Corte di cassazione penale sez. I, 14 maggio 2014, n. 20004 (ud. 9 aprile 2014)

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giur
Rivista penale 9/2014
LEGITTIMITÀ
essa, in modo che, sul piano dell’effettività sanzionatoria,
l’aggravante risulti tamquam non esset (sez. un., n. 17 del
18 giugno 1991, Grassi, Rv. 187856; sez. I, n. 2303 del 21
maggio 1992, Castellano, Rv.192017; sez. I, n. 43019 del 14
ottobre 2008, P.M. in proc. Buccini, Rv. 241831, in mate-
ria di indulto). Il provvedimento impugnato si fonda su
un’erronea interpretazione della legge penale, laddove ha
ritenuto che il giudizio di equivalenza tra la recidiva e le
circostanze attenuanti generiche non abbia determinato
un’applicazione della recidiva stessa, rigettando sulla base
di tale erronea argomentazione la doglianza concernente
l’operatività dell’aggravante (sez. III, n. 431 del 28 settem-
bre 2011, dep. 11 gennaio 2012, Guerreschi, Rv. 251883;
sez. I, n. 8038 del 18 gennaio 2011, PM in proc. Santoro,
Rv. 249843).
7.7. La Corte territoriale ha, dunque, omesso di fornire
congrua risposta al motivo di appello concernente l’esclu-
sione della recidiva. Considerato che la questione prevede
una valutazione discrezionale, la sentenza impugnata
dovrà essere annullata con rinvio alla Corte di Appello
di Roma perchè prenda in esame la domanda e fornisca
corretta motivazione in proposito.
8. Il secondo motivo di ricorso di Capogna Alessio è
infondato.
8.1. Secondo quanto si evince a pag. 62 della sentenza
impugnata, la Corte territoriale ha escluso l’applicabilità
dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/90
in ragione della pluralità e della non occasionalità delle
condotte, commesse in concorso di persone.
8.2. Il ricorrente lamenta l’omesso esame dei quanti-
tativi non elevati di sostanza, onde desumerne la limitata
offensività della condotta. Vale in proposito richiamare il
principio già enunciato al punto 4.1.
9. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve es-
sere annullata limitatamente al diniego del motivo di ap-
pello concernente l’operatività della recidiva nei confronti
di Ruggiero Vincenzo, con rinvio alla Corte di Appello di
Roma per nuovo esame.
9.1. Il ricorso proposto da Ruggiero Vincenzo deve essere,
nel resto, rigettato; all’integrale rigetto del ricorso proposto
da Tosoni Adriano, Ruggiero Simone e Capogna Alessio se-
gue la condanna dei ricorrenti, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. i, 14 Maggio 2014, n. 20004
(ud. 9 apRile 2014)
pRes. coRtese – est. vecchio – p.M. lettieRi (diff.) – Ric. lucaRelli
Abitualità e professionalità nel reato y Di-
chiarazione di abitualità y Sentenze pregresse di
applicazione della pena su richiesta delle parti y
Rilevanza.
. Ai f‌ini della dichiarazione di abitualità nel reato previ-
sta dall’art. 103 c. p., il giudice deve tenere conto anche
delle pregresse sentenze di applicazione della pena su
richiesta. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 103; c.p.p., art. 444;
c.p.p., art. 445) (1)
(1) Sul tema, contrastanti sono gli orientamenti giurisprudenziali:
nello stesso senso della pronuncia in epigrafe si veda Cass. pen., sez.
II, 9 novembre 2005, n. 40813, in questa Rivista 2006, 1233. In senso
difforme si noti Cass. pen., sez. V, 22 giugno 2004, n. 27994, ivi 2005,
610 che statuisce l’assoluta incompatibilità tra la dichiarazione di
abitualità e la pronuncia della sentenza di applicazione della pena
su richiesta. Più recentemente inoltre, anche Cass. pen., sez. I, 16
giugno 2011, n. 24142, ivi 2012, 907, si è espressa in tal senso, facendo
propria quest’ultima pronuncia e rimarcando che “Ai f‌ini della di-
chiarazione di abitualità nel reato ex art. 103 c.p., non è consentito
tenere conto di una sentenza di applicazione di pena concordata non
superiore a due anni di pena detentiva.”
svolgiMento del pRocesso e Motivi della decisione
l. -Con ordinanza, deliberata il 29 aprile 2013 e deposita-
ta il 31 maggio 2013 il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha
confermato la ordinanza del Magistrato di sorveglianza di
quella sede, 29 novembre 2012, di applicazione della misura
di sicurezza della libertà vigilata (previa contestuale dichia-
razione di delinquenza abituale) a carico dell’appellante
Carmine Lucarelli, soprannominato U Selvaggio 2, motivan-
do: costui ha riportato «oltre due condanne per delitti non
colposi»; col presupposto di legge concorre l’apprezzamento
della pericolosità del prevenuto, comprovata dal procedi-
mento pendente a suo carico e dalla negativa informativa
inviata dai Carabinieri della Stazione di Caivano.
2. -Ricorre per cassazione il vigilato, personalmente,
mediante atto s.d., depositato il 6 luglio 2013, col quale
dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’arti-
colo 606, comma l, lettere b), c) ed e), c.p.p. inosservanza
o erronea applicazione della legge penale o di altre norme
di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge
penale, in relazione agli articoli 103 e 133 c.p.; inosser-
vanza di norme processuali, in relazione agli articoli 444 e
445 c.p.p., nonché mancanza, contraddittorietà e manife-
sta illogicità della motivazione.
Il ricorrente deduce: difetta il presupposto di legge mini-
mo per la dichiarazione della delinquenza abituale, costitui-
to da concorso di almeno tre condanne; infatti una delle tre
sentenze a carico è stata emessa col rito della applicazione
della pena su richiesta; e, pertanto, sulla base del principio
affermato dalla giurisprudenza di legittimità non costituisce
titolo per l’applicazione della misura di sicurezza.
Aggiunge, inf‌ine, il ricorrente: i precedenti penali sono
tutti remoti, risalendo a circa tredici anni fa; sicché non
suffragano la prognosi di attualità della pericolosità.
3. -Il procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte, con atto recante la data del 4 dicembre 2013,
rileva ad adiuvandum: la seconda, in ordine cronologico,
delle tre sentenze a carico del ricorrente è una «sentenza
di patteggiamento»; alla sentenza di applicazione della
pena su richiesta non può conseguire, ai sensi dell’articolo
445 c.p.p., alcuna misura di sicurezza personale; inoltre la
dichiarazione di delinquenza abituale esige la discrezio-
nale valutazione dei fattori indicati nell’articolo 103 c.p.
che «è impossibile svolgere sulla base di una sentenza di
patteggiamento».

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