Corte di cassazione penale sez. I, 10 ottobre 2014, n. 42505 (ud. 23 settembre 2014)

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Arch. giur. circ. e sin. strad. 11/2014
Legittimità
corte di cassazione penaLe
sez. i, 10 ottobre 2014, n. 42505
(ud. 23 settembre 2014)
pres. zampetti – est. capriogLio – p.m. x (diff.) – ric. d.g.f.
Guida in stato di ebbrezza y Sostituzione della
pena con il lavoro di pubblica utilità y Violazione
delle prescrizioni in materia di lavoro di pubblica
utilità y Conseguenze.
. In caso di violazione delle prescrizioni in materia di
lavoro di pubblica utilità, il trasgressore deve essere
chiamato a rispondere del reato previsto dall’art. 56
D.L.vo n. 274/2000, ma l’attività di lavoro compiuta in
precedenza, con esito favorevole, dovrà essere apprez-
zata in termine di espiazione della pena in quel parti-
colare intervallo temporale; il periodo di lavoro residuo
dovrà essere tradotto in pena detentiva alla luce dei
criteri di ragguaglio di cui all’art. 58 D.L.vo suddetto; la
pena detentiva residua dovrà essere espiata dall’inte-
ressato, una volta riconosciuta come non più eseguibile
la misura sostitutiva. (Mass. Redaz.) (d.l.vo 28 agosto
2000, n. 274, art. 56; d.l.vo 28 agosto 2000, n. 274, art.
58; nuovo c.s., art. 186) (1)
(1) Nulla che affronti l’esatta fattispecie. Qualche utile riferimento
in tema di revoca del lavoro di pubblica utilità si rinviene in Trib.
pen. Massa, sez. dist. Carrara, 23 agosto 2012, n. 1311, in questa Rivi-
sta 2012, 1035.
svoLgimento deL processo
1. Con ordinanza del 1° luglio 2013 il Tribunale di Te-
ramo revocava la sanzione sostitutiva dei lavoro di pub-
blica necessità concessa a D.G.F., con sentenza 12 ottobre
2011 del medesimo tribunale e ripristinava l’originaria
pena inf‌litta per il reato di guida in stato di ebbrezza, di
giorni venti di arresto convertita in quella di 5000 euro di
ammenda, oltre ad euro 500 di ammenda, in quanto risul-
tava che il medesimo aveva più volte interrotto - senza giu-
stif‌icazione alcuna - lo svolgimento del lavoro di pubblica
utilità, cosicché veniva ritenuta non computabile la parte
di pena già espiata quale lavoro di pubblica utilità, non
risultando che il medesimo abbia avuto consapevolezza
dell’opportunità offertagli.
2. Avverso tale decisione, ha interposto ricorso per cas-
sazione il prevenuto personalmente per dedurre:
2.1 violazione dell’art. 186, comma 9 bis, D.L.vo n.
285/1992, per la mancata applicazione dei presupposti
previsti per la revoca del benef‌icio, nonché vizio motiva-
zionale: viene lamentato che sia mancata una verif‌ica sui
motivi, sull’entità della violazione e sulle circostanze da
cui essa è scaturita; il fatto che il medesimo abbia inter-
rotto il lavoro di pubblica utilità non era di per sé suff‌i-
ciente per procedere alla revoca, tanto più che era stato
regolarmente svolto per 36 ore e mezza, rispetto al totale
di 44 ore.
2.2 violazione dell’art. 186, comma 9 bis, D.L.vo n.
285/1992 e del principio secondo cui nessuno può essere
chiamato ad espiare due volte la stessa pena: vien fatto di
rilevare che buona parte del lavoro di pubblica utilità era
stato svolto, residuando solo 7,30 ore di lavoro ancora da
svolgere, cosicché la pena andava ripristinata solo per la
parte non espletata, atteso che il lavoro di pubblica utilità
è una sanzione sostitutiva, da intendere come una vera
e propria pena che deve essere considerata nella parte
presofferta e scomputata dal residuo. Viene sottolineato
che il paradigma della misura alternativa alla detenzione
non può essere applicato al lavoro di pubblica utilità, che
è sanzione penale. Viene richiamato l’art. 66 L. 689/1981,
secondo cui in caso di violazione delle prescrizioni inerenti
la libertà controllata o la semidetenzione, la restante parte
della sanzione si converte nella pena detentiva sostituita.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare
inammissibile il ricorso.
motivi deLLa decisione
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Viene sottoposto all’attenzione di questo Collegio la
questione di diritto sulle conseguenze a seguito della in-
tervenuta interruzione del lavoro di pubblica utilità, quale
pena sostituiva ai sensi dell’art. 189 bis cod. strada, ed in
particolate sulla portata degli effetti del provvedimento di
revoca della misura sostitutiva eventualmente adottato; ci
si chiede in sostanza se la revoca abbia effetti ex tunc, nel
senso di fare venire meno anche il periodo di utile svolgi-
mento della prestazione, ovvero se debba essere operato
un ragguaglio e quindi se debba essere scomputato il
periodo di positivo svolgimento dell’attività con ripristino
della sola pena residua, una volta operata la conversione.
In proposito va premesso che nel caso oggi a giudizio,
il giudice a quo ha revocato la sanzione sostitutiva, ripri-
stinando l’intera pena a cui il D.G. era stato condannato,
sul presupposto che l’entità della violazione era tale da
portare a constatare come l’interessato non abbia avuto
consapevolezza dell’importanza della possibilità offertagli
dall’ordinamento ed abbia così dimostrato di non meritare
misure sostitutive. Tale provvedimento è stato contestato,
ritenendo la difesa che il giudice non disponga di potere
di tale ampiezza.

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