Corte di Cassazione Civile sez. VI, ord. 20 dicembre 2017, n. 30552

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
In primo luogo non può trovare consenso l’afferma-
zione per la quale dalla giurisprudenza della Corte e.d.u.
deriverebbe che "tutte le misure di carattere punitivo-
aff‌littivo devono essere soggette alla medesima disciplina
della sanzione penale in senso stretto", perchè estrapolata
dalla complessiva ricostruzione e quindi manipolata nel
signif‌icato.
La questione posta dal ricorrente non richiede di riper-
correre le ormai risalenti cadenze ricostruttive attraverso
le quali si è pervenuti, nell’attualità, a individuare la con-
cezione del divieto di bis in idem assunta dalla Conven-
zione europea dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione
fornitane dalla Corte di Strasburgo.
È suff‌iciente rammentare che, secondo l’interpretazio-
ne della norma stessa fornita dalla corte di Strasburgo con
le sentenze Engel c. Paesi Bassi dell’8 giugno 1976 e Gran-
de Stevens c. Italia del 4 marzo 2014, la reale natura delle
misure sanzionatorie previste negli ordinamenti nazionali
viene apprezzata alla luce delle loro concrete peculiarità
e conseguenze, occorrendo analizzare i parametri idonei
a rivelare la sostanziale essenza penale di un determina-
to provvedimento secondo i criteri della qualif‌icazione
dell’infrazione, della natura dell’infrazione e dell’intensità
della sanzione comminata. Ma quel che qui rileva più di-
rettamente è che, come si rammenta nella seconda delle
decisioni appena citate, "... l’art. 4 del Protocollo n. 7 deve
essere inteso nel senso che esso vieta di perseguire o giu-
dicare una persona per un secondo "illecito" nella misura
in cui alla base di quest’ultimo vi sono fatti che sono so-
stanzialmente gli stessi. La garanzia sancita all’art. 4 del
Protocollo n. 7 entra in gioco quando viene avviato un nuo-
vo procedimento e la precedente decisione di assoluzione
o di condanna è già passata in giudicato". Si vuole eviden-
ziare, quindi, che il tema della natura penale o meno di
una sanzione, anche in contrasto con la qualif‌icazione ad
essa attribuita dall’ordinamento nazionale, è posto dalla
giurisprudenza della Corte e.d.u. non per sindacare la po-
testà del legislatore di articolare il trattamento sanziona-
torio in un ventaglio di strumenti, reperendoli nei diversi
ordinamenti settoriali; tecnica che, peraltro, al legislatore
italiano è costituzionalmente imposta dal principio di sus-
sidiarietà. La tutela apprestata dalla convenzione si op-
pone all’evenienza che si venga sottoposti ad un secondo
giudizio per il medesimo fatto e quindi puniti due volte per
il medesimo fatto.
Non v’è preclusione, per contro, alla previsione e all’in-
f‌lizione di una pluralità di sanzioni, applicate nel medesi-
mo procedimento.
Come accade per il reato che qui occupa.
3.3. Il secondo rilievo è manifestamente infondato. Si
assume che se pure potesse riconoscersi natura di san-
zione amministrativa accessoria alla sospensione della
patente di guida quando applicata nelle misure "ordina-
rie", essa ha senz’altro natura di sanzione penale quando
applicata in misura raddoppiata; e che il fatto di essere
prevista in luogo della conf‌isca ne svela la natura di san-
zione penale, come d’altronde era questa prima della L. n.
120 del 2010.
Orbene, osservato che non si vede in ragione di quale
principio la durata di una sanzione può mutarne la natura
(certo non può farsi perno sulla sola notevole aff‌littività
della sanzione per identif‌icarne la natura), risulta pregiu-
diziale la considerazione della conclusione alla quale mira
l’argomentazione: dimostrare la inapplicabilità della so-
spensione della patente di guida, perché sanzione penale.
Vale quindi quanto esplicato al precedente paragrafo 3.2.,
da sè suff‌iciente a dare conto della ritenuta manifesta in-
fondatezza del rilievo.
3.4. Nè si rinvengono quei prof‌ili di irragionevolezza
della disciplina indicati dal ricorrente.
