Corte di cassazione penale sez. II, 28 marzo 2014, n. 14600 (ud. 12 marzo 2014)

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giur
Rivista penale 12/2014
LEGITTIMITÀ
l’azione penale (art. 129/3 disp. att. c.p.p.) e relativamente
ai quali, l’art. 17 L. 141/2009 (così come modif‌icato dalla L.
102/2009), dispone che «A tale ultimo f‌ine (ndr: cioè al f‌ine
dell’esercizio dell’azione penale del Procuratore presso la
Corte dei Conti), il decorso del termine di prescrizione di
cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994,
n. 20, è sospeso f‌ino alla conclusione del procedimento
penale». Quindi, secondo la suddetta interpretazione, si
determinerebbe un doppio binario: per la sola ristretta
categoria dei reati previsti «nel capo I del titolo II del li-
bro secondo del codice penale» (art. 314 ss. c.p.), l’azione
risarcitoria per il danno all’immagine non potrebbe essere
promossa prima che la sentenza penale passi in giudicato
(così come stabilisce l’art. 17/30 ter L. 102/2009), mentre,
per tutti gli altri reati, l’iniziativa risarcitoria f‌inalizzata
ad ottenere il danno all’immagine sarebbe rimessa alla
discrezionalità dei Procuratori presso la Corte dei Conti.
Resta, però, da capire, il motivo per cui il legislatore - ove
davvero avesse voluto rendere possibile l’azione di re-
sponsabilità per danno all’immagine per tutti reati che
cagionino alla P.A. un danno all’erario - abbia effettuato,
all’art. 17 L. 141/2009 un contorto rinvio agli artt. 7 della L.
97/2001 e 129 disp. att. c.p.p., laddove sarebbe stato molto
più semplice un rinvio tout court all’art. 129 disp. att. c.p.p.
È, perciò, già suff‌iciente rif‌lettere su questa palese incon-
gruenza, per avvedersi della irrazionale torsione ermeneu-
tica cui vengono sottoposte le norme in questione al f‌ine
di approdare ad un esito interpretativo contrario al chiaro
disposto normativo che è stato dichiarato legittimo costitu-
zionalmente dal Giudice delle Leggi. In realtà, il punto di
partenza per una piana e coordinata lettura di tutto il com-
plesso coacervo delle suddette norme, non può che essere
l’indiscutibile dato normativo secondo il quale la Pubblica
Amministrazione è legittimata a chiedere il risarcimento
per il danno all’immagine solo ed esclusivamente per la ri-
stretta categoria dei reati previsti «nel capo I del titolo II
del libro secondo del codice penale».
L’art. 129 disp. att. c.p.p. non inf‌luisce in alcun modo
sulla problematica in esame, limitandosi solo a prevedere
l’obbligo per il Pubblico Ministero di informare il Procu-
ratore Generale presso la Corte dei Conti che è stata ini-
ziata un’azione penale contro il pubblico dipendente che
abbia cagionato un danno erariale. Ma, le Procure della
Corte dei Conti sono vincolate, per l’esercizio dell’azione
risarcitoria per il danno all’immagine (che null’altro è
che una particolare species del genus del danno erariale)
alla speciale normativa di settore: con il che si ritorna al
combinato disposto degli artt. 17 L. 141/2009 e 7 L. 97/2001
che, in modo chiaro: a) la limita solo ad una determinata
categoria di reati; b) stabilisce che può essere esercitata,
a pena di nullità, solo dopo il passaggio in giudicato della
sentenza di condanna; c) prevede che il decorso del ter-
mine di prescrizione è sospeso f‌ino alla conclusione del
procedimento penale.
7. In conclusione, alla stregua di quanto argomentato,
l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio (la secon-
da doglianza di cui al § 2.2. della presente parte narrativa
resta, ovviamente, assorbita) sulla base del seguente prin-
cipio di diritto: «la Pubblica Amministrazione può chiede-
re il risarcimento del danno all’immagine al proprio dipen-
dente nei soli casi in cui questi sia stato condannato, con
sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti nel
capo I del titolo II del libro secondo del codice penale. Di
conseguenza, poiché il reato di truffa di cui all’art. 640/2 e
61 n. 9 c.p. non rientra nella suddetta categoria di reati, è
illegittimo il sequestro conservativo chiesto dalla Pubblica
Amministrazione (nella specie Provincia) esclusivamente
sotto il prof‌ilo del danno all’immagine nei confronti del
proprio dipendente che si sia reso colpevole del suddetto
reato». (Omissis)
Corte di CAssAzione penAle
sez. ii, 28 mArzo 2014, n. 14600
(ud. 12 mArzo 2014)
pres. esposito – est. rAgo – p.m. gAlli (Conf.) – riC. ber bAnCA s.p.A.
Misure cautelari reali y Sequestro preventivo y
Oggetto y Somme di denaro costituenti il prezzo o il
prof‌itto del reato y Valore nominale corrisponden-
te y Ammissibilità y Fattispecie in tema di reato di
“market abuse”.
. Il sequestro preventivo f‌inalizzato alla conf‌isca di-
retta del denaro, costituente il prof‌itto del reato, può
colpire sia la somma che si identif‌ica proprio in quella
che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa sia
la somma corrispondente al valore nominale, ovunque
sia stata rinvenuta e comunque sia stata investita.
(Fattispecie relativa al sequestro preventivo di denaro,
titoli, valori, beni mobili, immobili ed altre utilità nella
disponibilità di una banca, corrispondenti al prezzo
del reato di “market abuse”, commesso dai legali rap-
presentati della banca medesima). (c.p., art. 240; c.p.,
art. 322 ter; c.p.p., art. 321; d.l.vo 24 febbraio 1998, n.
58, art. 187) (1)
(1) Conformemente, v. Cass. pen., sez. un., 9 luglio 2004, n. 29951,
in questa Rivista 2005, 365 e Cass. pen., sez. VI, 29 maggio 2003, n.
23773, ivi 2004, 676. Si veda, inoltre, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio
2013, n. 1261, ivi 2014, 537, secondo cui “Qualora il prof‌itto tratto
da taluno dei reati per i quali è prevista la conf‌isca per equivalente
sia costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo non è
subordinata alla verif‌ica che le somme provengano dal delitto e siano
conf‌luite nella effettiva disponibilità dell’indagato, in quanto il de-
naro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corri-
sponde per valore al prezzo o al prof‌itto del reato, non sussistendo
alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da conf‌iscare”.
svolgimento del proCesso
1. Con ordinanza del 29 giugno 2012, il Tribunale di
Bologna, adito ai sensi degli artt. 322 e 324 c.p.p., in acco-
glimento dell’istanza di riesame presentata nell’interesse
del Banco Emiliano Romagnolo S.p.a., (BER), annullò il
decreto del 4/05/2012, integrato con provvedimento del 18
maggio 2012, con il quale il Giudice per le indagini preli-
minari dello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro
preventivo per equivalente di somme di denaro, titoli e

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