Corte di cassazione penale sez. I, 8 luglio 2014, n. 29664 (ud. 12 giugno 2014)

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giur
5/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
6. Questo collegio - pur consapevole del diverso orien-
tamento espresso da sez. IV, n. 23527 del 14 maggio 2008,
Di Martino, Rv. 240939: “In tema di reati di competenza
del giudice di pace, sussiste l’interesse della parte civile
ad impugnare la sentenza dichiarativa dell’estinzione del
reato per intervenuto risarcimento dei danni, atteso che
detta pronuncia contiene valutazioni incidenti nel merito
della pretesa civilistica e potenzialmente pregiudizievoli
per gli interessi della parte” - ritiene di dover rispondere
ancora negativamente; la sentenza del Giudice di pace,
accertando la congruità del risarcimento offerto ai soli
f‌ini dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 35 D.L.vo
274/2000 - con valutazione operata allo stato degli atti,
senza alcuna istruttoria - non produce invero alcun effetto
pregiudizievole nei confronti della parte civile ricorrente
(in argomento si veda anche la recentissima sentenza di
questa sezione, 15 aprile 2014, ric. Chiosi); tanto più che
la sentenza non contiene alcun capo di carattere civile
sull’esistenza del danno e sulla sua entità. Il giudice di
pace si limita a verif‌icare la congruità del risarcimento con
valutazione sommaria ed incidentale, senza eff‌icacia ulte-
riore rispetto a quella prevista dall’articolo 35 del decreto
legislativo 274-2000, sicchè nell’eventuale giudizio civile di
danno la parte civile non risente alcun pregiudizio dalla
sentenza di proscioglimento predetta (cfr. sez. V, n. 27392
del 6 giugno 2008, Di Rienzo, Rv. 241173). Peraltro, nel giu-
dizio civile di responsabilità, è solo la sentenza di assolu-
zione - pronunciata in giudizio per insussistenza del fatto,
mancata commissione dello stesso da parte dell’imputato
o ricorrenza di un’esimente - che ha eff‌icacia preclusiva di
giudicato; le sentenze di prosciogli mento per estinzione
del reato non statuiscono sulla responsabilità dell’impu-
tato e pertanto non possono avere alcun effetto negativo
per la parte civile (se non contengono, come nel caso di
specie, alcun capo del dispositivo relativo all’accertamento
ed alla quantif‌icazione del danno, che rimane sommaria-
mente delibato solo ai f‌ini di cui all’articolo 35 della legge
sul procedimento davanti al giudice di pace). La facoltà
per la parte civile di impugnare le sentenze di assoluzione
risiede nel fatto che esse, giudicando sulla responsabilità
penale, contengono normalmente un espresso rigetto della
domanda civile e compiono, comunque, una valutazione in
fatto che ha effetti pregiudizievoli sulla richiesta di risarci-
mento; è per questo che le sentenze di assoluzione possono
essere impugnate. Nel caso di sentenza di proscioglimento
di natura “processuale” (mancanza di querela, prescrizio-
ne, estinzione del reato ai sensi dell’articolo 35...) emessa
all’esito del giudizio, il provvedimento, ove non vi sia un
capo civile da impugnare (come nel caso di specie), rima-
ne privo di alcuna eff‌icacia preclusiva in sede civile in or-
dine al richiesto risarcimento. Non c’è, dunque, motivo per
consentire l’impugnazione alla parte civile, che può essere
riconosciuta solo nei casi eccezionali previsti dalla legge
(ad es. articolo 38 del decreto legislativo 274-2000; articolo
428 c.p.p. in sede di udienza preliminare. In questi casi, il
legislatore ha voluto eccezionalmente accordare tutela alle
ragioni di segno penale del titolare dell’interesse protetto
dal precetto penale, cioè della vittima del reato che patisce
il “danno criminale”; cfr. sez. VI, sentenza n. 22019 del 22
novembre 2011, Rv. 252774; Cass. sez. V, 16 aprile 2009 n.
37114, De Rosa, rv. 244601; Cass. sez. VI, 21 gennaio 2010 n.
16528, Mazza, rv. 246997).
7. Consegue a quanto detto che il ricorso proposto dalla
parte civile debba ritenersi inammissibile; alla declarato-
ria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese proces-
suali. Trattandosi di causa di inammissibilità non determi-
nata da prof‌ili di colpa, in quanto sul punto non esisteva
f‌ino ad ora un orientamento chiaro della giurisprudenza di
legittimità (il che può aver confuso la parte circa il diritto
a ricorrere per cassazione), non si fa luogo alla condanna
a favore della cassa delle ammende. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. i, 8 LugLio 2014, n. 29664
(ud. 12 giugno 2014)
pres. chieffi – est. cavaLLo – p.m. d’ambrosio (diff.) – ric. p.g. in proc.
spaLevic
Fonti del dirittto y Legge penale y Territorialità
y Reati commessi all’estero y Principio del “ne bis
in idem” y Applicabilità y Condizioni y Fattispecie
in tema di soggetto giudicato per lo stesso fatto in
uno Stato non aderente all’accordo di Schengen.
. Attesa la permanente validità, in generale, del prin-
cipio secondo il quale la regola del “ne bis in idem”
non opera nell’ambito dei rapporti internazionali, se
non quando essa trovi fondamento in appositi accordi
internazionali (tra i quali, in particolare, l’accordo di
Schengen, reso esecutivo in Italia con la legge 30 set-
tembre 1993 n. 388, che, all’art. 54, dispone che non
si possa procedere nei confronti di soggetto che, per
lo stesso reato, sia stato già condannato o assolto in
un altro degli Stati aderenti), deve ritenersi che nulla
osti al rinnovamento del giudizio disposto ai sensi del
combinato disposto degli artt. 6 e 11 c.p. nei confronti
di soggetto già giudicato per lo stesso fatto in uno Sta-
to (nella specie, la Repubblica del Montenegro), non
facente parte di quelli aderenti al suddetto accordo.
(Mass. Redaz.) (c.p., art. 6; c.p., art. 11; l. 30 settembre
1993, n. 388, art. 54) (1)
(1) Nello stesso senso della pronuncia in epigrafe si veda Cass. pen.,
sez. I, 23 giugno 2004, n. 28299, in Ius&Lex dvd n. 5/2014, ed. La Tri-
buna, che sostiene l’applicabilità del principio in commento nel caso
in cui tra gli Stati interessati vi sia una convenzione che ne dichiari
formalmente la sussistenza. Nello stesso senso di quest’ultima deci-
sione e quindi a favore dell’applicabilità e della permanente valenza
del ne bis in idem si veda anche Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 1998,
n. 13558, ibidem. In genere v. Cass. pen., sez. IV, 18 novembre 2004,
n. 44830, in questa Rivista 2006, 107 sulla permanente inapplicabilità
della regola del “ne bis in idem internazionale”.
svoLgimento deL processo
1. Con sentenza deliberata il 9 novembre 2012, la Corte
d’Assise di Trieste dichiarava non doversi procedere nei

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