria
si doveva tener conto della pena principale irrogata in
concreto, come risultante a seguito della diminuzione
effettuata per la scelta del rito;
- la condanna per il reato di cui all’art. 317 c.p. compor-
tava, ai sensi dell’art. 317 bis c.p., l’interdizione perpetua
dai pubblici uff‌ici; mentre conseguiva quella temporanea
se per circostanze attenuanti veniva inf‌litta la reclusione
per un tempo inferiore a tre anni;
- la durata della pena accessoria temporanea, non espres-
samente determinata dalla legge per il reato di riferimento,
aveva una durata uguale a quella della pena principale in-
f‌litta, alla stregua della previsione dell’art. 37 c.p.;
- nella specie, mentre per il reato di cui all’art. 609 bis c.p.,
individuato come reato più grave, la cui pena, ridotta per la
diminuente del rito, era inferiore a tre anni di reclusione,
non era prevista l’applicazione della pena accessoria della
interdizione dai pubblici uff‌ici per cinque anni (artt. 28 e
29 c.p.), l’omessa determinazione, a opera del giudice della
cognizione, della pena principale da irrogarsi per il reato di
cui all’art. 317 c.p. non consentiva di stabilire “in astratto” la
durata perpetua o temporanea della pena accessoria, nè di
parametrare la seconda alla pena principale;
- l’intervento sulla pena accessoria in sede esecutiva,
ammesso da parte della giurisprudenza di legittimità, ri-
chiedeva, anche ove condiviso, la predeterminazione per
legge della stessa nella specie e nella durata, dovendosi
vagliare nel solo giudizio di cognizione l’applicazione o
determinazione delle pene accessorie implicanti una spe-
cif‌ica statuizione;
- la richiesta, che sottendeva, quanto alla verif‌ica della
legittimità della pena accessoria applicata, un giudizio di
merito, del tutto omesso nella sentenza divenuta irrevoca-
bile, quanto alla determinazione della pena per il delitto
di cui all’art. 317 c.p., non poteva, pertanto, trovare rispo-
sta in sede esecutiva.

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