Corte di cassazione penale sez. II, 5 settembre 2014, n. 37164 (ud. 7 luglio 2014)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 6/2014
LEGITTIMITÀ
1.1.1. A tale conclusione induce, invero, il rilievo te-
stuale che l’art. 500, comma 4, c.p.p. espressamente con-
diziona l’operatività della disciplina acquisitiva in deroga
che prevede, al ricorrere, alternativamente, di uno dei due
seguenti presupposti:
- la non accettazione (in tutto od in parte) del contrad-
dittorio da parte del testimone («aff‌inché non deponga»),
in presenza della quale non sarebbero tout court ammesse
contestazioni, né, conseguentemente, l’utilizzazione delle
precedenti dichiarazioni rese dal testimone, se non in
presenza dell’illecita turbativa esterna...;
-...ovvero l’accettazione del contraddittorio da parte del
testimone («o deponga il falso»), il quale renda, peraltro,
dichiarazioni dibattimentali difformi rispetto a quelle pre-
dibattimentali solo perchè inquinate dall’intervento della
indebita turbativa esterna. In quest’ultima fattispecie, il
riferimento all’eventualità di una precedente contestazio-
ne (e quindi alla necessità che l’esame abbia luogo), pur
se non normativamente esplicitato, deve ritenersi implici-
to, ove si consideri che l’art. 500 c.p.p. null’altro disciplina
se non la materia delle contestazioni in corso dell’esame
dibattimentale del testimone.
A conferma implicita di tale assunto, questa Corte Su-
prema (sez. III, sentenza n. 39319 del 5 giugno 2009, CED
Cass. n. 244958) pur in relazione a diversa fattispecie, ha
già chiarito che, quando l’esame dibattimentale sia pos-
sibile, «le contestazioni nell’esame testimoniale costitui-
scono l’unico strumento processuale per far rilevare la di-
vergenza tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento
e quelle dallo stesso rese in fase di indagini preliminari».
1.1.2. Così riepilogata la disciplina positiva, appare
evidente che, nel caso di specie, non ricorreva la prima
delle alternative cui l’art. 500, comma 4, condiziona le
acquisizioni de quibus, e cui si riferisce il precedente in-
debitamente valorizzato dalla Corte di appello.
In difetto dell’esame del dichiarante, non può ritenersi
verif‌icata neanche la condizione alternativa prevista dalla
predetta disposizione, non essendo dato sapere se il di-
chiarante avrebbe o meno deposto il falso.
1.1.3. Deve, peraltro, aggiungersi che, sotto il prof‌ilo
strettamente motivazionale, la valutazione di irrimediabi-
le inquinamento della genuinità della p.o. in virtù delle
pressioni ricevute, posta dai giudici di merito a fondamen-
to della ritenuta inutilità dell’esame dibattimentale, mal
si concilia, ed anzi più radicalmente contraddice quella
dagli stessi giudici operata nel procedimento quanto alla
ritenuta attendibilità dello stesso dichiarante in merito
alle pressioni ricevute, delle quali si è ritenuta raggiunta
la prova (onde legittimare la disposta acquisizione ex art.
500, comma 4, c.p.p. delle dichiarazioni predibattimentali
dal medesimo rese) proprio e soltanto in virtù delle di-
chiarazioni dal predetto in proposito rese.
La ragione di tali diverse valutazioni - se esistente -
avrebbe, pertanto, dovuto essere esplicitata.
1.1.4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata
nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti, con rinvio ad al-
tra sezione della Corte di appello di Milano che, nel nuovo
giudizio, si atterrà al seguente principio di diritto:
«Nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte
ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibatti-
mentali (nel caso di specie, dallo stesso denunciate) non
si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acqui-
sizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso
rese senza procedere all’esame».
La Corte di appello terrà altresì conto della considera-
zione di cui al § 1.1.3.
1.2. Il secondo motivo del ricorso Maino è manifesta-
mente infondato, dovendo ritenersi intervenuta rituale
convalida della contestata intercettazione: pur se le indi-
cazioni logistiche non risultano esattamente sovrapponibi-
li, dal contesto investigativo cui il predetto provvedimento
fa riferimento emerge all’evidenza che proprio quella de
qua (dovunque sarebbe intervenuta) era la conversazione
la cui intercettazione si intendeva autorizzare.
1.3. Il terzo motivo del ricorso Maino è assorbito dal-
l’accoglimento del 1° motivo.
2. Il primo motivo del ricorso Lombardo è manife-
stamente infondato, ove si consideri che la revoca del
mandato è per legge ineff‌icace prima del valido intervento
del nuovo difensore (cfr. art. 107, commi 4 e 3, c.p.p.), e
comunque che il Lombardo risultava al tempo stesso vali-
damente assistito da un codifensore.
Nessun termine a difesa spettava quindi al difensore
la cui nomina era - per scelta esclusivamente riferibile
all’imputato, e non altrimenti necessitata sopravvenuta.
2.1. Il quarto motivo del ricorso Lombardo è fondato
per le stesse ragioni in precedenza illustrate con riguardo
all’omologo motivo del ricorso Maino.
2.2. Tutti gli altri motivi del ricorso Lombardo sono as-
sorbiti dall’accoglimento del IV motivo.
3. l motivi del ricorso Zhou sono assorbiti dall’acco-
glimento del I motivo del ricorso Maino e del IV motivo
del ricorso Lombardo (decisione che si estende anche allo
Zhou ai sensi dell’art. 587 c.p.p.). (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. ii, 5 settembre 2014, n. 37164
(ud. 7 LugLio 2014)
pres. petti – est. diotaLLevi – p.m. fraticeLLi (conf.) – ric. p.g. in proc.
b. ed aLtri
Atti e provvedimenti del giudice penale y Atti
abnormi y Ordinanza del giudice del dibattimento
y Richiesta al P.M. di adottare un provvedimento di
segretazione o in alternativa, l’esibizione dei ver-
bali riportanti tutte le dichiarazioni di un collabo-
ratore di giustizia.
. Deve ritenersi abnorme, in quanto privo di qualsivo-
glia referente nel panorama della legge processuale,
l’ordinanza del giudice del dibattimento con la quale
si sia inteso imporre al pubblico ministero l’obbligo
di adottare un provvedimento di segretazione o, in
alternativa, di esibire tutti i verbali riportanti le dichia-

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