Corte di Cassazione Civile sez. III, ord. 5 febbraio 2018, n. 2670

Pagine320-323
318
giur
4/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
7). Quanto all’onere di indicazione degli atti su cui il ricor-
so si fonda (richiesto dall’art. 366, n. 6, c.p.c.), nel nostro
caso v’era ben poco da indicare, posto che il primo motivo
di ricorso pose una questione di puro diritto: ovvero se il
risarcimento del danno debba o no variare in funzione del
luogo di residenza del danneggiato.
1.3. Nel merito, il ricorso è fondato.
Questa Corte, infatti, ha già ripetutamente affermato
che “la realtà socioeconomica nella quale vive la vittima
d’un fatto illecito è del tutto irrilevante ai f‌ini della liqui-
dazione del danno aquiliano “ (così sez. III, sentenza n.
7932 del 18 maggio 2012; nello stesso senso sez. III, sen-
tenza n. 12146 del 14 giugno 2016; sez. III, sentenza n.
12221 del 12 giugno 2015; sez. III, sentenza n. 24201 del
13 novembre 2014).
Alle motivazioni poste a fondamento di tale consolida-
to orientamento sarà dunque suff‌iciente, in questa sede,
richiamarsi.
1.4. Le deduzioni in senso contrario svolte dalla difesa
della UnipolSai nel controricorso (pp. 5-7) e nella memo-
ria (pp. 2-5) non possono essere condivise.
Tali deduzioni sono quattro, e sono così riassumibili:
(a) il risarcimento del danno non patrimoniale ha lo
scopo di compensare la vittima del dolore sofferto con
utilità sostitutive; esso dunque dovrà essere tanto minore,
quanto minore sarà il costo necessario per procacciarsi
tali utilità;
(b) la Corte di giustizia UE, con la sentenza 10 dicem-
bre 2015, in causa C 350/14, Lazar, ha affermato che il dan-
no patito dai prossimi congiunti di una persona deceduta
in conseguenza di un fatto illecito costituisce una “conse-
guenza indiretta” di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 4, para-
grafo 1, del Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento
europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge ap-
plicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II’’);
da questo rilievo la controricorrente vorrebbe trarre la
conclusione che nella liquidazione del danno si dovrebbe
tenere conto del luogo in cui le conseguenze indirette del
danno si sono verif‌icate;
(c) “più solidi”, rispetto all’orientamento recente di
questa Corte, si sarebbero dovuti ritenere gli argomenti
posti a fondamento del contrario orientamento espresso
da sez. III, sentenza n. 1637 del 14 febbraio 2000; al con-
trario, gli argomenti posti a fondamento dell’orientamento
più recente sarebbero “privi di adeguato approfondimen-
to”, ed in particolare erronea sarebbe l’affermazione se-
condo cui il luogo dove la vittima spenderà il suo denaro
è estraneo all’illecito, perchè la misura del risarcimento
“non riguarda l’illecito in sé”;
(d) non ridurre il risarcimento ai danneggiati residenti
in Paesi poveri questa la tesi della UnipolSai -”costitui-
rebbe una burla per gli italiani”, perchè “si concede tutto
agli stranieri e niente, nella condizione inversa, viene dato
agli italiani.”
Dopo avere esposto queste tesi, la controricorrente for-
mula istanza aff‌inché il presente ricorso venga rimesso al
Primo Presidente, aff‌inché ne disponga l’assegnazione alle
Sezioni Unite.
1.5. L’argomento riassunto sub (a) nel § che precede
non può essere condiviso.
Può ammettersi che il risarcimento del danno non pa-
trimoniale abbia una funzione compensativa, ma da ciò
non discende affatto che il pretium doloris sia funzione
della residenza del danneggiato. Ciò sia per una ragione
giuridica, sia per una ragione logica.
1.5.1. La ragione giuridica è che nella stima di ogni dan-
no non patrimoniale si deve tenere conto delle conseguen-
ze dell’illecito, come si desume dall’art. 1223 c.c.. Le conse-
guenze risarcibili dell’illecito consistono nei pregiudizi che
la vittima, in assenza del fatto illecito, avrebbe evitato. I
pregiudizi risarcibili vanno stimati in base alla natura ed
alla consistenza dell’interesse che li sottende: quel che
un tempo si def‌iniva l’id quod interest, secondo la celebre
espressione usata dall’imperatore Giustiniano nell’epistola
al prefetto del pretorio Giovanni (Codex Iustiniani, VII, XL-
VII, De sententiis), e che una noto economista def‌inì “ofeli-
mità “. Se questa è la nozione di “danno” per la nostra legge,
il risarcimento che lo monetizza non potrà mai variare in
funzione della residenza del danneggiato:
– sia perchè il luogo dove la vittima vive non è una
“conseguenza” del fatto illecito;
– sia perchè tra le “conseguenze” del danno non rientra
l’impiego che la vittima farà del denaro dell’offensore;
– sia perchè un risarcimento in denaro non necessaria-
mente è destinato ad essere speso: esso potrebbe essere
tesaurizzato od investito, ed in questi casi non è affatto
vero che nei Paesi più ricchi il capitale investito sia remu-
nerato più prof‌icuamente che nei Paesi poveri (ma anzi
è vero spesso il contrario, noto essendo che i Paesi meno
sviluppati, per attrarre capitali, emettono titoli del debito
pubblico remunerati con interessi ben maggiori di quelli
offerti dalle economie più solide);
– sia, inf‌ine, perchè col pagamento del risarcimento
l’obbligazione si estingue, e tutto quel che avviene dopo è
un postfactum giuridicamente irrilevante. Che il credito-
re-danneggiato tesaurizzi il suo denaro, lo spenda, lo doni
o lo disperda, queste sono circostanze giuridicamente ir-
rilevanti. Al diritto, e tanto meno al giudice, non interessa
quel che il creditore farà col suo denaro, interessa di che
natura ed entità fu il pregiudizio causato dal fatto illecito.
1.5.2. Erronea giuridicamente, la tesi propugnata dalla so-
cietà controricorrente diviene paradossale dal punto di vista
della logica formale. Se, infatti, dalla natura compensativa
del risarcimento si fa discendere la pretesa di variarlo in fun-
zione della residenza dell’avente diritto, ne seguirebbe che:
(a) la regola dovrebbe valere anche in bonam partem,
con la conseguenza che il creditore potrebbe artif‌iciosa-
mente trasferirsi in Paesi dall’elevato reddito pro capite,
per pretendere un risarcimento maggiore;
(b) se il risarcimento dovesse davvero variare in fun-
zione della quantità di beni materiali che, con esso, il cre-
ditore intende acquistare, si perverrebbe all’assurdo che il
prodigo andrebbe risarcito più dell’avaro (perchè il secon-
do non comprerebbe mai nulla), e lo stoico meno dell’epi-
cureo (posto che solo per il secondo il “sommo bene” è la
soddisfazione dei bisogni materiali);

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT