Corte di cassazione civile sez. VI, ord. 10 novembre 2014, n. 23899

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 1/2015
LEGITTIMITÀ
qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti prin-
cipi di cui all’art. 2, commi 2 e 3 c.p.” (Cass. n. 4007 del
2000; Cass. n. 1105 del 2012; ma vedi già Cass. n. 9091 del
1998). Principio, questo, ribadito anche dalle Sezioni Uni-
te di questa Corte, che, nella sentenza n. 14374 del 2012,
hanno affermato che “l’avvenuta abrogazione di divieti già
tipizzati nel codice deontologico, non può elidere l’anti-
giuridicità delle condotte pregresse, secondo la regola
penalistica della retroattività degli effetti derivanti dalla
abolitio criminis ai procedimenti in corso, poiché l’illecito
deontologico è riconducibile al genus degli illeciti ammi-
nistrativi, per i quali - in difetto della eadem ratio - non
trova applicazione, in via analogica, il principio del favor
rei sancito dall’art. 2 cod. pen., bensì quello del tempus
regit actum”.
Il principio della retroattività della norma più favore-
vole in materia di illeciti amministrativi, quindi, non può
essere condiviso, dovendo trovare applicazione invece il
diverso principio dell’ultrattività espressamente recepito
dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1, comma 1. Trat-
tasi del resto di un orientamento consolidato ormai da
lungo tempo (per tutte Sez. Un. 890 del 1994) e basato
sui principi di legalità, di irretroattività e di divieto di ap-
plicazione dell’analogia risultante dal richiamato art. 1, il
quale richiede l’assoggettamento del comportamento alla
legge del tempo del suo verif‌icarsi, con conseguente inap-
plicabilità della disciplina posteriore, anche laddove la
stessa sia più favorevole.
In particolare poi, per quanto riguarda il divieto di ap-
plicazione analogica dell’art. 2, commi 2 e 3 c.p., è stata
sottolineata la differenza qualitativa della materia degli
illeciti amministrativi rispetto a quella penale, differenza
che giustif‌ica il diverso trattamento sul punto da parte del
legislatore (Cass. n. 6232 del 1999).
Tale assunto potrebbe essere contraddetto esclusiva-
mente da una norma transitoria recante un’espressa di-
sposizione derogatoria, che tuttavia, nel caso di specie,
manca.
Essendo infatti l’abolitio criminis intervenuta nelle
more del giudizio, la nuova normativa non poteva che
avere applicazione dalla data della sua entrata in vigore,
e nel caso di specie a partire dal 2010. Dunque, poiché il
verbale di cui si discute è stato emesso l’8 febbraio 2008,
trovano piena applicazione i principi generali come sopra
espressi.
Peraltro, non può non rilevarsi che i principi richiamati
tanto più devono trovare applicazione in un caso, come
quello di specie, in cui oggetto di impugnazione sia un
provvedimento adottato ai sensi dell’art. 223 C.d.S. Invero,
il ritiro della patente in ipotesi di reato ha carattere pre-
ventivo e natura cautelare, e trova giustif‌icazione nella
necessità di impedire che, nell’immediato, prima ancora
che sia accertata la responsabilità penale, il conducente
del veicolo, nei cui confronti sussistano fondati elementi
di un’evidente responsabilità in ordine ad eventi lesivi del-
l’incolumità altrui, continui a tenere una condotta che può
arrecare pericolo ad altri soggetti. Proprio in considerazio-
ne di tale funzione cautelare, si è precisato che esso deve
essere adottato entro un tempo ragionevole dall’accerta-
mento della violazione, non potendo altrimenti assolvere
alla f‌inalità cautelare che gli è propria (Cass. n. 7731 del
2009; Cass., S.U., n. 13226 del 2007). Conseguentemente,
il riscontro della legittimità dell’adozione di tale provvedi-
mento non può essere effettuato altro che con riferimento
alla situazione normativa vigente al momento del fatto,
ininf‌luenti essendo eventuali successive modif‌icazioni
normative, anche se più favorevoli al destinatario del
provvedimento stesso.
Nella specie, il riscontro di legittimità del provvedi-
mento prefettizio è stato quindi correttamente effettuato
dal giudice di appello in base alla normativa vigente al
momento della commissione del fatto.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, con con-
seguente condanna del ricorrente, in applicazione del
principio della soccombenza, al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.
Poiché il ricorso, notif‌icato in data successiva al 31
gennaio 2013, è rigettato, e poiché risulta dagli atti del
giudizio che il procedimento in esame è assoggettato al
pagamento del contributo unif‌icato, deve dichiararsi la
sussistenza delle condizioni di cui al comma 1-quater
dell’art. 13 del testo unico approvato con il D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012,
n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di
stabilità 2013). (Omissis)
corTE Di cASSAZioNE civiLE
SEZ. vi, orD. 10 NovEmbrE 2014, N. 23899
prES. biANchiNi – EST. ScALiSi – ric. comUNE Di vEroNA (Avv.Ti cLArich,
cAiNEri E SALA) c. D.G.
Depenalizzazione y Accertamento delle violazioni
amministrative y Contestazione y Non immediata
y Violazioni del Codice della strada y Circolazione
sulle corsie riservate y Rilevamento mediante uti-
lizzo di telecamere y Ammissibilità.
. In tema di accertamento delle infrazioni al codice
della strada, l’espressa previsione contenuta nell’art.
201 c.d.s., comma 1 bis, così come introdotto dal D.L. 27
giugno 2003, n. 151, art. 4, conv. in L. 1 agosto 2003, n.
214, che ha assoggettato ad identica disciplina, ai f‌ini
dell’esonero dall’obbligo di contestazione immediata,
sia l’accesso alle zone a traff‌ico limitato sia la circo-
lazione sulle corsie riservate, ha l’effetto di rendere
possibile, dal momento in cui tale norma è entrata in
vigore, l’utilizzo dei dispositivi previsti dalla L. n. 127
del 1997, art. 17, comma 133 bis (cosiddette “porte
telematiche”). Tali dispositivi, anche se installati in
conformità di specif‌iche autorizzazioni ministeriali
precedenti l’entrata in vigore dell’art. 201 c.d.s., comma
1 bis, lett. g), consentono anche la rilevazione degli
illeciti relativi agli accessi alle corsie riservate. (Mass.
Redaz.) (nuovo c.s., art. 201; nuovo c.s., art. 7) (1)

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