Corte di cassazione penale sez. V, 24 luglio 2014, n. 32964 (ud. 29 maggio 2014)

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 11/2014
LEGITTIMITÀ
come “liberi”, cioè intercorrenti tra la f‌ine di una prova e
l’inizio della seconda.
Un intervallo di tempo tra due prove si misura di norma,
in mancanza di diverse prescrizioni, tra due riferimenti
omogenei, quali l’inizio della prima e l’inizio della seconda
o la f‌ine della prima prova e la f‌ine della seconda.
Se vi fossero anomalie nella conduzione dell’una o
dell’altra prova si potrebbe dubitare della fedeltà nella
conduzione dell’esame, ma nel caso di specie così non è.
Nei due scontrini di refertazione del test rilasciati dallo
strumento e sottoscritti dagli agenti fotocopiati a pag. 4
del ricorso si legge che la prima analisi ebbe inizio alle
22,42 e f‌ine alle 22,43 e che la seconda iniziò alle 22,47 e si
concluse alle 22,48.
Fu quindi osservato l’intervallo di 5 minuti prescritto
dall’art. 379, norma che non indica neppure, come vorreb-
be il ricorrente, che l’intervallo sia “almeno” di 5 minuti,
ma - seccamente - che tale sia il tempo che deve trascor-
rere, tempo che evidentemente è proprio quello stimato
congruo dal legislatore per rendere aff‌idabile la verif‌ica.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso.
Nulla sulle spese di lite, in mancanza di costituzione
dell’intimata amministrazione. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. v, 24 LugLio 2014, n. 32964
(ud. 29 maggio 2014)
pres. Lombardi – est. settembre – p.m. d’angeLo (diff.) – ric. piva
Falsità personale y Illecita detenzione di segni
distintivi di corpi di polizia y Utilizzo di dispositivo
lampeggiante a luce blu montato sulla propria au-
tovettura privata y Al di fuori del servizio y Conf‌i-
gurabilità del reato di cui all’art. 497 ter, n. 1, c.p.
y Sussistenza.
. Risponde del reato di illecita detenzione di segni di-
stintivi di corpi di polizia (art. 497 ter, n. 1, cod. pen.)
anche l’appartenente ad uno di tali corpi il quale, al di
fuori del servizio, si avvalga di un dispositivo lampeg-
giante a luce blu montato sulla propria autovettura pri-
vata, non potendosi, al proposito, neppure ritenere che,
in base al principio di specialità di cui all’art. 9 della
legge n. 689/1981, il fatto dia luogo alla sola conf‌igura-
bilità dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 177
c.d.s., che sanziona, al comma 4, l’uso del lampeggiato-
re al di fuori dei casi indicati nel precedente comma 1,
posto che tale illecito presuppone che l’agente sia un
soggetto legittimato all’uso; il che non può dirsi quando
egli sia invece un “quivis de populo”, quale deve rite-
nersi, al di fuori del servizio, anche un appartenente ad
un corpo di polizia. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 497 ter;
nuovo c.s., art. 177) (1)
(1) Sulla conf‌igurabilità del reato de quo, v., con riferimento a fatti-
specie relativa a detenzione di una paletta segnaletica, ancorché non
più in uso, recante i segni del Ministero dei Trasporti, direzione della
motorizzazione civile, con lo stemma della Repubblica italiana, Cass.
pen., sez. V, 14 agosto 2013, n. 35094, in questa Rivista 2014, 242.
svoLgimento deL processo
1. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza
del 19 febbraio 2013, a conferma di quella emessa Giudice
dell’udienza preliminare del locale Tribunale, all’esito
di giudizio abbreviato, ha condannato Piva Angelino per
il reato di cui all’art. 497 ter c.p., per aver illecitamente
detenuto un dispositivo lampeggiante di colore blu, del
genere di quelli in uso alle Forze di polizia.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto personal-
mente ricorso per Cassazione l’imputato per violazione di
legge e vizio di motivazione. Sostiene che il dispositivo era
legittimamente detenuto, in quanto, come appartenente
alla Guardia di Finanza, era abilitato all’uso dello stesso
senza limitazioni di sorta, siccome permanentemente in
servizio, data la sua qualità di pubblico uff‌iciale (nono-
stante si trovasse in vacanza in Calabria). Inoltre, che non
è possibile parlare, nella specie, di illecita detenzione, po-
sto che è tale solo quella non sorretta da validi titoli giu-
stif‌icativi, mentre quello da lui detenuto era stato acqui-
stato attraverso un canale web autorizzato. Evidenzia, in
ogni caso, che il dispositivo era spento. Contesta, inf‌ine,
l’esistenza del dolo.
motivi deLLa decisione
Il ricorso è infondato.
1. L’art. 497 ter c.p. punisce, tra l’altro, chiunque “il-
lecitamente detiene segni distintivi, contrassegni o docu-
menti di identif‌icazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero
oggetti o documenti che ne simulano la funzione” (comma
1, n. 1).
Nella struttura della fattispecie sono compresi, quindi:
a) la detenzione di oggetti che identif‌icano un corpo di
polizia o ne simulano la funzione; b) la illiceità della de-
tenzione. Il primo requisito è di intuitiva evidenza: vi rien-
trano tutti i segni, contrassegni, documenti od oggetti che
rimandano, inequivocabilmente, ai corpi di polizia, perchè
li identif‌icano nel sociale o costituiscono strumenti attra-
verso cui si esplica la funzione ad essi demandata (divisa,
distintivo, paletta di servizio, ecc.). Deve trattarsi, cioè, di
elementi che portano il quivis de populo ad identif‌icare il
portatore o detentore come soggetto appartenente a forze
di polizia o esplicante una funzione di polizia.
Il secondo requisito è integrato dalla “illiceità” della
detenzione, che ricorre ogniqualvolta la detenzione non
sia sorretta da un valido titolo di legittimazione.
È “illecita”, quindi, non solo la detenzione acquisita at-
traverso la commissione di un reato (nel qual caso il reato
di cui all’art. 497 ter concorre con quello - per esempio:
furto o ricettazione - che ha determinato la detenzione),
ma anche quella che avviene sine titulo, perchè riservata
a soggetti specif‌icamente individuati dall’ordinamento.
Sebbene la rubrica dell’articolo parli, infatti, di “posses-
so di segni distintivi contraffatti”, non è l’autenticità degli
oggetti che viene tutelata dall’ordinamento, ma la riserva
alle forze di polizia dei segni e degli oggetti che identif‌ica-

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