Corte di Cassazione Civile sez. VI, ord. 18 gennaio 2018, n. 1106

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 6/2018
LEGITTIMITÀ
6/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 18 GENNAIO 2018, N. 1106
PRES. FRASCA – EST. ROSSETTI – RIC. Q. ED ALTRA (AVV. DE MAURO) C.
COMUNE DI C. ED ALTRA (AVV.TI VITOLO, MARTINI E RODOLFI)
Responsabilità da sinistri stradali y Colpa del
conducente y Investimento di persone y Autista di
scuolabus y Divieto di ripartenza prima che i pas-
seggeri si siano portati a debita distanza y Sussi-
stenza y Conseguenze.
. Il combinato disposto degli artt. 140, comma 1, e 191,
comma 3, del D.L.vo n. 285 del 1992, impone al con-
ducente di uno scuolabus di non riprendere la marcia,
dopo aver fatto discendere i passeggeri, sino a quando
questi ultimi non si siano portati a debita distanza dal
mezzo, ovvero non si trovino in condizioni di non in-
terferenza con le manovre di esso. Ne consegue che
incorre in vizio di sussunzione il giudice di merito che
omette di considerare negligente la condotta di guida
del conducente che sia stata accertata non conforme
a tale regola di condotta. (nuovo c.s., art. 140; nuovo
c.s., art. 191) (1)
(1) Nel senso che il conducente di uno scuolabus ha il dovere di
adottare tutte le necessarie cautele suggerite dalla ordinaria pru-
denza in relazione alle specif‌iche circostanze di tempo e di luogo al
f‌ine di garantire la sicurezza dei minori che gli sono aff‌idati per il
trasporto, non solo durante le fasi preparatorie ed accessorie di salita
e discesa dal veicolo, ma altresì in quella ulteriore dell’attraversa-
mento della strada, quando alla fermata gli stessi minori non siano
presi in consegna dai genitori o da altri soggetti da loro incaricati, si
veda Cass. civ. 11 agosto 2007, n. 32822, in questa Rivista 2008, 31.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che:
1. Nel 2002 Q.G. e C.A.P. convennero dinanzi al Tribu-
nale di Cremona B.S., G.P., il Comune di C. e la società A.
Assicurazioni S.p.A. (d’ora innanzi, per brevità, "la A."),
esponendo che:
(-) erano i genitori di Q.A., deceduto il (omissis) all’età
di anni quattro;
(-) Q.A. era deceduto a causa delle lesioni patite dopo
essere stato investito da un mezzo di proprietà comunale
adibito al servizio di "scuolabus", assicurato contro i rischi
della responsabilità civile dalla società A;
(-) tale mezzo era condotto da B.S., e su esso si trovava una
persona addetta alla sorveglianza dei bambini, ovvero G.P.;
(-) l’investimento andava ascritto a responsabilità del
conducente il quale, dopo aver fatto discendere il bambino
dal bus, riprese la marcia "senza attendere o comunque
verif‌icare che lo stesso fosse a distanza di sicurezza".
2. La società A. si costituì negando qualunque respon-
sabilità del conducente. Sostenne che questi, dopo aver
fatto discendere il bambino, attese che venisse recuperato
dalla madre, e riprese la marcia solo dopo essersi accerta-
to che il bimbo fu preso in braccio da quest’ultima. Fu solo
a questo punto che il piccolo, dopo essere stato posato in
terra dalla madre, inciampò nel marciapiede e f‌inì sulla
strada, dove venne sormontato dalle ruote posteriori del
bus, in quel momento in fase di ripartenza.
3. Con sentenza 10 agosto 2011 n. 341 il Tribunale di
Cremona rigettò la domanda, ritenendo (così si legge nella
sentenza d’appello) che "mancasse in atti la prova di qua-
lunque responsabilità del conducente convenuto".
4. La Corte d’appello di Brescia, adita dalle parti soc-
combenti, con sentenza 4 novembre 2014 n. 1311 rigettò
il gravame.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’ap-
pello accertò in punto di fatto che il conducente dello
scuolabus lasciò scendere il bimbo; che la madre lo recu-
però; che lo scuolabus a questo punto ripartì; che il bimbo
in quel momento cadde f‌inendo col capo sulla traiettoria
del mezzo; che lo scuolabus lo sormontò con una delle ruo-
te posteriori.
