Corte di cassazione civile sez. III, 13 gennaio 2015, n. 287

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 5/2015
LEGITTIMITÀ
2.2. Il terzo motivo è inammissibile, siccome espresso
in termini astratti, senza puntuale riferimento ai passi
della motivazione che si reputano dimostrativi del lamen-
tato vizio.
2.3. Per contro, risulta fondato il secondo motivo di
ricorso.
Secondo quanto disposto dall’art. 186, comma 9, c.d.s.,
la pena detentiva e pecuniaria inf‌litta per i reati previsti
dall’art. 186 medesimo (escluso il caso di cui al comma 2
bis) può essere sostituita, anche con il decreto penale di
condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato,
con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54
del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi
previste.
In particolare, per quel che qui occupa, il comma 3
del menzionato art. 54, dispone che l’attività venga svolta
nell’ambito della provincia in cui risiede il condannato.
Orbene, la lettura integrata delle due disposizioni
appena richiamate rende manifesto che nell’apparato
sanzionatorio previsto per il reato di guida in stato di eb-
brezza il lavoro di pubblica utilità conosce alcune peculiari
connotazioni rispetto all’istituto disciplinato dall’art. art.
54 del D.L.vo n. 274 del 2000, rappresentate dalla suff‌icien-
za della “non opposizione” dell’imputato (in luogo della ri-
chiesta del medesimo) e dalla durata edittale della pena
del lavoro di pubblica utilità (ma non anche dal criterio di
computo: sez. I, n. 64 del 17 ottobre 2013 - dep. 2 gennaio
2014, Pmt in proc. Piccone, Rv. 258391). Non vi è alcuna
previsione di deroga, all’inverso, per quanto concerne la
previsione dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità
in un comune della provincia di residenza dell’imputato.
Non ha quindi errato la Corte di Appello nel ritenere
che la previsione normativa imponga la predetta relazione
tra residenza del condannato e luogo di esecuzione della
pena sostitutiva.
Tuttavia il diniego della sostituzione della pena è ciò
non di meno illegittimo poichè è stato ripetutamente affer-
mato da questa Corte - sia pure con una certa oscillazione
interpretativa (cfr. da ultimo sez. IV, n. 30198 del 15 gen-
naio 2013 - dep. 12 luglio 2013, Demaria, Rv. 257738) - che
non grava sull’imputato l’onere di def‌inire le modalità di
esecuzione della misura, essendo tale compito demandato
al giudice (ex multis, sez. IV, n. 12926 del 11 ottobre 2012
- dep. 20 marzo 2013, Di Benedetto, Rv. 255523). Principio
che appare meritevole di conferma anche in questa sede,
perchè la sostituzione della pena risponde alla necessità
costituzionalmente imposta di individualizzazione della
pena; e quando sia stata ritenuta l’adeguatezza funzionale
della pena sostitutiva non può essere d’ostacolo alla sua
esecuzione l’insuff‌iciente iniziativa dell’imputato, peraltro
neppure prevista dalla normativa.
Si deve quindi formulare il seguente principio di diritto:
“In tema di reati di guida in stato di ebbrezza, la pena so-
stitutiva del lavoro di pubblica utilità deve essere eseguita
in un Comune della Provincia di residenza del condan-
nato; ciò non di meno, ove questi abbia fatto la richiesta
di sostituzione della pena principale indicando il luogo di
esecuzione del lavoro di pubblica utilità in contrasto con
quanto previsto dalla legge, la sostituzione della pena non
può essere negata, dovendo il giudice def‌inire le modalità
di esecuzione della sanzione sostitutiva”.
Pertanto, non avendo la Corte di Appello ritenuto che
la pena sostitutiva fosse inadeguata a realizzare gli scopi
che l’ordinamento assegna al trattamento sanzionatorio,
essa non avrebbe potuto negare la sostituzione perchè era
stata prospettata una prestazione avente modalità di ese-
cuzione difformi da quelle previste dalla legge ma avrebbe
dovuto assumere le iniziative necessarie a rendere con-
cretamente eseguibile la sanzione sostitutiva.
3. Ne consegue l’annullamento della sentenza impu-
gnata limitatamente alla statuizione concernente il lavoro
di pubblica utilità, con rinvio ad altra sezione della Corte
di Appello di Milano per l’ulteriore corso.
Visto l’art. 624 c.p.p., va dichiarata l’irrevocabilità della
sentenza in ordine all’affermazione di responsabilità del-
l’imputato. (Omissis)
corte di cassazione ciVile
sez. iii, 13 Gennaio 2015, n. 287
pres. berruti – est. lanzillo – p.m. apice (diff.) – ric. comune di X (aVV.
sorice) c. a. ed altri (aVV. sara)
Responsabilità civile y Amministrazione pub-
blica y Opere pubbliche y Strade y Danni da insidia
stradale y Responsabilità ex art. 2051 c.c. dell’ente
proprietario y Limiti y Prevedibilità della situazione
di pericolo da parte del danneggiato y Incidenza y
Fattispecie in tema di caduta di conducente di ci-
clomotore su strada interpoderale.
. In tema di danno da insidia stradale, quanto più la
situazione di pericolo connessa alla struttura o alle
pertinenze della strada pubblica è suscettibile di es-
sere prevista e superata dall’utente-danneggiato con
l’adozione di normali cautele, tanto più rilevante deve
considerarsi l’eff‌icienza del comportamento impru-
dente del medesimo nella produzione del danno, f‌ino
a rendere possibile che il suo contegno interrompa
il nesso eziologico tra la condotta omissiva dell’ente
proprietario della strada e l’evento dannoso. (Nella
specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impu-
gnata che, nel ravvisare la responsabilità dell’ente pro-
prietario ex art. 2051 cod. civ., non aveva tenuto conto
della natura interpoderale della strada, peraltro priva
di pericoli nella fascia centrale della carreggiata, della
velocità non moderata tenuta dal conducente del ciclo-
motore, in discesa e in corrispondenza di una strettoia
e di una semicurva, nonché dell’avvenuto trasporto di
un passeggero su ciclomotore omologato per una sola
persona). (c.c., art. 2051) (1)
(1) Sostanzialmente in senso conforme si sono espresse Cass. civ. 22
ottobre 2014, n. 23919, in questa Rivista 2014, 306 e Cass. civ. 20 gen-
naio 2014, n. 999, ibidem, in tema di caduta conseguente ad inciampo
in tombino malfermo e mobile.

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