Corte di cassazione penale sez. V, 9 aprile 2014, n. 15906 (ud. 2 ottobre 2013)

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giur
6/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
corte di cassazione penaLe
sez. v, 9 apriLe 2014, n. 15906
(ud. 2 ottobre 2013)
pres. oLdi – est. guardiano – p.m. izzo (diff.) – ric. r.e.
atti persecutori y Stalking y Adozione di misure
cautelari nei confronti del molestatore y Allontana-
mento dal condominio e divieto di avvicinamento
alla persona offesa y Adeguatezza e proporzionalità
della misura y Allontanamento dello stalker dal-
l’abitazione familiare e dalle f‌iglie in tenera età y
Violazione del diritto all’esercizio alla genitorialità
y Esclusione.
. Risulta conforme ai principi di adeguatezza e di
proporzionalità la misura cautelare di cui all’art. 282
ter c.p.p., disposta imponendo all’indagato di atti
persecutori, protratti per diversi anni ai danni di una
condomina, di allontanarsi dal condominio in cui era
ubicata la sua abitazione e quella della persona offesa
e di non comunicare con quest’ultima, tenuto conto del
clima di violenza e di terrore mostrato nei confronti
della vittima. In tal caso, non può essere invocata la
lesione del diritto alla genitorialità, quale conseguenza
dell’impossibilità di continuare a vivere nell’abitazione
familiare, insieme alle f‌iglie in tenera età, in quanto
la limitazione della libertà personale in sede cautelare
trova la sua legittimazione nell’art. 13 Cost. che, nel
circoscriverla entro limiti rigorosi, non prevede nes-
suna deroga (tranne l’ipotesi eccezionale dell’art. 275,
comm 4, c.p.p.) in considerazione della condizione di
genitore di prole minorenne del destinatario della mi-
sura cautelare. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 612 bis; c.p.p.,
art. 282 bis; c.p.p., art. 282 ter)
svoLgimento deL processo e motivi deLLa decisione
1. Con ordinanza emessa in data 2 aprile 2013 il tribu-
nale del riesame di Bologna confermava l’ordinanza con
cui, in data 6 marzo 2013, il giudice per le indagini prelimi-
nari presso il tribunale di Forlì aveva applicato la misura
cautelare di cui all’art. 282 ter c.p.p., nei confronti di R.E.,
in relazione al reato di cui all’art. 612 bis c.p., commesso,
secondo l’ipotesi accusatoria, in danno di B.I..
2. Avverso tale ordinanza, di cui chiede l’annullamen-
to, ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del suo
difensore di f‌iducia, l’indagato, articolando plurimi motivi
di impugnazione.
3. Con il primo, il ricorrente lamenta la manifesta illogi-
cità della motivazione dell’ordinanza impugnata, stante la
inidoneità degli elementi raccolti nel corso delle indagini
preliminari ed, in particolar modo delle dichiarazioni rese,
in qualità di persone informate sui fatti, da M.R. e da B.M.,
ad integrare il requisito dei gravi indizi di colpevolezza nei
confronti del R., ed a fondare una probabile sentenza dei
condanna a carico di quest’ultimo, la cui condotta, priva
di connotati di pericolosità sociale, appare inquadrabile in
un contesto di semplice “scontro condominiale”.
4. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente
lamenta la manifesta illogicità della motivazione dell’ordi-
nanza impugnata, sotto il prof‌ilo della ritenuta sussistenza
dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c),
che richiede la concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa, desumibile da elementi non meramente con-
getturali, ma, per l’appunto, concreti, non rinvenibili nel
caso di specie, in quanto appare superf‌iciale il giudizio
sulla personalità dell’indagato effettuato dal tribunale del
riesame, che ha, inoltre, omesso di considerare il carattere
estemporaneo delle condotte poste in essere dal R..
5. Con il terzo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo
motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la manifesta
illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, sot-
to il prof‌ilo della adeguatezza e della proporzionalità della
misura cautelare applicata al R., in quanto, tenuto conto
della minima gravità dei fatti per cui si procede, ricondu-
cibili a semplici alterchi ed incomprensioni tra condomini
e del fatto che l’allontanamento imposto al R. dal condo-
minio in cui egli viveva, unitamente alla sua compagna ed
alle due f‌iglie in tenera età, incide negativamente sull’ef-
fettivo esercizio del diritto dell’indagato alla genitorialità,
con conseguente violazione dei principi affermati negli
artt. 29 e 2 Cost.; artt. 7, 9 e 33, della Carta di Nizza;
artt. 8 e 12 della C.E.D.U.; artt. 147, 148 e 261 c.c.,
l’individuata esigenza cautelare avrebbe potuto essere
fronteggiata con una misura meno aff‌littiva, quali quelle
previste dagli artt. 281 e 282 c.p.p..
6. Il ricorso non può essere accolto, essendo inammis-
sibili, sotto diversi prof‌ili, i motivi che lo sostengono.
7. Come è noto, infatti, in tema di impugnazione dei
provvedimenti in materia di misure cautelari personali, il
ricorso per Cassazione è ammissibile soltanto se denuncia
la violazione di specif‌iche norme di legge ovvero la manife-
sta illogicità della motivazione del provvedimento secondo
i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche
quando propone censure che riguardino la ricostruzione
dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione
delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr.
Cass., sez. V, 8 ottobre 2008, n. 46124, rv. 241997).
Ed invero, in materia di provvedimenti de libertate, la
Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle
condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esi-
genze cautelari e all’adeguatezza delle misure, trattandosi
di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusi-
vo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura
e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è
quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impu-
gnato per verif‌icare, da un lato, le ragioni giuridiche che
lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità
evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al f‌ine giustif‌icativo del provvedimento (cfr. Cass., sez. IV,
3 febbraio 2011, n. 14726, D.R.; Cass., sez. IV, 6 luglio 2007,
n. 37878, C. e altro).
Ne consegue che quando, come nel caso in esame, vie-
ne denunciato il vizio di motivazione del provvedimento

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