Corte di cassazione penale sez. IV, 7 ottobre 2014, n. 41774 (ud. 20 giugno 2014)

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giur
Rivista penale 12/2014
LEGITTIMITÀ
prevista dal T.U.A.: il ricorrente, infatti, evoca così, quale
causa della buona fede, un fatto negativo e cioè la mancata
rilevazione, da parte degli organi di vigilanza e controllo,
di irregolarità da sanare, ciò che non può mai assurgere a
elemento idoneo a concretizzare la buona fede dell’agente
(v., in termini: sez. III, n. 11170 del 3 ottobre 1984 - dep. 18
dicembre 1984, Borchietto, Rv. 167115).
Deve, quindi, essere affermato il seguente principio di
diritto:
«In materia contravvenzionale la buona fede del tra-
sgressore può costituire causa di esclusione della re-
sponsabilità penale soltanto qualora il comportamento
antigiuridico sia stato determinato da un fatto positivo
dell’autorità amministrativa, idoneo a produrre uno scu-
sabile convincimento di liceità della condotta posta in es-
sere (nella specie, relativa alla violazione della normativa
sui rif‌iuti, il ricorrente invece prospettava, quale causa
della buona fede, un fatto negativo e cioè la mancata ri-
levazione, da parte degli organi di vigilanza e controllo, di
irregolarità da sanare)».
5.5. L’ultimo dei prof‌ili di doglianza secondo cui non si
sarebbe in presenza né di una gestione non autorizzata di
rif‌iuti né di un deposito incontrollato è parimenti inam-
missibile. Ancora una volta, infatti, il ricorrente non tiene
conto dell’apparato argomentativo della sentenza impu-
gnata che, in relazione alla condotta oggetto di contesta-
zione, ritiene chiaramente conf‌igurabile il reato di inosser-
vanza delle prescrizioni autorizzative. È, dunque, evidente
come del tutto distonica si presenti la censura difensiva
in cui, invece, si sostiene che non sarebbe ipotizzabile,
nel caso in esame, una gestione non autorizzata di rif‌iuti
(in generale) o un deposito incontrollato (in particolare),
atteso che quella accertata dai giudici di merito era stata
correttamente qualif‌icata ai sensi dell’art. 256, comma
quarto, T.U.A., in presenza delle palmari inosservanze
delle prescrizioni dell’autorizzazione dianzi descritte.
Anche il riferimento ad un documento (lettera redatta dal
dirigente polizia locale del comune di Limbiate 20 gennaio
2011), si noti, qualif‌ica la censura come di natura fattuale,
richiedendosi a questa Corte di svolgere una valutazione
sul merito del contenuto dell’atto evocato, operazione non
consentita in questa sede di legittimità.
Deve, in ogni caso, essere ribadito che gli accertamen-
ti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti
(giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito
sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da
adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici,
sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono es-
sere investiti dalla censura di difetto, manifesta illogicità
o contraddittorietà della motivazione solo perchè con-
trari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le do-
glianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’art.
606 c.p.p., non rientrano quelle relative alla valutazione
delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti
testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed inter-
pretazioni, l’indagine sull’attendibilità dei testimoni e
sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della
congruità e logicità della motivazione, nel caso di specie
agevolmente superato (sez. IV, n. 87 del 27 settembre 1989
- dep. 11 gennaio 1990, Bianchesi, Rv. 182961).
6. Il ricorso dev’essere, conclusivamente, dichiarato
inammissibile.
Alla dichiarazione d’inammissibilità segue, pertanto,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese pro-
cessuali ed al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, non emergendo ragioni di esonero, somma che
si stima equo f‌issare, in euro 1.000,00 (mille/00).
7. Solo per completezza, dev’essere precisato che il
termine di prescrizione del reato non risulta alla data
odierna spirato.
Ed infatti, il termine di prescrizione massima decorre-
rà in data 31 agosto 2014, termine chiaramente successivo
alla pronuncia della sentenza di questa Corte.
In ogni caso, si osserva, l’intervenuta declaratoria di
inammissibilità del ricorso, non consentirebbe comunque
a questa Corte di dichiarare le cause di non punibilità ex
art. 129 c.p.p., atteso che - come autorevolmente sostenuto
dalle Sezioni Unite di questa Corte -, l’inammissibilità del
ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 c.p.p. (sez. un., n. 32 del 22 novembre 2000 -
dep. 21 dicembre 2000, De Luca, Rv. 217266).
Nella specie, infatti, la prescrizione del reato matura
comunque successivamente alla sentenza impugnata con
il ricorso (29 novembre 2013). (Omissis)
Corte di CAssAzione penAle
sez. iv, 7 ottobre 2014, n. 41774
(ud. 20 giugno 2014)
pres. sirenA – est. dovere – p.m. CedrAngolo (diff.) – riC. serigne
falsità personale y Falsa attestazione o dichiara-
zione a pubblico uff‌iciale sulla identità o su qualità
personali y Molteplici e diverse dichiarazioni in or-
dine alle proprie generalità y Responsabilità penale
ex art. 495 c.p y Sussistenza y Esclusione.
. In tema di false attestazioni o dichiarazioni sulla pro-
pria identità personale, (art. 495 c.p.), qualora sia stato
addebitato all’imputato di aver fornito false generalità
in una determinata occasione, non può affermarsi la
sua penale responsabilità sulla sola base del fatto che,
in precedenti occasioni, egli abbia fornito generalità
ogni volta diverse. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 495) (1)
(1) In senso difforme si esprime Cass. pen., sez. V, 27 settembre 2010,
n. 34894, in Ius&Lex dvd n. 6/2014, ed. La Tribuna, che sostiene l’inte-
grazione del reato di cui all’art. 495 c.p. per l’ipotesi in commento,
ovvero quando per le molteplici dichiarazioni, tutte tra loro contra-
stanti, sia impossibile ricostruire la vera identità dell’imputato.
svolgimento del proCesso
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appel-
lo di Torino ha confermato la sentenza pronunciata dalla

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