Corte di Cassazione Civile sez. VI, ord. 15 febbraio 2018, n. 3767
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giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 4/2018
CONTRASTI
vo punto di riferimento, definite dalla Cassazione come
“raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate
mediante un processo di revisione sistematica della let-
teratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare
medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più
appropriate in specifiche situazioni cliniche” (cfr. Cass. 11
maggio 2016, n. 23283). In ogni caso, si confermava che
nel doveroso rispetto delle linee-guida, non si deve mai
prescindere dalle contingenti situazioni che il medico
deve affrontare nella pratica quotidiana, consentendo, in
tal modo di valutare la colpa in rapporto alla concreta esi-
gibilità della condotta.
Emblematico è il caso preso in esame dalla sentenza
appena citata, dove ad avviso dei giudici di legittimità, l’a-
nalisi sviluppata nella sentenza di primo grado era stata
puntuale nello specifico riferimento alle linee-guida, men-
tre la sentenza impugnata era pervenuta a conclusioni
difformi omettendo di affrontare compiutamente il punto
della valutazione delle linee-guida. Si tratta di gravi errori
motivazionali conseguenti al mancato rispetto di un prin-
cipio fondamentale, più volte richiamato dal Supremo Col-
legio, secondo cui quando il giudice di appello riforma una
sentenza di primo grado è tenuto a dimostrare l’incom-
pletezza o la non correttezza ovvero la non coerenza delle
relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi
critica seguita da completa e convincente dimostrazione
che, sovrapponendosi “in toto” a quella del primo giudice,
dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato
a elementi di prova diversi o diversamente valutati. Nel
caso di specie, osservava la Corte, la motivazione posta a
fondamento della sentenza impugnata non soddisfa lo spe-
cifico obbligo motivazionale sopra richiamato, giacché il
Collegio ha del tutto omesso di procedere all’analisi critica
delle argomentazioni sviluppate dal primo giudice.
5. La legge Gelli-Bianco, di fronte al desolante qua-
dro interpretativo estremamente frastagliato esistente,
è intervenuta, incidendo, per un verso, sulla definizione
delle linee-guida, che sono state codificate in termini ri-
gorosi, mentre, per altro verso, con un parto non indolore,
eliminando il distinguo tra colpa lieve e colpa grave, con
uno strappo, tra l’altro, al principio di ragionevolezza, co-
stituzionalmente rilevante, che si realizza allorché vengo-
no ritenute sanzionabili la negligenza e l’imprudenza lievi,
mentre l’imperizia anche grave sarebbe irrilevante penal-
mente, secondo la espressa disposizione della nuova legge.
In sede di secondo esame della Camera della legge Gel-
li-Bianco, nonostante gli allarmati richiami, da parte di al-
cuni parlamentari, al rispetto del diritto vivente, espresso
dagli orientamenti consolidati della Corte di cassazione,
alla fine è prevalsa la tesi contenuta nell’art. 590 sexies
c.p., il cui testo – osservava l’on. Colletti – “è stato grave-
mente peggiorato. Mentre in prima lettura si era vincolata
l’area di punibilità per lesioni colpose e omicidio colposo
alla sola colpa grave, il Senato ha ben pensato di eliminare
dalla punibilità non solo la colpa lieve ma anche la grave”.
Nel riformare la normativa in materia, la recente leg-
ge, anche su questo punto, non ha, dunque, tenuto alcun
conto dell’evoluzione giurisprudenziale nella materia
della colpa medica, in ordine all’estensione del principio
civilistico di cui all’art. 2236 c.c., che assegna rilevanza
soltanto alla colpa grave in ambito penalistico, come re-
gola di esperienza cui attenersi nel valutare l’addebito di
imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di
problemi di speciale difficoltà (cfr. Cass. 1 marzo 2017, n.
21939; Cass. 29 novembre 2015, n. 12478; Cass. 29 gennaio
2013, n. 16237; Cass. 22 novembre 2011, n. 4391).
La giurisprudenza, consapevole della natura discrezio-
nale della valutazione della colpa, ha cercato di chiarire che
si può parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di
una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato,
secondo il parametro dato dal complesso delle raccoman-
dazioni contenute nelle linee-guida di riferimento, quando
cioè il gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle
necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e
alle condizioni del paziente; e che, all’opposto, quanto più
la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata
dall’impellenza, tanto maggiore dovrà essere la propensio-
ne a considerare lieve l’addebito nei confronti del profes-
sionista che, pur essendosi uniformato ad una accreditata
direttiva, non sia stato in grado di produrre un trattamento
adeguato e abbia determinato, anzi, la negativa evoluzione
della malattia (cfr. Cass. 11 maggio 2016, n. 23283).
In questa situazione sono da apprezzare gli sforzi com-
piuti dalle SS.UU. tendenti a valorizzare, pur andando al di
là della lettera della legge di cui alla novella del 2017, l’orien-
tamento delle sezioni penali che hanno comunque ricono-
sciuto all’art. 2236 c.c. la valenza di principio di razionalità
e regola di esperienza cui attenersi nel valutare l’addebito
d’imperizia qualora si tratti di affrontare problemi di parti-
colare difficoltà o si versi in situazioni di emergenza. Questi
sforzi interpretativi cercano di porre rimedio ai guasti creati
al sistema da non meditati interventi legislativi, a dimostra-
zione che, in ogni caso, è sempre il diritto vivente ad imporsi.
6. Anche la scelta operata dalla legge Gelli-Bianco, di
rendere la causa di non punibilità operativa soltanto in re-
lazione alla colpa per imperizia, si pone in contrasto con
la giurisprudenza di legittimità, che ha, invece, mostrato
di propendere per la estensione della irresponsabilità da
colpa lieve a tutte le forme di colpa generica. È vero che la
limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve, pre-
vista dalla legge Balduzzi, operava prevalentemente per
le condotte professionali conformi alle linee-guida conte-
nenti regole di perizia, ma, occorre precisare che il testo
della legge nulla specificava a proposito di quali tipologie
di colpa generica potessero rientrare nel beneficio.
Sul punto relativo ai limiti di operatività della colpa lie-
ve, va rilevato che all’orientamento giurisprudenziale, lar-
gamente maggioritario, che limitava l’applicazione della
irresponsabilità per colpa lieve alle sole condotte conno-
tate da imperizia (cfr. Cass. 24 gennaio 2013, n. 11493), si
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