Corte di cassazione civile sez. VI, 28 novembre 2014, n. 25305

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giur
3/2015 Arch. loc. e cond.
LEGITTIMITÀ
facesse parte degli accordi contrattuali, non essendo ri-
portata la relativa clausola contrattuale (nella sentenza
impugnata si parla genericamente dell’impegno assunto
dal locatore di eseguire alcuni lavori straordinari). Inol-
tre, l’inserimento nel contratto della clausola solve et
repete impediva di prendere in considerazione eccezioni
di inadempimento.
L’eccezione di nullità della clausola solve et repete
è poi inammissibile in quanto questione nuova, non ri-
sultando che essa sia stata esaminata dalla sentenza di
appello, né tanto meno che sia stata sollevata e che su di
essa la corte territoriale non si sia pronunciata. Inf‌ine,
con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1282, 2° comma
c.c. e 1219 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. avendo
la corte d’appello ritenuto che gli interessi moratori per il
ritardato pagamento dei canoni non necessitassero, ai f‌ini
della loro decorrenza, di una messa in mora da parte del
creditore.
Anche quest’ultimo motivo è infondato. Infatti, si tratta
di obbligazioni portable, che devono essere adempiute al
domicilio del creditore, in relazione alle quali si richiama
il consolidato orientamento di questa corte secondo il
quale anche per i crediti derivanti da f‌itti e pigioni non è
necessaria - ai f‌ini della decorrenza degli interessi - la co-
stituzione in mora quando il termine per pagare è scaduto
e la prestazione deve essere effettuata nel domicilio del
creditore (Cass. n. 5836 del 2007, ma già Cass. n. 7628 del
1986), in applicazione dell’art. 1219 n. 3 c.c.).
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come
al dispositivo. (Omissis)
Corte di CAssAzione Civile
sez. vi, 28 novembre 2014, n. 25305
pres. finoCChiAro – est. CArluCCio – p.m. X – riC. bArone i. ed Altri
(Avv.ti furitAno e Algozini) C. murAti ed Altri
Appello civile y Appellabilità (provvedimenti ap-
pellabili) y Sentenza y Nel rito locatizio y Omessa
lettura del dispositivo all’udienza di discussione y
Nullità insanabile y Sussistenza y Cassazione della
sentenza medesima y Necessità y Rinvio al giudice
d’appello y Necessità y Applicabilità della regola
desumibile dagli artt. 353 e 354 c.p.c. y Esclusione
y Fondamento.
. Nelle controversie soggette al rito locatizio, l’omessa
lettura del dispositivo all’udienza di discussione de-
termina, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, c.p.c.,
la nullità insanabile della sentenza per mancanza del
requisito formale indispensabile per il raggiungimento
dello scopo dell’atto, correlato alle esigenze di concen-
trazione del giudizio e di immutabilità della decisione.
Deve quindi ritenersi, ove l’omissione abbia riguardato
la decisione assunta dal giudice d’appello, che la Corte
di cassazione, investita della relativa censura, debba
limitare la pronunzia alla declaratoria di nullità con
rimessione della causa al primo giudice senza decidere
nel merito, trovando applicazione tale ultima regola,
desumibile dagli artt. 353 e 354 c.p.c., esclusivamente
nei rapporti tra il giudizio di appello e quello di primo
grado. (c.p.c., art. 156; c.p.c., art. 161; c.p.c., art. 353;
c.p.c., art. 354; c.p.c., art. 429; c.p.c., art. 437; c.p.c., art.
447 bis)
svolgimento del proCesso
1. Ai f‌ini che ancora rilevano nel presente giudizio,
la controversia fu iniziata nel 1992 da Giuseppa D’Alba
nei confronti di Antonino Catalanotto in relazione ad
un immobile da quest’ultimo condotto in locazione, e fu
proseguita - dopo l’interruzione per morte del Catalanotto
e la sospensione ex art. 295 c.p.c. in attesa della def‌ini-
zione di altro giudizio pendente tra le parti - in esito a
riassunzione, nel contraddittorio con Murati Francesca,
Catalanotto Amalia, Vinci Benedetto e Vinci Giuseppe.
Con ordinanza del novembre 2009, fu disposta la prose-
cuzione del giudizio con rito locatizio, e la controversia si
concluse in primo grado con la sentenza del Tribunale di
Palermo, di condanna dei convenuti al pagamento di circa
euro 4.500,00 oltre accessori, in parziale accoglimento
delle domande.
L’impugnazione proposta dalla D’Alba fu dichiarata
inammissibile per tardità dell’appello (sentenza dell’8
agosto 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, gli eredi di D’Alba Giu-
seppa propongono ricorso per cassazione aff‌idato a due
motivi, esplicati da memoria.
Gli intimati non si difendono.
motivi dellA deCisione
1. La Corte di merito, ha rilevato che in primo grado
era stata disposta dal giudice la conversione del rito da
ordinario a locatizio; che l’appello era stato proposto con
citazione ordinaria e non con ricorso; che, secondo la giu-
risprudenza costante, la nullità della forma della citazione
è esclusa se l’atto di citazione è stato depositato nei termi-
ni previsti per il deposito del ricorso (trenta giorni dalla
notif‌icazione della sentenza); che nella specie l’appello
- seppure nella forma della citazione - era stato notif‌ica-
to tempestivamente, ma era stato depositato (mediante
iscrizione a ruolo) dopo la scadenza di detto termine.
Quindi, ha concluso per l’inammissibilità per tardività,
con conseguente passaggio in giudicato della sentenza
impugnata.
2. Con il primo motivo, nel dedurre la violazione degli
artt. 156, 429 e 437 c.p.c., si sostiene la nullità insanabile
della sentenza impugnata, con conseguente cassazione
della stessa e rinvio al giudice di merito, per non essere
stata decisa il giorno dell’udienza di discussione e con let-
tura del dispositivo ai sensi dell’art. 437 c.p.c., nonostante
si trattasse di causa con il rito locatizio, essendo stata la
controversia decisa invece con il rito ordinario nella ca-
mera di consiglio del 20 luglio 2012, in esito all’udienza del
3 luglio precedente, con deposito il successivo 8 agosto.

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