Corte di cassazione penale sez. II, 28 marzo 2014, n. 14605 (c.c. 12 marzo 2014)

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giur
Rivista penale 12/2014
LEGITTIMITÀ
Cassazione è una condanna in appello per aver dichiarato
falsamente che un’area in ZPS fosse priva di vincoli ai f‌ini
del condono di alcuni illeciti urbanistici. Appare evidente
dunque che la formulazione “area naturale protetta” sia
utilizzata dalla Corte non nel senso dichiarato dalla l.
394/1991, ma nel senso più ampio di “area sottoposta a
vincoli di natura paesaggistica ed ambientale”.
Dalla sentenza pertanto non si può assolutamente
dedurre che alle zone SIC, ZPS e ZSC siano applicabili le
sanzioni penali ex art. 30 della l. 394/1991. La sentenza
14950 del 1 aprile 2014, invece, riguarda il ricorso in Cas-
sazione alla sentenza di condanna in appello per aver
introdotto armi in una ZPS in violazione del reato di cui
al combinato disposto dagli artt. 11 comma 3 lett. f) e 30
comma 1 della L. 394/97. Per motivare la propria decisione
di rigetto, la Corte afferma che le ZPS e le ZSC sono da
considerarsi aree naturali protette in virtù della integra-
zione effettuata dalla deliberazione del 2 dicembre 1996
del Comitato per le aree naturali protette nell’esercizio
delle funzioni previste dall’art. 3 comma 4 lett. a) della
L. 394/1991. La Corte afferma altresì che il contenuto di
tale deliberazione è tuttora eff‌icace in quanto il D.M. 25
marzo 2005 di annullamento della stessa non è produttivo
di effetti giuridici in virtù dell’ordinanza di sospensione
del TAR Lazio del 24 novembre 2005 n. 6856, confermata
dal Consiglio di Stato. Da ciò la Corte deduce che l’art.
30 della l. 394/1991, il quale prevede sanzioni penali ed
amministrative, si applica anche alle SIC, ZSC e ZPS.
L’orientamento della Corte dunque resta immutato
rispetto alla decisione del 2003. Appare dunque evidente
che non è stato tenuto in considerazione quanto espresso
dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2885/2012 sopra
richiamata; né è stato rilevato che la sospensione del TAR
Lazio è venuta meno essendosi il ricorso def‌inito con una
sentenza di improcedibilità.
6. Conclusioni
Allo stato attuale l’orientamento della Corte si poggia
pertanto su un dato non più attuale: come sopra eviden-
ziato, l’eff‌icacia delle ordinanze di sospensione del TAR
Lazio è venuta meno.
Per evitare un grave vulnus di giustizia, si ritiene
dunque che l’orientamento della Corte sull’applicabilità
dell’art. 30 della l. 394/1991 alle predette zone dovrebbe
essere modif‌icato, o quanto meno motivato con altre argo-
mentazioni che non siano quelle espresse nella sentenza
sopra richiamata.
De iure condito, non si ritiene che vi siano margini
normativi da cui poter dedurre l’estensione della tutela
penale dei parchi e delle riserve naturali anche alle aree
protette dal D.P.R. 357/1997.
È evidente invece che tale tutela, secondo il combinato
disposto dall’art. 117 c. 2 Cost, alle lett. s) ed l), che as-
segnano la tutela dell’ambiente e l’ordinamento penale
alla legislazione esclusiva statale, non può che passare at-
traverso una norma dello Stato.
Corte di CAssAzione penAle
sez. ii, 28 mArzo 2014, n. 14605
(C.C. 12 mArzo 2014)
pres. esposito – est. rAgo – p.m. gAlli (Conf.) – riC. del toso
Parte civile y Danni y Diritto al risarcimento y
Amministrazione pubblica ed enti pubblici y Reati
commessi da dipendenti pubblici y Danno all’imma-
gine della P.A. y Risarcibilità y Limiti y Fattispecie in
tema di truffa aggravata.
. La P.A. può chiedere il risarcimento del danno all’im-
magine al proprio dipendente nei soli casi in cui que-
sti venga condannato per uno dei delitti dei pubblici
uff‌iciali contro la P.A. previsti nel capo I del titolo II del
libro secondo del codice penale. (In applicazione del
principio, la Corte ha annullato il provvedimento che
aveva disposto il sequestro conservativo a tutela del
diritto vantato da una Provincia, costituita parte civile,
al risarcimento del danno all’immagine provocato da
un proprio dipendente, imputato per il reato di truffa
aggravata). (c.p., art. 185; c.p.p., art. 74; c.p.p., art. 535;
d.l. 1 luglio 2009, n. 78, art. 17; l. 27 marzo 2001, n. 97,
art. 7) (1)
(1) Nel medesimo senso si esprimono Cass. pen., sez. III, 4 febbraio
2014, n. 5481, in Ius&Lex dvd n. 6/2014, ed. La Tribuna e Cass. pen.,
sez. fer., 29 agosto 2013, n. 35729, ibidem, quest’ultima con riferimen-
to alla costituzione di parte civile dell’Agenzia delle entrate.
svolgimento del proCesso
1. Con ordinanza del 4 ottobre 2013, il Tribunale del
riesame di Pordenone confermò il decreto con il quale il
giudice monocratico della medesima città, in accoglimento
dell’istanza proposta dalla parte civile Provincia di Porde-
none, aveva ordinato il sequestro conservativo di un quinto
dello stipendio netto mensile, f‌ino alla concorrenza di €
20.000,00, dovuto alla suddetta Provincia da Del Toso Michel
imputato per il reato di truffa aggravata, per i danni non pa-
trimoniali ed in particolare per il danno all’immagine.
2. Avverso la suddetta ordinanza, l’imputato, a mezzo
del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione
deducendo i seguenti motivi:
2.1. Carenza del presupposto per la risarcibilità del
danno all’immagine in quanto il reato di truffa non è com-
preso tra quelli contro la pubblica amministrazione (art.
314 ss. c.p.) secondo l’interpretazione data dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 355/2010. Errata, poi, do-
veva ritenersi anche la decisione impugnata nella parte in
cui aveva ritenuto che, comunque, la questione per quali
reati fosse ammissibile il danno all’immagine, sarebbe
stata superata dalla legge 190/2012 la quale, all’art. 1/62,
aveva stabilito che «nel giudizio di responsabilità, l’entità
del danno all’immagine della pubblica amministrazione
derivante dalla commissione di un reato contro la stessa
pubblica amministrazione accertato con sentenza passata
in giudicato si presume [....]»: quindi, danno derivante
da qualsiasi reato in cui la P.A. sia parte offesa e non più
solamente i reati di cui agli artt. 314 ss. c.p. Secondo il

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