Corte di cassazione penale sez. II, 23 luglio 2013, n. 31950 (c.c. 3 luglio 2013)

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giur
9/2014 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
3.3 -Conseguono l’annullamento della sentenza impu-
gnata in ordine alla def‌inizione giuridica del fatto commes-
so (fermo nell’an - nei termini da def‌inirsi - l’accertamento
della penale responsabilità per effetto della progressiva
formazione del giudicato, sul punto, ai sensi dell’articolo
624, comma l, c.p.p., con l’ulteriore effetto della irrilevanza
della maturazione della prescrizione) e il rinvio per nuovo
giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
(Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. ii, 23 luglio 2013, n. 31950
(c.c. 3 luglio 2013)
pRes. esposito – est. davigo – p.M. viola (paRz. diff.) – Ric. fazzaRi
Prova penale y Sequestri y Corpo del reato y Cose
pertinenti al reato.
Prova penale y Sequestri y Decreto di sequestro y
Motivazione.
. In tema di misure cautelari reali, il sequestro del corpo
del reato (che mira a sottrarre all’indagato la disponibi-
lità delle cose sulle quali, o mediante le quali, il reato è
stato commesso, nonché di quelle che ne costituiscono
il prodotto, il prof‌itto od il prezzo), è obbligatorio, e si
distingue dal sequestro delle cose pertinenti al reato,
che è invece posto a tutela delle esigenze probatorie,
ed è facoltativo. (c.p.p., art. 253)
. Il decreto di sequestro probatorio delle cose che costi-
tuiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di
nullità, dà idonea motivazione in ordine alla sussistenza
della relazione di immediatezza tra la “res” sequestrata
ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla
necessità di esso in funzione dell’accertamento dei
fatti, poiché l’esigenza probatoria del corpo del reato è
“in re ipsa”. (c.p.p., art. 125; c.p.p., art. 253)
svolgiMento del pRocesso
Con decreto del 22 gennaio 2013, il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Roma dispose il seque-
stro probatorio di un assegno bancario, nell’ambito del
procedimento penale a carico di Fazzari Simone e Galloni
Cesare indagati per il reato di appropriazione indebita
perchè “ in concorso tra loro e con persona ignota, si ap-
propriavano indebitamente della somma di euro 21.669,18
che il Galloni riceveva, con assegno INTESA SANPAOLO
nr. 8917998500.09 datato 30 settembre 2010, a titolo di
liquidazione dall’Assicurazione Toro, per conto della sua
cliente Derme Agnese, che gli aveva conferito mandato a
cui non consegnava l’assegno, che invece faceva incassare
da ignota donna sul libbretto postale nr. 35095252 aperto
pressol’Uff‌icio Nomentano; con la recidiva specif‌ica e rei-
terata per Fazzari. Roma 7 ottobre 2010”
Avverso tale provvedimento l’indagato Fazzari Simone
propose istanza di riesame, ma il Tribunale di Roma, con
ordinanza del 18 marzo 2013, la respinse.
Ricorre per cassazione Fazzari Simone deducendo:
1. violazione di legge in quanto il decreto di sequestro
non sarebbe motivato limitandosi ad indicare che l’asse-
gno era corpo di reato; il Tribunale avrebbe dovuto rilevare
tale mancanza di motivazione;
2. mancanza e manifesta illogicità della motivazione
in quanto non si comprenderebbe per quale ragione il
Tribunale ha inteso confermare il sequestro di un assegno
con numero diverso da quello indicato nel capo di impu-
tazione.
Motivi della decisione
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infon-
dato.
L’ordinanza impugnata ha rilevato che il numero del-
l’assegno ha consentito la sua esatta identif‌icazione e che
non hanno rilievo le ulteriori cifre indicate nel provvedi-
mento di sequestro.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Osserva questa Corte di legittimità che è vero che il
Tribunale si è limitato ad affermare che “trattandosi con
tutta evidenza di corpo del reato nessuna motivazione
andava riportata per evidenziare i f‌ini probatori che sono
in re ipsa”, ma ciò ha fatto richiamando Cass. sez. IV n°
8662/010 secondo cui “in tema di sequestro probatorio,
non è richiesta la dimostrazione in relazione alle cose che
costituiscono il corpo di reato, delle necessità del seque-
stro in funzione dell’accertamento dei fatti, poiché l’esi-
genza probatoria del corpus delicti è in re ipsa”.
Orbene, tale principio, aff‌inché sia condivisibile, ha
bisogno di essere integrato con ulteriori considerazioni
idonee a vincere il diverso, assolutamente prevalente,
orientamento di questa Corte che, partendo da sez. un.
28 gennaio 2004 n° 5876 (riv. 226711), ha ripetutamente
affermato che “anche per le cose che costituiscono corpo
di reato il decreto di sequestro ai f‌ini di prova deve essere
sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine
al presupposto della f‌inalità perseguita, in concreto, per
l’accertamento dei fatti” (cfr. Cass. sez. III, 6 marzo 2013
n° 13044, riv. 255116; sez. II, 13 luglio 2012 n° 32941, riv.
253658; sez. V, 7 ottobre 2010 n° 1769/11, riv. 249740).
L’art. 245 del codice di rito stabilisce al primo comma
che “l’Autorità Giudiziaria dispone con decreto motivato
il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al
reato necessarie per l’accertamento dei fatti”. Il secondo
comma stabilisce, invece, che “sono corpo del reato le cose
sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso
nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il prof‌itto
o il prezzo”.
Già dal testo letterale della legge, risulta, anche da
un punto di vista grammaticale, che, in tema di seque-
stro probatorio, “necessarie per l’accertamento dei fatti”,
sono solo le cose pertinenti al reato; in tal caso, solo se
ed in quanto necessarie a f‌ini probatori, determinate cose
potranno essere qualif‌icate “come pertinenti al reato” e,
dunque, essere oggetto del provvedimento di sequestro.
Dette valutazioni non sono, al contrario, richieste per il
“corpo del reato”, e, quindi, per le cose individuate dal le-

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