Sulla base di questi accertamenti di fatto, la Corte
d’appello ritenne di non ravvisare alcuna colpa nella con-
dotta del conducente. Secondo il giudice di merito, infat-
ti, questi, una volta veduto il bimbo tra le braccia della
madre, poteva fare ragionevole aff‌idamento sul fatto che
ormai il piccolo si trovasse in condizioni di sicurezza, e
il mezzo potesse dunque ripartire (questo, in sostanza, il
contenuto delle pp. 911 della sentenza impugnata).
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassa-
zione da Q.G. e C.A.P., con ricorso fondato su sei motivi ed
illustrato da memoria.
Hanno resistito con un controricorso unitario il Co-
mune di C. e la società A., i quali hanno altresì depositato
memoria.
Considerato che:
1. Questioni preliminari.
1.1. Il Comune e la A. hanno eccepito in via preliminare
l’inammissibilità del ricorso, sostenendo che esso sia vol-
to ad ottenere il riesame nel merito dei fatti già accertati
dalla Corte d’appello.
1.2. Tale eccezione è infondata.
Il giudizio di legittimità non può estendersi a sindacare
gli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
Questo generale principio conosce, nella pratica, nume-
rose declinazioni: sarà dunque inammissibile la richiesta di
ricostruire i fatti in modo diverso rispetto a quanto ritenuto
dal giudice di merito; la richiesta di valutare le prove in
modo diverso rispetto alle valutazioni del giudice di merito;
la richiesta di attribuire ad un mezzo di prova trascurato
dal giudice di merito maggior peso rispetto alle altre fonti,
ritenute invece decisive dalla sentenza impugnata; la ri-
chiesta di interpretare un contratto od un negozio in modo
difforme rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito.
Non è invece affatto precluso al giudice di legittimità
stabilire se il giudice di merito abbia correttamente sus-
sunto sotto l’appropriata previsione normativa i fatti da lui
accertati, ferma restando l’insindacabilità di questi ultimi
e l’impossibilità di ricostruirli in modo diverso.
Questo tipo di errore, prasseologicamente def‌inito "vi-
zio di sussunzione", non è un errore di accertamento, ma
un errore di giudizio: esso infatti consiste nello scegliere
in modo erroneo quella, tra le tante norme dell’ordina-
mento, della quale deve farsi applicazione al caso concre-
to. In materia di fatti illeciti il giudice può incorrere in un
vizio di sussunzione tra l’altro quando, ricostruita corret-
tamente la condotta tenuta dal preteso responsabile, ne
valuti la liceità o la colpevolezza in base a regole di con-
dotta diverse da quelle dettate, per quel caso, dalla legge.
Nel nostro caso, come meglio si dirà esaminando i pri-
mi tre motivi di ricorso, è proprio questo il nucleo delle
censure mosse dai ricorrenti alla sentenza impugnata:
essi infatti, sia pur tra altre doglianze, hanno sostenuto
che la condotta del conducente dello scuolabus, così come
ricostruita dalla Corte d’appello, non si sarebbe dovuta ri-
tenere conforme nè alle regole del codice della strada, nè
a quelle della ordinaria diligenza.
A prescindere dunque, per ora, da qualsiasi valutazione
circa la fondatezza d’una simile censura, essa comunque
non investe l’accertamento dei fatti, ma la valutazione di
essi sub specie iuris, per come è stata compiuta dalla Cor-
te d’appello.
Ne consegue che il ricorso va dichiarato, per questa
parte, ammissibile.
2. Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
2.1. I primi tre motivi di ricorso possono essere esami-
nati congiuntamente, perché pongono questioni tra loro
strettamente intrecciate.
Col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano, ai
sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 140,
141 e 154 c.d.s.. Svolgono, al riguardo, una censura così
riassumibile:
(a) la Corte d’appello ha ritenuto il conducente dello
scuolabus esente da responsabilità per essere egli riparti-
to solo dopo essersi accertato che il bambino fosse stato
ricevuto dalla madre, e fosse nella "sfera di controllo" di
quest’ultima;
(b) i ricorrenti non negano che ciò sia avvenuto, ma af-
fermano in buona sostanza che tale condotta fu comunque
colposa, perché le regole del codice della strada avrebbero
imposto al conducente non già di limitarsi a verif‌icare se
il bambino fosse stato preso in consegna dalla madre, ma
di accertarsi, prima di riprendere la marcia, che l’uno e
l’altra fossero in posizione di assoluta sicurezza.
