Corte Di Cassazione Civile Sez. III, Ord. 23 Marzo 2017, N. 7430

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giur
6/2017 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
(10) Nei quali casi il giudizio si esaurirà in una fase che approda ad
una sentenza di riforma di quella impugnata che trae origine da motivi di
rito riguardanti il primo grado del giudizio e con la quale appunto le parti
vengono rimesse dinanzi al primo giudice avanti al quale il processo deve
essere riassunto nel termine di sei mesi dalla notif‌icazione della stessa
sentenza. Si noti che la regola della tassatività si desume dallo stesso
disposto di cui all’art. 354, comma 1, c.p.c., laddove risulta stabilito che
- al di fuori delle fattispecie previste dall’articolo precedente e di altre
indicate nella stessa norma - il giudice del gravame non può “rimettere
la causa al primo giudice”, onde il giudice di appello dovrà procedere alla
decisione della causa perf‌ino nei casi in cui il primo giudice abbia del
tutto omesso di decidere sul merito della controversia, emettendo, ad
esempio, una pronuncia di mero rito: cfr., ad es., Cass. 13 maggio 1985, n.
2987; Cass. 26 febbraio 1994, n. 1965 e Cass. 14 novembre 2001, n. 14179.
(11) V. Cass. 27 aprile 1994, n. 3977, cit.
(12) Peraltro Cass. 22 settembre 2014, n. 19865 ha statuito che il
giudice investito dell’appello contro un’ordinanza (nella specie, per
convalida di sfratto) qualif‌icata dall’appellante come sentenza (nella
specie, per difetto di un presupposto legale) può dichiarare ammissibile
il gravame per una ragione diversa, senza incorrere in ultrapetizione, at-
teso che le condizioni di ammissibilità dell’impugnazione devono essere
apprezzate dal giudice d’uff‌icio.
(13) La giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 8 novembre 2007,
n. 23302) ha, in particolare, precisato che l’ordinanza di convalida – al
pari della sentenza di risoluzione pronunciata per qualsiasi ragione nei
confronti del conduttore – è suscettibile di passare in cosa giudicata ed
è idonea ad esplicare i suoi effetti anche nei riguardi del subcondutto-
re, pur se sia rimasto estraneo al giudizio e, quindi, non menzionato nel
titolo esecutivo, con la conseguenza che nei suoi confronti può legitti-
mamente spiegarsi anche l’eff‌icacia esecutiva di detto titolo ai f‌ini del
rilascio forzato in base al principio resolutio jure dantis resolvitur et jus
accipientis.
(14) Cfr. Cass. 21 gennaio 1987, n. 525; Cass. 23 maggio 1990, n. 4646; Cass.
15 maggio 1995, n. 5308 e, da ultimo, Cass. 2 febbraio 2015, n. 1814 (ord.).
(15) Per opinione essenzialmente consolidata l’argomento utilizzato
della prevalenza della sostanza sulla forma implica che il regime di impu-
gnabilità di un provvedimento va dedotto non già dalla forma che esso ha
rivestito, ma da quella che avrebbe dovuto assumere se essa fosse stata
congruamente determinata in dipendenza della sostanza della decisione;
da ciò si inferisce che, se è vero che l’ordinanza di convalida intanto può
essere adottata in quanto sussistano tutte le condizioni stabilite dalla
legge (dovendo, diversamente, il procedimento transitare dalla fase
speciale a quella ordinaria e concludersi con sentenza), quando sia pro-
nunciata in difetto di alcuna di quelle condizioni, essa non può che iden-
tif‌icarsi con la sentenza conclusiva di quel giudizio che avrebbe dovuto,
appunto, essere emessa nel rispetto della legge.
(16) Cfr., ancora, Cass. 11 gennaio 2001, n. 332, e Cass. 15 giugno
2004, n. 11298.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, ORD. 23 MARZO 2017, N. 7430
PRES. CHIARINI – EST. SCODITTI – RIC. C. C. P.
Procedimenti sommari y Convalida y Opposizio-
ne y Effetti y Instaurazione di nuovo ed autonomo
giudizio a cognizione piena y Pagamento dei canoni
pregressi non dedotti nell’intimazione di sfratto y
Domanda formulata dal locatore con la memoria ex
art 426 c.p.c. y Ammissibilità.
. Nel procedimento per convalida di sfratto, l’opposizio-
ne dell’intimato ai sensi dell’art. 665, c.p.c., determina la
conclusione di un procedimento a carattere sommario e
l’instaurazione di uno, nuovo ed autonomo, a cognizione
piena, sicché è consentito al locatore, con la memoria ex
art. 426 c.p.c., domandare il pagamento dei canoni pre-
gressi non dedotti nell’intimazione di sfratto per morosi-
tà. (Mass. Redaz.) (c.p.c., art. 426; c.p.c., art. 665)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. C.S. intimò innanzi al Tribunale di Torino - sezione
distaccata di Susa lo sfratto per morosità, in relazione a
locazione ad uso diverso da quello abitativo, per il manca-
to pagamento dei canoni a partire dal (omissis) per Euro
12.600,00 oltre IVA, nei confronti sia di T.M., originaria
conduttrice, sia di P.D., cui era stato ceduto il contratto
di locazione con la cessione dell’azienda. Quest’ultimo op-
pose l’esistenza di accordo verbale stipulato nel (omissis)
di riduzione del canone mensile a Euro 1.000,00 per dimi-
nuzione dei locali locati a decorrere dal (omissis) e pro-
pose domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.
Emessa ordinanza di rilascio dell’immobile, e proposta
dall’intimante a seguito del mutamento del rito in sede di
memoria integrativa domanda di condanna al pagamento
della somma di Euro 36.000,00 per canoni pregressi, il Tri-
bunale adito accolse la domanda del locatore, condannan-
do P.D. al pagamento della somma di Euro 36.000,00 oltre
IVA a titolo di canoni di locazione per il periodo (omissis),
e rigettò la domanda riconvenzionale. Avverso detta sen-
tenza proposero appello sia il C. che il P..
2. Con sentenza di data 26 febbraio 2015 la Corte d’ap-
pello di Torino, previa riunione delle cause, rigettò l’appello
proposto da C.S. ed a parziale riforma della sentenza im-
pugnata condannò P.D. al pagamento della somma di Euro
14.000,00 e C.S. alla restituzione in favore del P. della somma
versata a titolo di deposito cauzionale, pari ad Euro 2.160,00.
2.1 Osservò la corte territoriale, con riferimento all’ap-
pello proposto dal locatore, che era onere di quest’ultimo
provare di non avere liberato la cedente T.M. ai sensi della
L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 36 e che non solo non vi era
stata alcuna opposizione alla cessione per gravi motivi
ma anche era mancata la prova della dichiarazione non
liberatoria. Passando all’appello proposto dal P., osservò
la corte che la domanda di condanna al pagamento propo-
sta in sede di memoria integrativa dopo il mutamento del
rito, in quanto non relativa ai canoni a scadere ma ad ina-
dempimenti antecedenti al (omissis) (non dedotti tem-
pestivamente ed anzi implicitamente ammessi come non
avvenuti), era inammissibile perchè nuova e che in ogni
caso parte convenuta aveva provato il pagamento median-
te estratti di conti bancari e relativi bonif‌ici nonchè fattu-
re quietanzate (che, benchè prive di sottoscrizione, erano
probanti in quanto non disconosciute e emesse dal locato-
re - solitamente dopo il pagamento e non prima -, il quale
non aveva mai chiesto prima della memoria integrativa il
pagamento delle mensilità pregresse). Aggiunse il giudice
di appello che l’accordo verbale opposto dal conduttore,
avente ad oggetto la riduzione del canone in corrispettivo
della diminuita superf‌icie in godimento, era stato provato
mediante testimonianze, ammissibili non essendo previ-
sta per la locazione ad uso non abitativo la forma scritta

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