La previsione del raddoppio della durata della sospen-
sione della patente di guida la conf‌isca per coloro che
guidano stato di ebbrezza con tassi alcolemici superiori
1,5 g/l un veicolo a loro non appartenente in non appare
manifestamente irragionevole perché con essa si persegue
ulteriormente la f‌inalità di prevenzione dei reati; e perchè
il differente trattamento a seconda che il veicolo condot-
to appartenga o meno a persona estranea al reato trova
giustif‌icazione nella diversa situazione fattuale, la quale
impone strumenti di prevenzione differenziati. Nè rispon-
de al vero che il raddoppio non è connesso alla condotta
del reo. Mentre non adeguatamente esplicato è il sospetto
di illegittimità dell’art. 19 c.p. nella parte in cui non an-
novera tra le pene accessorie anche la sospensione della
patente di guida, per contrasto con l’art. 3 Cost..
4. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 20 DICEMBRE 2017, N. 30552
PRES. AMENDOLA – EST. CIRILLO – RIC. B. (AVV. PAGANO) C. UNIPOLSAI
ASSICURAZIONI S.P.A. (AVV.TI GIORDANO, UGGERI E FASOLA)
Assicurazione obbligatoria y Risarcimento dei
danni y Azione diretta nei confronti dell’assicurato-
re y Procedimenti concorsuali a carico dell’assicu-
ratore y Cosa giudicata civile y Limiti del giudicato
y Soggettivi (limiti rispetto a terzi) y Sentenza di
risarcimento dei danni emessa tra il danneggiato e
il danneggiante y Eff‌icacia nei confronti dell’impre-
sa designata ex art. 19 L. n. 990/1969 y Esclusione y
Fondamento.
. In tema di responsabilità civile derivante dalla circo-
lazione stradale, il giudicato formatosi nella causa pro-
mossa dal danneggiato nei confronti del conducente e
del proprietario del veicolo investitore non si estende,
con riguardo alla sussistenza dell’obbligo risarcitorio
del danneggiante e del correlativo debito, all’impresa
designata ai sensi dell’art. 19 della L. n. 990 del 1969,
per la quale l’estensione del giudicato opera esclusiva-
mente nei limiti determinati dall’art. 25 (oggi trasfuso
nell’art. 289 del D.L.vo n. 209 del 2005) e, in particola-
re, solo con riferimento alle sentenze ottenute dal dan-
neggiato contro l’assicuratore oppure, se ne ricorrono
3. Il primo motivo del ricorso è rigettato.
È accolto il secondo motivo, la sentenza impugnata è
cassata in relazione e, decidendo nel merito, è rigettato il
motivo di opposizione attinente alla maggiorazione di cui
alla L. n. 689 del 1981, art. 27, comma 6.
L’incertezza interpretativa sulle questioni giuridiche
affrontate, solo di recente superata, anche nella giurispru-
denza di questa Corte, costituisce motivo suff‌iciente per
disporre l’integrale compensazione delle spese dell’intero
giudizio, tra tutte le parti. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 21 DICEMBRE 2017, N. 57202
(C.C. 21 SETTEMBRE 2017)
PRES. BLAIOTTA – EST. DOVERE – P.M. DI LEO (CONF.) – RIC. A.G.
Patente y Revoca e sospensione y Sospensione y
Patteggiamento y Applicabilità della sospensione
della patente y Necessità y Ragioni.
. In tema di circolazione stradale con la sentenza di
patteggiamento il giudice deve disporre la sospensione
della patente di guida, trattandosi di sanzione ammi-
nistrativa accessoria e non di pena accessoria, e non
potendosi fare applicazione dei criteri elaborati dalla
Corte di Strasburgo sulla natura sostanzialmente pe-
nale delle sanzioni, in quanto volti a evitare l’elusio-
ne del principio del "ne bis in idem" e non ad incidere
sulla potestà del legislatore di prevedere una pluralità
di sanzioni da applicarsi all’esito del medesimo proce-
dimento. (c.p.p., art. 444; c.p.p., art. 445; nuovo c.s.,
art. 186) (1)
(1) Ribadiscono il principio di cui in massima: Cass. pen., sez. IV, 31
ottobre 2017, n. 50060, in questa Rivista 2018, 224; Cass. pen., sez. IV, 8
ottobre 2007, n. 36868, ivi 2008, 130; Cass. pen., sez. IV, 27 luglio 2005,
n. 27931, ivi 2006, 551; Cass. pen., sez. IV, 13 marzo 2004, n. 12208, ivi
2005, 243 e Cass. pen., sez. un., 21 luglio 1998, n. 8488, ivi 1998, 852.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A.G. ha proposto ricorso per la cassazione della sen-
tenza emessa dal Tribunale di Asti, più dettagliatamente
indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la
pena concordata tra le parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., in
ordine al reato di cui all’art. 186 c.d.s., comma 2, lett. c).