Col secondo motivo i ricorrenti lamentano che la sen-
tenza sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di leg-
ge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., (lamentano, anche in
questo caso, la violazione degli artt. 140, 141 e 154 c.d.s.),
sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c..
Deducono che la Corte d’appello avrebbe omesso di
esaminare il seguente "fatto decisivo": che il conducente
dello scuolabus, al momento di ripartire, guardò soltanto
alla propria sinistra, per accertarsi che non sopraggiun-
gessero da tergo altri mezzi; egli invece non guardò alla
propria destra, ovvero dalla parte dove era disceso il bam-
bino e dove si trovava la di lui madre, e di conseguenza
non si accertò della distanza a cui costoro si trovassero dal
bus, al momento in cui il mezzo riprese la marcia.
Col terzo motivo di ricorso, inf‌ine, i ricorrenti lamenta-
no, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt.
157 e 158 c.d.s..
Deducono, a tal riguardo, che la Corte d’appello avrebbe
erroneamente ritenuto diligente la condotta del conducen-
te dello scuolabus, nonostante avesse accertato in fatto che
questi accostò il mezzo e fece discendere il bimbo non atte-
nendosi alle prescrizioni degli artt. 157 e 158 c.d.s.: ovvero
non nel punto previsto per la fermata, non parallelamente
al margine destro della carreggiata, e nemmeno in posizio-
ne strettamente accostata a quest’ultimo.
2.2. Le censure sopra riassunte sono fondate nei limiti
e nei sensi di cui di seguito.
La colpa civile consiste in una devianza: ovvero nello
scostamento da una regola di condotta.
Tale regola di condotta può essere dettata tanto da una
norma di legge, quanto da regole di comune prudenza.
In tema di circolazione stradale, le regole di condotta
sono ovviamente dettate dal codice della strada, con pre-
cetti che tuttavia non esauriscono la gamma delle condot-
te prudenti esigibili degli utenti della strada, in quanto
anche condotte non espressamente previste dal codice
potrebbero legittimamente pretendersi dagli automobili-
sti o dai pedoni, quando siano da loro esigibili alla stregua
della diligenza esigibile dal buon padre di famiglia, ai sen-
si dell’art. 1176 comma 1, c.c..
Pertanto il giudice chiamato a valutare se la condotta
tenuta dal conducente di un veicolo sia stata o non sia stata
prudente, e come tale ideona a vincere le presunzioni di cui
all’art. 2054 comma 1 e 2, c.c., deve innanzitutto ricostruire
in facto quella condotta; e poi valutare in iure se essa sia
conforme: (a) ai precetti del codice della strada; (b) alle
regole di ordinaria prudenza esigibile nel caso concreto.
2.3. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato
in punto di fatto che:
(a) Q.A., dopo essere sceso dal bus, venne preso in
braccio (o comunque tenuto per mano) dalla madre;
(b) quando il conducente del bus chiuse le porte del
mezzo, e si accinse a ripartire, la madre del bambino si
trovava all’altezza del guidatore;
(c) il bambino cadde all’altezza della ruota posteriore
del bus.
Dopo avere accertato questi fatti, la Corte d’appello ha
ritenuto che in essi non fosse ravvisabile alcuna condotta
colposa del conducente lo scuolabus.
Lo ha fatto con un ragionamento così riassumibile: dopo
avere visto il bambino essere ormai sotto la sorveglianza
della madre, il conducente poteva ragionevolmente atten-
dersi che fosse questa a badare all’incolumità del piccolo;
egli pertanto, legittimamente trascurò di occuparsi della
posizione e della condotta dei due pedoni che si trovavano
alla sua destra, in quanto doveva prioritariamente occu-
parsi di ripartire, e quindi di sorvegliare il sopraggiungere
di veicoli dalla sua sinistra.
La Corte d’appello, in def‌initiva, ha accertato in punto
di fatto che il conducente di un bus ha lasciato scendere
dei passeggeri, ed è poi ripartito senza occuparsi di dove
fossero, perché "l’autista doveva badare al traff‌ico e non

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