Corte Di Cassazione Civile Sez. III, 27 Settembre 2016, N. 18991

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giur LEGITTIMITÀ
1/2017 Arch. loc. cond. e imm.
ma, nel silenzio della norma, a pronunziare sulle spese di lite, potendo
il giudice al riguardo provvedere, in base al principio della soccombenza
virtuale, solamente qualora il convenuto viceversa chieda che si proce-
da in assenza dell’attore. Ne consegue che è nulla, in quanto contraria
ai principi informatori della materia e priva di ogni ragionevolezza, la
sentenza contemplante, in difetto della suindicata richiesta da parte del
convenuto, anche la liquidazione di tali spese.
(17) Poiché la condanna alle spese processuali, a norma dell’art.
91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione
patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale
per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto (Cass. civ.
19 agosto 2011, n. 17432 e Cass. civ. 25 settembre 1997, n. 9419).
(18) Va ricordato, in generale, che intanto le spese del processo
estinto sono a carico della parte che le ha anticipate, in quanto fra le par-
ti non sorga contestazione circa il fondamento dell’eccezione di estinzio-
ne del processo; se invece sorga al riguardo contestazione, questa deve
essere decisa con sentenza e non con ordinanza, e quindi per le spese
non è più applicabile il criterio di cui all’art. 310 c.p.c., bensì quello della
soccombenza (cfr. Cass. civ. 30 dicembre 1067, n. 3031).
(19) Questo principio è ritenuto applicabile anche in ordine al pro-
cesso esecutivo: si è affermato (Cass. civ. 25 maggio 2010, n. 12701 e
Cass. civ. 9 maggio 2007, n. 10572), infatti, che le spese del processo ese-
cutivo estinto restano, a norma dell’art. 310 c.p.c., richiamato dall’ultimo
comma dell’art. 632 c.p.c., a carico delle parti che le hanno anticipate, a
meno che non vi sia un diverso accordo tra le stesse al riguardo, ovvero
ricorrano altre ragioni idonee a giustif‌icare una diversa regolamentazio-
ne delle spese, da esplicitarsi in motivazione, non essendo suff‌iciente il
mero richiamo alla richiesta in tal senso di una delle parti.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, 27 SETTEMBRE 2016, N. 18991
PRES. CHIARINI – EST. CARLUCCIO – P.M. CARDINO (CONF.) – RIC. R.S.C. IN
CONCORDATO PREVENTIVO (AVV.TI PAGNI, PANCANI E SPINA) C. M.M. ED ALTRI
(AVV.TI OLIVETTI ED ALTRI)
Canone y Corresponsione y Reiterati pagamenti
tardivi y Tolleranza del locatore y Conseguenze y
Clausola risolutiva espressa prevista dal contratto
di locazione y Inoperatività y Richiamo del debitore
all’esatto adempimento manifestato dal locatore y
Conseguenze y Nuova eff‌icacia della clausola y Sus-
sistenza.
. In riferimento alla clausola risolutiva espressa previ-
sta in un contratto di locazione, la tolleranza del lo-
catore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito
la rende inoperante, ma la clausola riprende la sua ef-
f‌icacia se il creditore, che non intende rinunciare ad
avvalersene, provveda, con una nuova manifestazione
di volontà, a richiamare il debitore all’esatto adempi-
mento delle sue obbligazioni. (Mass. Redaz.) (c.c., art.
1456) (1)
(1) Analogamente si è pronunciata Cass. civ. 14 febbraio 2012, n.
2111, massimata in questa Rivista 2013, 222.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Ai f‌ini che ancora rilevano nel presente giudizio, la
Corte di appello di Firenze (sentenza del 4 giugno 2013)
confermò, correggendo la motivazione, la decisione del pri-
mo giudice, che aveva dichiarato risolto, ex art. 1453 e 1455
c.c., il contratto di locazione di una porzione di immobile
per attività alberghiera, per via della morosità nel paga-
mento dei canoni di locazione, dalla metà dell’agosto 2008
al dicembre 2008, oltre ad altre spese (circa 115.000 euro).
Il giudizio era stato promosso nei confronti della ori-
ginaria conduttrice (R.S.C.) e nei confronti della società
(B.H. s.p.a.) con la quale questa (a metà dicembre 2008)
aveva stipulato un contratto di aff‌itto di azienda. Società,
quest’ultima, cessionaria del contratto di locazione, co-
municato alla locatrice, che non aveva liberato la cedente
dalle sue obbligazioni.
2.Avverso la suddetta sentenza, R.S.C. s.r.l. in concor-
dato preventivo, propone ricorso per cassazione aff‌idato
a tre motivi.
Resiste con controricorso M.M., nella qualità.
B.H. s.p.a., non si difende.
Entrambe le parti depositano memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte di merito, in riferimento all’eccezione di
adempimento da parte del conduttore di aver effettuato
il pagamento dei canoni in contestazione, rilevato che gli
ordini di bonif‌ico indicavano solo “aff‌itto” senza riferimen-
to alla mensilità relativa, e che il creditore, in mancanza
di specif‌ica imputazione da parte del debitore aveva im-
putato i pagamenti a canoni scaduti pregressi rispetto a
quelli in contestazione, in applicazione del criterio legale
di cui all’art. 1193, secondo comma c.c., mentre il debitore
non aveva, come era suo onere, neanche chiesto di provare
che i canoni pregressi cui il creditore aveva imputato i pa-
gamenti erano già stati diversamente estinti, ha ritenuto
l’inadempimento.
1.1. Così decidendo la Corte di merito ha fatto corret-
ta applicazione del principio secondo cui “il creditore che
agisce per il pagamento ha l’onere di provare il titolo del
suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché il
pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incom-
be al debitore che l’eccepisca. L’onere della prova torna
a gravare sul creditore il quale, di fronte alla comprovata
esistenza di un pagamento avente eff‌icacia estintiva, ossia
puntualmente eseguito con riferimento a un determinato
credito, controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad
un credito diverso da quello indicato dal debitore, fermo re-
stando che, in caso di crediti di natura omogenea, la facoltà
del debitore di indicare a quale debito debba imputarsi il
pagamento va esercitata e si consuma all’atto del pagamen-
to stesso, sicché una successiva dichiarazione di imputa-
zione, fatta dal debitore senza l’adesione del creditore, è
giuridicamente ineff‌icace,” (Cass. n. 19527 del 2012)
1.2.La società conduttrice ricorrente censura la statui-
zione con i primi due motivi di ricorso.
Deduce, invocando la violazione dell’art. 1193 c.c., l’o-
messa considerazione da parte del giudice di una “impu-
tazione tacita” dei pagamenti - avvenuti mediante bonif‌ici
con l’indicazione della causale “aff‌itto” senza ulteriore
specif‌icazione - quale si sarebbe potuta dedurre dal di-
verso importo dei canoni per via dell’adeguamento Istat
previsto in contratto.

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