Corte di cassazione penale sez. IV, 1 ottobre 2014, n. 40617 (ud. 30 aprile 2014)

Pagine912-913
912
giur
11/2014 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
Deve essere sottolineato che la normativa contenuta
nel decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 prevede,
all’art. 58, che per ogni effetto giuridico la pena dell’ob-
bligo di permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica
utilità si considerano come pene detentive della specie
corrispondente a quella della pena originaria. Si ha dun-
que riguardo a pene detentive e non a misure alternative
alla detenzione, quali quelle previste dall’ordinamento pe-
nitenziario. Va aggiunto che il decreto suindicato, all’art.
56 dispone che “il condannato che senza giusto motivo si
allontana dai luoghi in cui è obbligato a rimanere o che
non si reca nel luogo in cui deve svolgere il lavoro di pub-
blica utilità, o che lo abbandona, è punito con la reclusione
f‌ino ad un anno”. Da tale previsione è immediato evincere
che la violazione delle prescrizioni concernenti le pene so-
stitutive, conf‌igura addirittura gli estremi di un delitto, al
pari dell’evasione, cui è fatta seguire una pena detentiva.
Ed infatti, non a caso, è stato insegnato che l’imputato è
l’unico titolare della facoltà di richiedere l’applicazione
delle pene sostitutive, “poiché il suo consenso è il segno
della consapevole accettazione delle modalità di emen-
da e delle conseguenze derivanti dalla violazione delle
modalità di esecuzione della sanzione del lavoro di pub-
blica utilità, sicché non è possibile supporre alcun accordo
implicito o concerto preventivo” con il difensore che non
può rappresentare l’interessato in detto particolare snodo
processuale (Sez. IV, 29 novembre 2004).
Tale realtà normativa porta a ritenere che la non lieve
sanzione, in caso di violazione, esaurisca le conseguenze
a seguito dell’inadempienza, cosicché non possa essere
l’interessato gravato di ulteriore conseguenza negativa,
quale la revoca ex tunc del benef‌icio, che porrebbe nel
nulla l’esito positivo del lavoro sostitutivo svolto in un
primo periodo di tempo. A tale considerazione sembra
doversi addivenire, mancando un’esplicita previsione su
come il giudice debba operare a fronte dell’inadempimen-
to, non potendosi mutuare la disciplina prevista negli artt.
47 comma 11, 47 ter comma 6, 47 quinquies comma 6, 51,
54 dell’Ordinamento Penitenziario (L. 354/1975), relati-
vamente a misure alternative alla detenzione, da tenere
distinte dalla pene sostitutive come si è sopra osservato.
Ciò detto, viene fatto di sottolineare che la soluzione al
quesito va trovata attraverso un’interpretazione di si-
stema, che parte dai due capisaldi normativi, che sono da
un lato appunto la previsione dell’art. 56 D.L.vo 274/2000,
che individua una fattispecie delittuosa in caso di trasgres-
sione alle prescrizione e dall’altra l’art. 58 stesso decreto,
che prescrive i criteri di ragguaglio. Le direttrici delineate
dalle due previsioni suindicate impongono di concludere
nel senso che in caso di violazione delle prescrizioni in
materia di lavoro di pubblica utilità, il trasgressore debba
essere chiamato a rispondere del reato previsto dall’art.
56 decreto suindicato, ma l’attività di lavoro compiuta in
precedenza, con esito favorevole, dovrà essere apprezzata
in termine di espiazione della pena in quel particolare
intervallo temporale; il periodo di lavoro residuo dovrà
essere tradotto in pena detentiva alla luce dei criteri di
ragguaglio di cui all’art. 58 succitato; la pena detentiva
residua dovrà essere espiata dall’interessato, una volta
riconosciuta come non più eseguibile la misura sostitu-
tiva. In sostanza la violazione delle prescrizioni relative
al lavoro di pubblica utilità fa scattare nell’ordinamento
una reazione in parallelo a quella che segue all’evasione,
nel senso che la condotta viene apprezzata come reato, ma
non pone nel nulla il periodo di pena già espiato.
Se si dovesse opinare diversamente, si giungerebbe
alla inammissibile conclusione che al comportamento
del condannato inadempiente seguirebbero due livelli di
risposta dell’ordinamento, da un lato la sanzione penale
per il reato commesso e dall’altro ricadute in termini di
prolungamento della durata della pena in espiazione.
Si deve quindi rispondere al quesito suindicato nel
senso che alla mancata osservanza delle prescrizioni ri-
guardanti il lavoro di pubblica utilità il giudice può fare
seguire la revoca della sanzione sostitutiva, con conse-
guente ragguaglio della restante pena da eseguire secondo
i criteri di cui all’art. 58 D.L.vo 274/2000, tenendo fermo
il precedente periodo di espiazione a seguito del positivo
svolgimento del lavoro sostitutivo, ma con l’applicazione
dell’art. 56 D.L.vo 274/2000.
L’ordinanza impugnata deve essere annullata per nuovo
esame alla luce dei principi enunciati. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. iv, 1 ottobre 2014, n. 40617
(ud. 30 apriLe 2014)
pres. brusco – est. esposito – p.m. geraci (conf.) – ric. p.g. in proc.
m.v. ed aLtro
Patente y Guida senza patente y Recidiva nel bien-
nio y Applicazione y Condizioni.
. In tema di guida senza patente, scaduta e mai rin-
novata, ai f‌ini della conf‌igurabilità della recidiva nel
biennio, rileva la data del passaggio in giudicato della
sentenza relativa al fatto-reato precedente rispetto a
quello per il quale si procede, e non la data di commis-
sione dello stesso. (nuovo c.s., art. 116) (1)
(1) Principio ripreso, in relazione alla revoca della patente per il
reato di guida in stato di ebbrezza, da Cass. pen., sez. IV, 13 giugno
2013, n. 25988, in questa Rivista 2014, 244.
svoLgimento deL processo
1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 19 no-
vembre 2012, dichiarava M.V. responsabile del reato di
cui all’art. 116 C.d.S. per avere guidato un’autovettura
senza essere in possesso della prescritta patente di guida,
scaduta e mai rinnovata (fatto avvenuto l’8 luglio 2010).
Il giudicante escludeva l’applicazione della recidiva nel
biennio “non risultando precedenti penali irrevocabili in
tal senso”.
2. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Napoli
avanzava ricorso per Cassazione. Osservava che l’esclu-
sione dell’indicata aggravante era stata effettuata dal
Tribunale in violazione di legge, atteso che la norma, nel

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT