Corte Di Cassazione Civile Sez. III, 21 Gennaio 2016, N. 1050

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giur LEGITTIMITĂ€
4/2016 Arch. loc. cond. e imm.
Secondo la Corte distrettuale nel caso di specie non
sarebbe applicabile, così come era stato richiesto, la
norma di cui all’art. 936 c.c., comma 2, perchè Giovanni
Vedovati non sarebbe terzo rispetto al padre e alla mas-
sa ereditaria, epperò, a prescindere dall’inquadramento
giuridico operato da Giovanni Vedovati il giudice avrebbe
potuto e dovuto individuare la fattispecie astratta nella
quale sussumere la fattispecie concreta. Non vi è dubbio
che tutte le lavorazioni effettuate da Giovanni Vedova-
ti hanno determinato un notevole incremento di valore
del compendio immobiliare dal quale ora a seguito della
morte del padre tutti i fratelli traggono giovamento e,
dunque, sarebbe ingiusto ed iniquo che il solo Giovanni
Vedovati si faccia carico di tutti i costi sopportati per av-
vantaggiare le sorelle.
Dalla prova testimoniale sarebbe poi risultato che i pa-
gamenti dei lavori di cui si dice sarebbero stati effettuati
dallo stesso Giovanni Vedovati.
5.1. - Il motivo è infondato, non solo perchè si risolve
nella richiesta di una rinnovazione di un giudizio di fat-
to, non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel
caso in esame, la valutazione dei dati processuali effettua-
ta dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici o giuri-
dici, ma e/o soprattutto perchè neppure in questa sede il
ricorrente indica le prove, eventualmente non valutate dal
Giudice del merito, idonee a dimostrare, in modo certo,
che tutti i pagamenti per i lavori di miglioramento di cui si
dice erano stati tutti effettuati da Giovanni Battista Vedo-
vati con denaro proprio.
Infatti, come ha avuto modo di chiarire la Corte di-
strettuale (...) già appare palese l’equivocità dei riscontri
testimoniali visto che solo i testi Morotti e Carrara Mario
hanno esplicitamente affermato, secondo la stessa senten-
za impugnata, di aver ricevuto il pagamento direttamente
dalle mani di Giovanni Battista Vedovati in contrasto con
la produzione documentale avversaria (che attesterebbe
la corresponsione delle somme da parte del de cuius, se-
condo il documento 23 delle appellate) il che rende sicu-
ramente insuff‌iciente la prova dell’origine dei pagamenti,
anche per l’interferenza della prescrizione correttamente
applicata dal Tribunale.
In def‌initiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in
ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. con-
dannato al pagamento delle spese del presente giudizio
che vengono liquidate con il dispositivo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, 21 GENNAIO 2016, N. 1050
PRES. SPIRITO – EST. PELLECCHIA – P.M. VELARDI (CONF.) – RIC. ROSSI (AVV.
SACCONE) C. ROLANDO (AVV. PAFUNDI)
Contratto di locazione y Rinnovazione y Diniego
alla prima scadenza y Mancata destinazione dell’im-
mobile all’uso indicato per ottenerne la restituzio-
ne y Sanzioni previste dall’art. 31, L. n. 392/1978, e
dall’art. 3, L. n. 431/1998 y Presupposti y Fattispe-
cie.
. Le sanzioni del ripristino della locazione o del risar-
cimento del danno, previste a carico del locatore che
abbia esercitato il diritto di diniego del rinnovo del
contratto di locazione per una f‌inalità non più realizza-
ta (art. 31 della L. n. 392 del 1978 e art. 3, commi 3 e 5,
della L. n. 431 del 1998), non sono applicabili qualora
la tardiva o mancata destinazione dell’immobile all’u-
so dichiarato siano giustif‌icate da esigenze, ragioni o
situazioni non riconducibili al comportamento doloso
o colposo del locatore stesso. (In applicazione di tale
principio, la S.C. ha ritenuto non imputabile al locato-
re, e quindi non sanzionabile, la mancata esecuzione
dei lavori di ristrutturazione, per i quali era stata eser-
citata la facoltà di diniego del rinnovo, perchè la causa
di tale omissione era addebitabile alla conduttrice, che
aveva instaurato un infondato giudizio di opposizione
al rilascio, conclusosi solo dopo la scadenza del termi-
ne per l’inizio dei lavori stessi, previsto nel permesso di
costruire) . (l. 27 luglio 1978, n. 392, art. 31; l. 9 dicem-
bre 1998, n. 431, art. 3) (1)
(1) Con particolare riferimento all’onere della prova incombente sul
locatore nel caso di mancata tempestiva destinazione dell’immobile
all’uso indicato per ottenerne la restituzione, cfr. Cass. civ., 7 novem-
bre 2014, n. 23794, in questa Rivista 2015, 679.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2009, Adriana Rossi adì il Tribunale di Savona,
sezione Distaccata di Albenga, con ricorso ex art. 447 bis
c.p.c., per ottenere la condanna di Arnaldo Rolando al ri-
sarcimento di cui all’art. 3, commi 3 e 5, della legge 9 di-
cembre 1998, n. 431.
Espose la ricorrente che aveva condotto in locazione
un immobile ad uso abitativo di proprietĂ  del resistente
in forza di contratto stipulato nel 2002 e alla scadenza del
primo quadriennio, il locatore aveva instaurato un giudi-
zio per il rilascio dell’immobile, al f‌ine di eseguire nello
stesso immobile i lavori di ristrutturazione di cui al per-
messo di costruire rilasciato dal Comune di Albenga in
data 8 giugno 2006. Tale giudizio era stato def‌inito con
l’accoglimento della domanda attorea e la condanna al
rilascio dell’immobile locato entro la data del 31 dicem-
bre 2007. Ma la Rossi dopo aver rilasciato l’immobile in
data 14 dicembre 2007 era venuta a conoscenza della cir-
costanza che l’immobile in questione era stato occupato
da altre persone sin dall’inizio del 2008 senza che i lavori
fossero stati eseguiti e che il signor Rolando, dopo aver ri-
chiesto una proroga del permesso di costruire, rif‌iutata dal
Comune, non aveva ulteriormente coltivato tale pratica.
Il Rolando si difese allegando di aver legittimamente
esercitato il diritto di diniego del rinnovo del contratto di
locazione, avendo ottenuto dal Comune di Albenga idonea
autorizzazione per la ristrutturazione dell’immobile locato
ed avendo provveduto a versare gli oneri di urbanizzazione
richiesti. Ma che solo a causa dell’infondata opposizione
della conduttrice non era stato possibile iniziare i lavori

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