Corte di Cassazione Civile sez. VI, ord. 2 febbraio 2018, n. 2644

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 9/2018
LEGITTIMITÀ
9/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
date le attività da lui svolte f‌ino a pochi minuti prima del
sinistro) e l’alitosi alcoolica rilevata dal medico operante.
Quanto a quest’ultima, la sentenza impugnata eviden-
zia che l’attestazione della presenza di alitosi alcoolica
fatta dal medico del Pronto Soccorso appare molto signif‌i-
cativa, perché proviene da un soggetto qualif‌icato quale il
medico del DEU e perché dimostra che il B. aveva assunto
da pochissimo tempo una quantità elevata di alcool, evi-
dentemente bevendo dopo avere lasciato l’amico S. insie-
me al quale aveva assunto una quantità di alcool assolu-
tamente inidonea a dar luogo ad una simile alitosi, anche
perché tale assunzione era cessata ormai da oltre due ore.
I giudici di appello confutano poi argomentatamente
l’ipotesi, riproposta anche in questa sede di legittimità,
di una alitosi alcoolica provocata dalle lesioni all’addome
riportate dal B., dal momento che non risulta che questi
avesse rigurgitato e potesse quindi avere in bocca i residui
dell’alcool precedentemente assunto.
Il provvedimento impugnato appare anche su tale
punto fare buon governo del più recente dictum di questa
Corte di legittimità secondo cui, ai f‌ini della conf‌igurazio-
ne del reato di guida in stato di alterazione alcolica, in
tutte le ipotesi previste dall’art. 186 c.d.s., l’ebbrezza può
essere accertata con qualsiasi mezzo e, quindi, anche su
base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento
strumentale (cfr. sez. IV, n. 48251 del 29 novembre 2012,
Zanzonico, Rv. 254078 in cui la Corte ha confermato la
condanna per il reato di cui all’art. 186 c.d.s., comma 2,
lett. b), ritenendo suff‌icienti, quali indici sintomatici,
l’avere l’autista di un’autovettura tenuto una velocità so-
stenuta, schivato miracolosamente altri veicoli, omesso dì
dare la precedenza ai pedoni, attraversato un incrocio con
il semaforo rosso prima di accasciarsi sul sedile in un’area
di parcheggio, ove veniva rinvenuto visibilmente ubriaco
con accanto quattro confezioni di tetrapak di vino del tut-
to svuotate; conf. sez. IV, n. 22241 del 26 febbraio 2014,
Addabbo, Rv. 259222; sez. IV, n. 26562 del 26 maggio 2015,
Bertoldo, Rv. 263876).
Talune pronunce hanno ritenuto che, pur potendo lo
stato di alterazione alcolica essere accertato anche sulla
base di elementi sintomatici, in mancanza di alcoltest o di
esame ematico - ed evidentemente non è il caso che ci oc-
cupa - possa ritenersi integrata esclusivamente la fattispe-
cie meno grave prevista dall’art. 186 c.d.s., comma 2, lett.
a), imponendosi per le ipotesi aventi rilievo penale, di cui
alle successive lett. b) e c), la verif‌ica tecnica dell’effettivo
livello di alcool (sez. IV, n. 15705 del 20 febbraio 2015, Pel-
legrino, Rv. 263145). E in realtà appare condivisibile che,
ai f‌ini della conf‌igurazione del reato di guida in stato di
ebbrezza - che può essere accertato, non soltanto per l’ipo-
tesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con
qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, in-
dipendentemente dall’accertamento strumentale - debba
comunque essere ravvisata l’ipotesi più lieve quando, pur
risultando accertato il superamento della soglia minima,
non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio,
che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle
due altre ipotesi (è la tesi di sez. IV, n. 6889 del 16 dicem-
bre 2011 dep. il 2012, Della Bartolomea, Rv. 252728).
Mai, evidentemente, questa Corte di legittimità ha af-
fermato, come sembra ritenere il difensore ricorrente, che
nessun rilievo possano assumere in termini di prova gli
elementi sintomatici dell’ebbrezza caduti sotto la diretta
percezione delle forze dell’ordine, degli operatori sanita-
ri o di quanti altri abbiano avuto contatti con l’imputato
nell’immediatezza del fatto.
