Corte di cassazione penale sez. VI, 18 luglio 2014, n. 31735 (c.c. 15 aprile 2014)
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giur
6/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
corte di cassazione penaLe
sez. vi, 18 LugLio 2014, n. 31735
(c.c. 15 apriLe 2014)
pres. garribba – est. de amicis – p.m. iacovieLLo (diff.) – ric. m. ed aLtro
Prova penale y Sequestri y Dovere di esibizione
e segreti y Documenti e strumenti di lavoro di un
giornalista professionista y Legittimità y Esclusione
y Criterio di proporzionalità tra la misura adottata
e le esigenze di accertamento dei fatti y Rispetto y
Necessità.
. Non può ritenersi legittimo il sequestro probatorio
di documenti e strumenti di lavoro di un giornalista,
disposto al fine di acquisire elementi idonei ad indivi-
duare la fonte dalla quale il giornalista abbia tratto la
notizia da lui pubblicata e la cui rivelazione si assuma
costituire illecito penale a carico della fonte medesima,
quando la motivazione del provvedimento non conten-
ga un’adeguata illustrazione del rapporto intercorrente
tra le cose sottratte alla disponibilità del giornalista ed
i reati per i quali si procede e non giustifichi, alla luce
del principio di proporzionalità tra la compromissione
dei diritti, di rilievo costituzionale, spettanti al destina-
tario della misura in questione e le ritenute esigenze di
giustizia, le ragioni della prevalenza attribuita a queste
ultime. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 200; c.p.p., art. 253;
c.p.p., art. 256) (1)
(1) Nello stesso senso si vedano Cass. pen., sez. II, 29 dicembre 2011,
n. 48587, in Ius&Lex dvd n. 6/2014, ed. La Tribuna e Cass. pen., sez.
VI, 31 ottobre 2007, n. 40380, in questa Rivista 2008, 839, secondo le
quali il sequestro probatorio disposto nei confronti di un giornalista
deve rispettare il criterio di proporzionalità tra il contenuto del prov-
vedimento ablativo e le esigenze di accertamento dei fatti oggetto
delle indagini proprio al fine di evitare interventi indiscriminati.
svoLgimento deL processo
1. Con ordinanza del 30 settembre 2013 il Tribunale del
riesame di (omissis) ha confermato il provvedimento di
sequestro probatorio emesso dal P.M. presso il Tribunale
di (omissis) in data 12 settembre 2013, nell’ambito di un
procedimento penale iscritto nei confronti di ignoti per
i delitti di cui agli artt. 416-bis, 326 c.p. e 7 della L. n.
203/91, con riferimento alla propalazione dei verbali delle
riunioni tenutesi presso la D.N.A. il 19 ed il 27 giugno 2013,
rigettando l’istanza di riesame presentata nell’interesse di
C. M., giornalista del quotidiano (omissis) e di P. S., quale
direttore responsabile del medesimo.
1.1. Il decreto di sequestro probatorio aveva ad oggetto
beni specificamente indicati nel relativo verbale di seque-
stro eseguito dalla P.G. a carico del M., e segnatamente
fogli dattiloscritti, in formato A 4, recanti l’intestazione in
prima pagina “Direzione Nazionale Antimafia”, relativi a
riunioni tenutesi il 19 ed il 27 giugno 2013 presso gli uffici
della D.N.A., nonché il personal computer fisso ed il “net
book” in uso al M., oltre a DVD, block notes, pen drive,
un lettore “MP3”, una scheda telefonica, un registratore
portatile, cellulari ed un biglietto manoscritto.
2. Avverso la su indicata ordinanza del Tribunale del
riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di
fiducia del M. e del S., deducendo tre motivi di doglianza.
2.1.Violazione dell’art. 21, comma 2, c.p.p., in relazione
alla competenza “ratione loci”, non avendo il tribunale
motivato riguardo all’eccezione difensiva incentrata sui
dubbi avanzati circa la corretta individuazione del giu-
dice naturale, tenuto conto del fatto che il luogo ove si
sarebbe verificata la fuga delle notizie relative ai verbali
delle riunioni svoltesi presso gli uffici della D.N.A. è neces-
sariamente identificabile in Roma.
2.2. Violazione degli artt. 252, 253, 370, 256 e 200 c.p.p.,
in relazione alla fattispecie di cui all’art. 326 c.p., non es-
sendo possibile assoggettare a sequestro computer e agen-
de dei giornalisti al fine di individuare la fonte anonima
di notizie segrete che, nel caso di specie, non può che es-
sere un intraneus alla pubblica amministrazione, e non
certamente il capo servizio e il direttore responsabile del
predetto quotidiano. Il M., infatti, non risulta destinata-
rio di alcuna ipotesi di concorso punibile ex art. 110 c.p.,
quale istigatore del pubblico ufficiale a fare la rivelazione
della notizia segreta, in ordine al paradigma normativo
dell’art. 326 c.p.. Il provvedimento gravato, in particolare,
risulta invasivo di posizioni soggettive costituzionalmente
tutelate ex art. 21 Cost., cui sono connesse la garanzia
del segreto professionale e la riservatezza delle fonti di
informazione, imponendo sostanzialmente un vincolo di
indisponibilità sui computers utilizzati dal giornalista
e sull’area server dallo stesso gestita. Esso, inoltre, pur
ipotizzando genericamente il fumus commissi delicti, non
indica neanche marginalmente il rapporto intercorrente
fra le cose sottratte alla disponibilità del ricorrente ed il
reato oggetto di contestazione, per il quale si procede con-
tro ignoti. L’istituto di cui agli artt. 250-252 c.p.p., in defini-
tiva, avrebbe dovuto essere utilizzato secondo un criterio
fondamentale di proporzionalità, facendolo precedere da
doverosi e preliminari accertamenti esplorativi.
2.3. Violazione dell’art. 10 della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, avuto
riguardo alla giurisprudenza della Corte EDU sulla non
sequestrabilità di computer ed agende dei giornalisti al
fine di individuare la fonte anonima di notizie segrete.
motivi deLLa decisione
3. I ricorsi sono parzialmente fondati e vanno pertanto
accolti entro i limiti e per gli effetti di seguito esposti e
precisati.
4. Infondato, preliminarmente, deve ritenersi il primo
motivo di ricorso, in quanto aspecificamente formulato,
per non essere la correlativa doglianza attualmente basata
su elementi di fatto in concreto valutabili in questa sede.
Soccorrono, al riguardo, in ogni caso, le regole suppletive
enunciate, ai fini della determinazione della competenza
territoriale, nel disposto di cui all’art. 9 c.p.p..
In relazione a tale specifico profilo, dunque, i ricorsi
non sono meritevoli di accoglimento e devono essere ri-
gettati.
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