Corte di cassazione penale sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 4830 (ud. 21 ottobre 2014)

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giur
4/2015 Arch. loc. e cond.
LEGITTIMITÀ
Corte di CassaZione penale
seZ. vi, 2 febbraio 2015, n. 4830
(ud. 21 ottobre 2014)
pres. Conti – est. di stefano – p.m. sCardaCCione (diff.) – riC. p.m. in
proC. CapkeviCa
Evasione y Arresti domiciliari y Divieto di allonta-
namento dalla propria abitazione y Nozione di abi-
tazione y Spazi condominiali y Conf‌igurabilità del
reato y Ragioni.
. In tema di evasione dagli arresti domiciliari, agli
effetti dell’art. 385 cod. pen. deve intendersi per abi-
tazione il luogo in cui la persona conduce la propria
vita domestica e privata con esclusione di ogni altra ap-
partenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini,
cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza
dell’abitazione e non ne costituisca parte integrante, al
f‌ine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità
dell’imputato, che devono avere il carattere della pron-
tezza e della non aleatorietà. (In motivazione, la S.C. ha
precisato che il f‌ine primario e sostanziale della misura
coercitiva degli arresti domiciliari è quello di impedire
i contatti con l’esterno ed il libero movimento della
persona, quale mezzo di tutela delle esigenze cautelari,
che può essere vanif‌icato anche dal trattenersi negli
spazi condominiali comuni). (c.p., art. 385) (1)
(1) Nel senso che il concetto di abitazione, ai f‌ini degli arresti do-
miciliari, ricomprende le aree private di uso esclusivo e non anche,
nel caso di edif‌ici condominiali, le parti comuni, v. Cass. pen., sez.
VI, 21 gennaio 2008, n. 3212, in Riv. pen. 2008, 758. Di segno con-
trario, sul presupposto che il rispetto della misura cautelare vada
considerato solo sotto il prof‌ilo formale di non impedire i controlli di
polizia e non, come ritenuto piuttosto dalla sentenza in rassegna, di
non impedire i contatti con l’esterno, Cass. pen., sez. III, 30 gennaio
2014, n. 4369, in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna.
svolgimento del proCesso e motivi della deCisione
Il Tribunale monocratico di Ravenna con sentenza del
24 ottobre 2012 in sede di giudizio abbreviato assolveva
Capkevica Ksenija dal reato di evasione dagli arresti do-
miciliari. A fronte della condotta accertata - la donna, in
stato di ubriachezza, secondo la sorella era entrata e usci-
ta dall’appartamento più volte uscendo anche all’esterno
dell’edif‌icio ed al momento del controllo era seduta sulle
scale condominiali semi nuda - il giudice procedente rite-
neva che la condotta non conf‌igurasse il reato contestato
per esclusione dalla materialità del reato non apprezzan-
dosi una effettiva e concreta violazione del bene giuridico
tutelato. La donna, difatti, aveva tenuto un comportamen-
to inoffensivo non sottraendosi alla sfera di vigilanza della
polizia giudiziaria e lo stesso abbigliamento dimostrava
che non aveva alcuna intenzione di allontanarsi.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il procuratore
della Repubblica di Ravenna deducendo la violazione di leg-
ge in quanto le condizioni dell’allontanamento, anche solo
con la permanenza nello spazio condominiale, fanno rite-
nere integrato il fatto oggettivo, escluso dal giudice. Rileva,
poi, che erroneamente il giudice ha ritenuto necessario
implicitamente il dolo specif‌ico di evasione laddove è suff‌i-
ciente il dolo generico dell’allontanamento dal domicilio.
Il ricorso è fondato.
A fronte della ricostruzione dei fatti nel senso anzi-
detto sono erronei i presupposti in diritto sulla cui base il
giudice non riteneva conf‌igurabile il reato di evasione.
Va innanzitutto considerato che, secondo la giurispru-
denza di legittimità di questa Corte, il reato di evasione
richiede il dolo generico e non specif‌ico: “Nel reato di eva-
sione dagli arresti domiciliari il dolo è generico e consiste
nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo
di esecuzione della misura senza la prescritta autorizza-
zione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la
condotta dell’agente. (Fattispecie in cui l’imputato si era
allontanato dall’abitazione per dissapori con altri familiari
conviventi, avvertendo le forze dell’ordine della sua inten-
zione)”. (sez. VI, n. 10425 del 6 marzo 2012 - dep. 16 marzo
2012, Ghouila, Rv. 252288)
Poi va considerato che il concetto di abitazione, ai f‌ini
degli arresti domiciliari, ricomprende le aree private di uso
esclusivo e non anche, nel caso di edif‌ici condominiali, le
parti comuni: “In tema di evasione dagli arresti domiciliari,
agli effetti dell’art. 385 c.p. deve intendersi per abitazione
il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica
e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree
condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili)
che non sia di stretta pertinenza dell’abitazione e non ne
costituisca parte integrante, al f‌ine di agevolare i controlli
di polizia sulla reperibilità dell’imputato, che devono avere
il carattere della prontezza e della non aleatorietà. (Fatti-
specie in cui l’imputato, all’atto del controllo, si trovava
in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e
proveniva da un altro appartamento)”. (sez. VI, n. 3212
del 18 dicembre 2007 - dep. 21 gennaio 2008, P.M. in proc.
Perrone, Rv. 238413).
Tale regola va confermata anche a fronte di una recen-
te decisione apparentemente di segno contrario (sez. III,
sentenza n. 4369 del 12 dicembre 2013 cc. (dep. 30 gennaio
2014 ) Rv. 258838) che amplia l’ambito dell’abitazione sino
a ricomprendervi gli spazi chiusi condominiali ritenendo
(in un caso in cui la permanenza dell’arrestato negli spazi
condominiali era dovuta ad una lite tra condomini) che
il rispetto della misura cautelare vada considerato solo
sotto il prof‌ilo formale di non impedire i controlli di poli-
zia (che non sarebbero preclusi dal trattenersi nei pressi
della abitazione ed entro il perimetro degli spazi chiusi
condominiali).
Va, invece, rammentato che f‌ine primario e sostanziale
della misura “coercitiva” degli arresti domiciliari è quello
di impedire i contatti con l’esterno ed il libero movimen-
to della persona quale mezzo di tutela delle esigenze
cautelari. Quindi anche uscire dall’abitazione e trattener-
si in spazi comuni rappresenta una signif‌icativa violazione
della misura, tale da poter consentire anche la realizzazio-
ne di quelle situazioni che la misura intende evitare.
La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio
per il giudizio di appello alla Corte competente. (Omissis)

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