5. In ultimo, va rilevato che non può porsi in questa
sede la questione di un’eventuale declaratoria della pre-
scrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in conside-
razione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infat-
ti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per
cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi
non consente il formarsi di un valido rapporto di impu-
gnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
c.p.p. (così sez. un. n. 32 del 22 novembre 2000, De Luca,
Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizio-
ne del reato era maturata successivamente alla sentenza
impugnata con il ricorso; conformi, sez. un., n. 23428 del
2 marzo 2005, Bracale, Rv. 231164, e sez. un. n. 19601 del
28 febbraio 2008, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo sez. II, n.
28848 del 8 maggio 2013, Ciaffoni, rv. 256463).
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art.
616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella de-
terminazione della causa di inammissibilità (Corte cost.
sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna della par-
te ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria
nella misura indicata in dispositivo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 2 FEBBRAIO 2018, N. 2644
PRES. AMENDOLA – EST. ROSSETTI – RIC. C. (AVV. LATTARULO) C. S.
Spese giudiziali civili y Liquidazione y Spese non
ripetibili y Spese per assistenza legale stragiudi-
ziale y Determinazione secondo le tariffe forensi y
Apprezzamento di merito y Insindacabilità in sede
di legittimità y Fattispecie relativa a risarcimento
danni conseguenti a sinistro stradale.
. Le spese di assistenza legale stragiudiziale hanno na-
tura di danno emergente e vanno liquidate secondo le
tariffe forensi; la quantif‌icazione del compenso dovuto
per tale attività, se determinata in misura compresa
tra i minimi e i massimi tariffari, costituisce oggetto
di apprezzamento di merito, insindacabile in sede di
legittimità. (c.c., art. 1223; c.p.c., art. 91) (1)
(1) Nel senso che le spese di assistenza legale stragiudiziale, diver-
samente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno
emergente e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto
delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e
prova secondo le ordinarie scansioni processuali, si veda Cass. civ.,
sez. un., 10 luglio 2017, n. 16990, in www.latribunaplus.it. In senso
conforme per quanto concerne la seconda parte della massima in
epigrafe, v. Cass. civ. 22 giugno 2004, n. 11583, ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel 2013 C.T. convenne dinanzi al Giudice di pace di
Taranto S.F., S.P. e la S. Assicurazioni s.p.a., chiedendone
la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in
conseguenza di un sinistro stradale;
con sentenza 28 agosto 2014 n. 2249 il Giudice di pace
accolse la domanda, accordando tra l’altro all’attore la
somma di Euro 2.563, "corrisposta al proprio procuratore
quale spesa stragiudiziale prima dell’instaurarsi del pre-
sente giudizio";
con sentenza 21 ottobre 2015 n. 3196 il Tribunale di
Taranto, accogliendo il gravame proposto dalla S. ritenne
che l’importo liquidato dal primo giudice a titolo di risarci-
mento del danno consistito nelle spese legali stragiudiziali
fosse eccessivo, e lo rideterminò in Euro 1.750,94 (dunque
riducendolo di Euro 812,06);
la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione
da C.T., con ricorso fondato su due motivi;
la S. non ha svolto attività difensiva, limitandosi a de-
positare il fascicolo di merito ed una procura speciale;
col primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la
sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazio-
ne di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.. È denunciata,
in particolare, la violazione dell’art. 2697 c.c.; artt. 115 e
167 c.p.c.; deduce, al riguardo, che sebbene la notula per
spese legali stragiudiziali, dell’importo di Euro 2.563, fosse
stata prodotta sin dal primo grado di giudizio, la società
convenuta non aveva in quella sede specif‌icamente con-
testato l’esistenza e l’ammontare di questa voce di danno;
di conseguenza, in applicazione del principio di "non con-
testazione", il relativo credito doveva ritenersi ammesso;
il motivo è infondato, per varie ed indipendenti ragioni;
la prima ragione è che non corrisponde a verità l’allega-
zione secondo cui la S., nel costituirsi, non contestò l’esi-
stenza d’un danno patrimoniale emergente, rappresentato
