Corte di cassazione penale sez. VI, 28 luglio 2014, n. 33227 (ud. 2 aprile 2014)

Pagine674-678
674
giur
6/2014 Arch. loc. e cond.
LEGITTIMITÀ
fatto produttivo non di ablazione ma di mera compromis-
sione della dominicalità dell’area per effetto dell’innesto
di servitù, costituisce titolo contrario al meccanismo
presuntivo di cui all’art. 1117 c.c. ed impone di escludere
il bene oggetto del contenzioso dall’elencazione esemplif‌i-
cativa contenuta” nella citata disposizione.
Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art.
1117 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) è accompa-
gnato dal seguente quesito di diritto: “In caso di contro-
versia sulla proprietà individuale o comune di un vano, og-
getto di modif‌iche edilizie (nella specie sopraelevazione,
con eliminazione del solaio da un vano dell’appartamento
preesistente e creazione di un pozzo luce), costituisce tito-
lo contrario all’inserimento tra i beni comuni, ex art. 1117
c.c., la circostanza che il vano, in origine, sia stato parte
di un bene individuale, essendo irrilevanti, quali fatti pro-
duttivi di trasferimento della proprietà, gli adeguamenti
edilizi successivi, determinati dalla sopraelevazione ed
esclusivi fonti di servitù”.
2. - I tre motivi - da esaminare congiuntamente, stante
la stretta connessione - sono infondati.
La Corte d’appello, nel confermare la natura condo-
miniale del cavedio o pozzo luce posto nell’edif‌icio con-
dominiale di via Carducci, n. 44, a Gela, ha fatto corretta
applicazione del principio secondo cui il cavedio (talora
denominato chiostrina, vanella o pozzo luce) - cortile di
piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e
dalle fondamenta dell’edif‌icio comune - essendo destina-
to prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari
(quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi), è sottoposto
al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente
contemplato dall’art. 1117 c.c., n. 1, tra i beni comuni, sal-
vo titolo contrario (Cass., sez. II, 7 aprile 2000, n. 4350).
La proprietà comune è stata accertata nel rispetto delle
disposizioni che disciplinano la materia, avendo i giudici
del merito, per un verso, escluso l’esistenza di un titolo
contrario, stante il silenzio sul punto nell’atto costitutivo
del condominio (ossia nel primo atto di trasferimento di
un’unità immobiliare facente parte dell’edif‌icio dall’origi-
nario unico proprietario ad un altro soggetto); e, per l’al-
tro verso, inoppugnabilmente verif‌icato, alla luce anche
dei risultati dell’esperita consulenza tecnica d’uff‌icio, la
sussistenza di un collegamento funzionale tra il bene in
contestazione e le unità immobiliari in proprietà esclusiva
facenti parte del condominio.
Contrariamente a quanto mostra di ritenere la ricor-
rente, la presunzione di proprietà comune non può es-
sere vinta, nel silenzio del titolo, dalla mera possibilità
di accesso al bene comune soltanto dall’appartamento di
uno dei condomini, o dal fatto che costui abbia provveduto
anche a collocarvi una pilozza, lo scaldabagno e l’impianto
di illuminazione, in quanto l’utilità particolare che deriva
da tali circostanze non è suscettibile di incidere sulla de-
stinazione tipica e normale del bene, che è quella di dare
aria e luce alle unità immobiliari di cui si compone l’edif‌i-
cio condominiale (Cass., sez. II, 11 maggio 1978, n. 2309;
Cass., sez. II, 3 agosto 1984, n. 4625).
Nè rilevano le particolari modalità e i tempi di realizza-
zione della sopraelevazione. Infatti, la sopraelevazione e la
creazione del pozzo luce furono opera dell’unico originario
proprietario, per cui è impossibile affermare che si sia co-
stituita una servitù (nemini res sua servit). D’altra parte, il
condominio di edif‌ici sorge ipso iure et facto, senza bisogno
di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni,
nel momento in cui l’originario costruttore di un edif‌icio
diviso per piani o porzioni di piano aliena a terzi la prima
unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma
e separata, cosi perdendo, in quello stesso momento, la
qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle
cose e dei servizi comuni dell’edif‌icio, tra i quali rientra, in
mancanza di titolo diverso, il pozzo luce; ne consegue che,
una volta costituito il condominio, l’originario costruttore
non può disporre come proprietario unico di detti beni, di-
venuti comuni, tra gli aventi causa successivi titolari delle
unità immobiliari create con il frazionamento dell’edif‌icio
(Cass., sez. II, 4 ottobre 2004, n. 19829).
3. - Il ricorso è rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo gli
intimati svolto attività difensiva in questa sede. (Omis-
sis)
coRte di cassazione penale
sez. vi, 28 luglio 2014, n. 33227
(ud. 2 apRile 2014)
pRes. ippolito – est. leo – p.m. iacoviello (diff.) – Ric. a.R.
Mancata esecuzione dolosa di un provvedimen-
to del giudice y Elemento oggettivo y Condotta
elusiva y Elusione di un provvedimento cautelare y
Sospensione di delibera di assemblea condominiale
y Adozione di delibera successiva con il medesimo
oggetto, emendata dei vizi originari y Sua esecu-
zione prima che sia disposta la revoca giudiziale
della sospensiva o la cessazione della materia del
contendere y Conf‌igurabilità del reato y Sussisten-
za.
. Qualora il giudice abbia sospeso l’esecuzione di una
delibera dell’assemblea condominiale, della quale
sia contestata nel merito la legittimità, è illecito ogni
comportamento elusivo della sospensione e, dunque, è
illecita l’esecuzione di una delibera successiva con il
medesimo oggetto, ancorché asseritamente emendata
dei vizi originari, prima che sia disposta la revoca giu-
diziale della sospensiva o, comunque, stabilita la ces-
sazione della materia del contendere. (Mass. Redaz.)
(c.c., art. 1129; c.c., art. 1130; c.c., art. 2377; c.p. art.
388) (1)
(1) Nel senso che il reato di mancata esecuzione dolosa di
un provvedimento del giudice sussiste anche nel caso in cui
il comportamento elusivo sia stato posto in essere in relazio-
ne ad un provvedimento cautelare successivamente divenuto
ineff‌icace ai sensi dell’art. 669 novies c.p.c., in quanto oggetto
della tutela è l’autorità della decisione giudiziaria, cfr. la citata

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT