Corte di Cassazione Civile sez. II, ord. 26 settembre 2018, n. 22885

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giur
12/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
In particolare si assumono violati l’art. 6 che prescrive,
al primo comma, che il periodo complessivo di guida gior-
naliero non deve superare nove ore; l’art. 7, che prescrive,
al primo comma, che il conducente, dopo un periodo di
guida di quattro ore e mezzo, deve osservare un’interruzio-
ne di almeno 45 minuti, a meno che non inizi un periodo
di riposo; e l’art. 8 che, al primo comma, impone ai condu-
centi periodi di riposo giornalieri e settimanali, previsti
nei commi successivi della norma.
Le disposizioni del regolamento - che sono direttamen-
te applicabili nell’ordinamento interno senza necessità di
trasposizione perseguono una f‌inalità sia di sicurezza dei
trasporti su strada, sia di protezione dei lavoratori addetti
a tale attività.
Occorre poi considerare che l’art 174 del codice della
strada sanziona la violazione delle prescrizioni dei rego-
lamenti comunitari, sia da parte dei conducenti che dei
datori di lavoro, per i quali ultimi peraltro sussiste sia la
responsabilità per fatto proprio (per inadempimento de-
gli obblighi gravanti direttamente sugli stessi), sia quella
solidale per le violazioni commesse dai propri dipendenti.
Insomma, gli obblighi posti a carico del datore di lavoro,
pur f‌inalizzati alla protezione del lavoratore dipendente,
soddisfano indirettamente anche l’esigenza di sicurezza dei
trasporti; analogamente gli obblighi posti a carico dei con-
ducenti, pur miranti alla sicurezza dei trasporti, proteggono
anche l’attività lavorativa dei conducenti medesimi (Cass.
n. 13364/2003 n. 17779/2003 in motivazione; n. 14501/2003).
La diversità delle competenze per i controlli su strada
- e quindi sui conducenti - attribuita agli organi di polizia
e per i controlli nelle imprese - e quindi sui datori di la-
voro - attribuita agli organi ispettivi (fra cui le direzioni
provinciali del lavoro) non importa separazione, ma com-
plementarietà dei due livelli di protezione.
Ciò risulta evidente nell’art. 7, D.L.vo 4 agosto 2008, n.
14 (Attuazione della direttiva 2006/22 CE, sulle norme mi-
nime per l’applicazione dei regolamenti n. 3820/85/CEE e
n. 3821/85/CEE relative a disposizioni in materia sociale
nel settore dei trasporti su strada e che abroga la direttiva
88/599/CEE), il cui comma 6 prevede: «L’Uff‌icio di coordi-
namento sulla base delle informazioni ricevute dal Mini-
stero dell’interno e tenuto anche conto delle informazioni
eventualmente fornite dagli organismi di collegamento
designati degli altri Stati membri, comunica al Ministero
del lavoro l’elenco delle imprese italiane da controllare».
D’altronde è la stessa sentenza impugnata a chiarire
che, nella specie, il controllo da parte dell’Ispettorato del
lavoro seguiva una segnalazione da parte della Polizia
Stradale di (omissis) che aveva accertato, in data 13 mar-
zo 2008, la violazione dell’art. 174, Codice della strada, con
riferimento ai giorni 10 e 11 marzo da parte del conducen-
te Z. e aveva quindi segnalato l’infrazione alla Direzione
provinciale del Lavoro di (omissis).
Questa in attuazione di quanto previsto dall’art. 7,
comma 6, del D.L.vo 144 del 2008 aveva successivamente
effettuato i controlli presso i locali del datore di lavoro.
In conclusione deve pertanto darsi continuità al prin-
cipio (al quale al sentenza impugnata si è evidentemente
attenuta) secondo cui «In tema di violazioni delle disposi-
zioni previste dall’art. 174 cod. strada, l’esame dei registri
di servizio e dei dischi cronotachigraf‌i installati sull’auto-
veicolo è f‌inalizzato all’accertamento del rispetto dei limi-
ti temporali dell’orario di lavoro e risponde, quindi, alla
duplice esigenza di garantire la sicurezza della circolazio-
ne e di tutelare i lavoratori addetti al settore dell’autotra-
sporto. Pertanto, la competenza a svolgere tali verif‌iche
e ad irrogare le relative sanzioni appartiene, oltre che ai
soggetti normalmente preposti alla sicurezza stradale, an-
che all’ispettorato del lavoro» (Cass. n. 20594/2016).
4. In conclusione il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per
dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 di-
cembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bi-
lancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità
2013), che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del te-
sto unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sus-
sistenza dell’obbligo del versamento, da parte della ricor-
rente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unif‌icato
pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. II, ORD. 26 SETTEMBRE 2018, N. 22885
PRES. ORICCHIO – EST. CARRATO – RIC. C. (AVV. MASCOTTO) C. COMUNE DI
(OMISSIS) (AVV. BEGHIN)
Depenalizzazione y Applicazione delle sanzioni
y Violazioni del Codice della strada y Ordinanza-
ingiunzione prefettizia y Opposizione y Legittima-
zione passiva esclusiva del prefetto y Conseguen-
ze y Legittimazione del Comune all’impugnazione y
Esclusione.
. In tema di violazioni del codice della strada, nel giu-
dizio di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione
prefettizia per infrazione accertata dalla polizia mu-
nicipale, legittimata passiva, a norma dell’art. 23 della
legge n. 689 del 1981 ("ratione temporis" applicabile),
come precedentemente richiamato dall’art. 205 del co-
dice della strada (nel testo vigente anteriormente alla
sua sostituzione sopravvenuta per effetto del D.L.vo n.
150 del 2011), è unicamente l’autorità amministrativa
che ha irrogato la sanzione, ovvero il Prefetto, sicché è
inammissibile l’impugnazione proposta in tale giudizio
dal Comune, per difetto di legittimazione dello stesso.
(In applicazione di tale principio, la S.C., in una fat-
tispecie di opposizione proposta avverso un’ordinanza-
ingiunzione emessa dal Prefetto, ha dichiarato inam-
missibile l’impugnazione proposta dal solo Comune, e
non anche dal Prefetto, che, invece, non risultava aver
partecipato in alcun modo al giudizio di secondo gra-
do). (l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23; nuovo c.s.,
art. 205; c.p.c., art. 75) (1)

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