dalle spese sostenute per l’assistenza legale; la S., infatti,
costituendosi, dedusse di avere già pagato all’attore la
somma di Euro 10.130, che doveva ritenersi satisfattiva di
tutti i danni pretesi dalla vittima, e che pertanto "null’al-
tro doveva all’attore a titolo risarcitorio" (così la comparsa
di costituzione in primo grado, p. 2, secondo capoverso);
or bene, colui il quale, dinanzi alla domanda di paga-
mento d’un credito "A", d’un credito "13" e d’un credito
"C", si costituisca assumendo di avere pagato il dovuto e di
"null’altro dovere" assume di per sè una posizione proces-
suale di contestazione dell’eccedenza pretesa dal credito-
re, rispetto a quanto già pagato dal convenuto; la volontà
di non contestare una parte del credito è infatti logica-
mente incompatibile con l’affermazione di avere pagato
tutto il dovuto, e di null’altro dovere ancora;
la seconda ragione è che in primo grado i responsabili
civili del sinistro, ovvero S.F. e S.P., rimasero contumaci,
sicchè rispetto ad essi non era invocabile il principio di non
contestazione, opponibile soltanto alla parte costituita;
pertanto, anche a volere ritenere che la S. non avesse
contestato le pretese dell’attore in tema di rifusione delle
spese legali stragiudiziali, resterebbe il fatto che tale con-
dotta riguardava l’assicuratore ma non gli assicurati, ed in
tema di assicurazione della r.c.a. le Sezioni Unite di questa
Corte hanno da tempo negato la possibilità di accogliere
la domanda nei confronti dell’assicurato e rigettarla nei
confronti dell’assicuratore, o viceversa (sez. un., sentenza
n. 10311 del 5 maggio 2006);
col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che
la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di
violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., (è de-
nunciata, in particolare, la violazione dell’art. 2230 c.c.;
art. 12 c.p.c.; art. 21, D.M. 10 marzo 2014, n. 55); sia da un
vizio di "apparente motivazione", che viene censurato ai
sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.;
il motivo contiene una censura così riassumibile:
(a) il Tribunale, per liquidare il danno consistito nelle
spese legali stragiudiziali sostenute dalla vittima del sini-
stro, ha applicato la tariffa approvata con D.M. 10 marzo
2014, e stabilito che l’onorario dovuto al legale doves-
se determinarsi assumendo che la sua opera fosse stata
prestata per un affare del valore di Euro 7.303, pari alla
differenza tra risarcimento preteso dalla vittima e somma
offerta dall’assicuratore;
(b) tale valutazione fu tuttavia erronea: sia perché il
valore dell’affare doveva determinarsi nella maggior som-
ma di Euro 10.130, pari all’offerta formulata dall’assicura-
tore dopo l’intervento del legale; sia perché la somma spe-
sa dal danneggiato per l’assistenza legale stragiudiziale
(Euro 2.563,36) era inferiore a quella media prevista dalla
tariffa applicabile ratione temporis, con la conseguenza
che il Tribunale non avrebbe potuto ritenerla "esagerata"
e non congrua, come invece fece;
nella parte in cui prospetta il vizio di "motivazione appa-
rente" (anche a prescindere dall’erroneo riferimento all’art.
360 n. 5 c.p.c., che contempla il ben diverso vizio di omesso
esame d’un fatto decisivo) il motivo è infondato, in quanto
la motivazione della sentenza impugnata non potrebbe esse-
re più chiara: il danneggiato, ha sentenziato il Tribunale, ha
speso troppo per remunerare il proprio legale per l’attività
stragiudiziale, e di conseguenza non può pretendere il risarci-
mento integrale per tale voce di danno; gli spetterà, dunque,
solo la minor somma da ritenersi congrua rispetto all’attività
effettivamente svolta dal legale in sede precontenziosa;
nella parte in cui prospetta il vizio di violazione di leg-
ge, il motivo è del pari infondato;
le spese sostenute dalla vittima di un sinistro stradale
per remunerare l’avvocato al quale si sia rivolta per avere
assistenza stragiudiziale, costituiscono una ordinaria ipo-
tesi di danno emergente, di cui all’art. 1223 c.c.; pertanto,
come qualsiasi altra voce di danno, anche quella in esame
sarà soggetta alle regole generali: e dunque - non sarà do-
vuto il risarcimento per le spese che la vittima avrebbe
potuto evitare con l’ordinaria diligenza (art. 1227 comma
1, c.c.); non sarà dovuto il risarcimento per le spese che,
pur necessarie, sono state sostenute in misura esagerata
(art. 1227 comma 2, c.c.); non sarà dovuto il risarcimento

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