Censura che con la sentenza gli sia stata inf‌litta la san-
zione amministrativa accessoria della sospensione della
patente di guida, che l’accordo non contemplava, ravvi-
sando l’erronea applicazione dell’art. 445 comma 1, c.p.p.
in relazione alla citata norma incriminatrice e agli artt. 11
e 117 Cost..
Il ricorrente rammenta che l’art. 445 comma 1, c.p.p.
esclude che unitamente alla pena applicata possano essere
inf‌litte pene accessorie e misure di sicurezza, eccezion fatta
per la conf‌isca di cui all’art. 240 c.p.. Quindi sostiene che la
sospensione della patente di guida prevista dall’art. 186 c.d.s.,
comma 2, lett. c) ha solo formalmente natura amministra-
tiva, trattandosi all’inverso di sanzione di natura sostanzial-
mente penale, sì da essere vera e propria pena accessoria.
Ritiene che tale conclusione sia necessitata, alla luce
della giurisprudenza formatasi in seno alla Corte euro-
pea dei diritti dell’uomo, a partire dalla sentenza Engel
c. Paesi Bassi dell’8 giugno 1976 e ribadita sino al tempo
attuale. Una diversa qualif‌icazione della sospensione della
patente di guida in parola - della quale indica i caratteri
che ne farebbero una sanzione penale - integrerebbe una
violazione degli artt. 11 e 117 Cost., poichè frutto di una
interpretazione in contrasto con gli artt. 6 e 7 Cedu, come
interpretati tra le altre dalle sentenza Welch c. Regno Uni-
to del 9 febbraio 1995 e Sud Fondi c. Italia del 20 gennaio
2009, per le quali "tutte le misure di carattere punitivo-
aff‌littivo devono essere soggette alla medesima disciplina
della sanzione penale in senso stretto". Tale interpretazio-
ne è direttamente cogente per il giudice nazionale.
Con un secondo motivo il ricorrente denuncia la vio-
lazione delle medesime norme di legge, in relazione alla
determinazione della durata della sospensione della pa-
tente in misura doppia, secondo la previsione dell’art. 186
c.d.s., comma 2, lett. c) per il caso di veicolo appartenente
a persona estranea al reato. Sostiene il ricorrente che tale
previsione è stata introdotta per il caso che non possa di-
sporsi la conf‌isca, la quale prima della novella recata dalla
L. n. 120 del 2010 era riconosciuta essere sanzione penale.
Da qui trae argomento per affermare che, in ragione del
raddoppio della durata, la sospensione della patente di
guida deve essere qualif‌icata come sanzione penale.
Aggiunge che la detta previsione del raddoppio della
sanzione risulta anche irragionevole perchè mentre colui
che guida un veicolo che gli appartiene si vedrà conf‌iscato
il bene, con statuizione che può essere revocata in caso di
esito positivo dei lavori di pubblica utilità, colui che guida
un veicolo non conf‌iscabile subisce il gravoso trattamen-
to sanzionatorio determinato dal raddoppio della durata
della sospensione della patente anche in caso di esito po-
sitivo dei lavori di pubblica utilità.
Avanza, in subordine, richiesta di proporre questione di
legittimità costituzionale dell’art. 186 c.d.s., comma 2, lett.
c), per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost..
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è infondato.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta che gli sia
stata applicata una pena accessoria con la sentenza di pat-
teggiamento, ancorchè ciò sia vietato dall’art. 445 comma
1, c.p.p.. Al f‌ine di sostenere la censura asserisce che la
sospensione della patente di guida deve essere qualif‌icata
come sanzione penale accessoria, anche per la necessità
di attenersi alla def‌inizione che della sanzione penale ha
dato la Corte europea dei diritti dell’uomo; diversamente
si prof‌ilerebbe una violazione degli artt. 11 e 117 Cost..
Orbene, ritiene il Collegio che il ricorrente operi una
personale rivisitazione dei principi che sono emersi nella
giurisprudenza della Cedu (e della Corte di giustizia eu-
rounitaria) a riguardo del divieto di bis in idem, dei quali
non coglie l’ambito di applicazione.

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