Corte di cassazione civile sez. III, 21 novembre 2014, n. 24843

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giur
Arch. loc. e cond. 2/2015
LEGITTIMITÀ
4. Con il secondo motivo di gravame è denunciata una
questione nuova e non sottoposta allo scrutinio del giudice
d’appello.
In tema di ricorso per cassazione, vige il principio secon-
do cui non sono proponibili, perché precluse ai sensi dell’art.
art. 609, comma 2, c.p.p., questioni coinvolgenti valutazioni
mai prima sollevate, ad eccezione di quelle rilevabili d’uf-
f‌icio e salva la facoltà attribuita alla Corte di Cassazione
dall’art. 609, comma secondo, cod. proc. pen., di decidere
anche le questioni non dedotte nei motivi di appello la cui
deducibilità sia divenuta possibile solo successivamente,
sempre che si tratti di questioni di solo diritto che sorgano
per “jus superveniens” ovvero in relazione a circostanze non
emerse prima, che però siano pur sempre di diritto (Sez. I,
n. 5398 del 28 settembre 1993, Berisa, Rv. 197808; Sez. II, n.
48308 del 15 ottobre 2004, Ficarra, Rv. 230425).
Deve pertanto ritenersi rilevabile d’uff‌icio nel giudizio
di cassazione, e quindi anche in presenza di eccezioni mai
prima sollevate o in assenza di uno specif‌ico motivo di ricor-
so, la sussistenza di una causa di giustif‌icazione del reato,
escludendo essa la punibilità dell’agente, a condizione che
l’esistenza emerga dal testo del provvedimento impugnato o
da altri atti specif‌icamente indicati nel ricorso e che la sua
rilevabilità non comporti accertamenti in fatto o valutazioni
di merito incompatibili con il giudizio di legittimità.
Nel caso di specie, è dedotta l’esistenza di uno stato
di necessità i cui elementi costitutivi sono del tutto non
delineati ed ictu oculi non insussistenti, derivando da ciò
la manifesta infondatezza del motivo.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono,
la Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato
inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente,
ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese
del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costitu-
zionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato
che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato pre-
sentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi
la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00
in favore della Cassa delle Ammende. (Omissis)
corte di cAssAzione civile
sez. iii, 21 novembre 2014, n. 24843
pres. russo – est. scrimA – p.m. corAsAniti (conf.) – ric. rete
ferroviAriA itAliAnA s.p.A. (Avv. d’ercole) c. c.i. (Avv. montosi)
Contratto di locazione y Durata y Immobili adibiti
ad uso diverso da quello abitativo y Clausola dero-
gativa della durata minima legale del contratto y
Nullità dell’intero contratto y Esclusione y Eteroin-
tegrazione del contratto y Applicazione della durata
legale prevista dall’art. 27 L. n. 392/78 y Sussiste.
. In tema di locazione, la nullità della clausola che li-
mita la durata di un contratto soggetto alle disposizioni
dell’art. 27, L. 392 del 1978, ad un tempo inferiore al
termine minimo stabilito dalla legge determina l’au-
tomatica eterointegrazione del contratto, ai sensi del
secondo comma dell’art. 1419 c.c., con conseguente
applicazione della durata legale prevista dal quarto
comma del citato art. 27, risultando irrilevante l’avere
le parti convenuto che l’invalidità anche di una sola
clausola contrattuale comporti il venir meno dell’inte-
ro negozio. (Mass. Redaz.) (c.c., art. 1419; l. 27 luglio
1978, n. 392, art. 27) (1)
(1) La sentenza in epigrafe si allinea all’orientamento espresso, tra
le altre, da Cass. civ. 25 novembre 2002, n. 16580, secondo cui la sti-
pulazione di un contratto di locazione di immobile urbano destinato
ad uso non abitativo per una durata inferiore al termine minimo di
legge non determina la nullità del contratto, ma l’invalidità della
clausola derogativa e, di conseguenza, l’automatica eterointegrazio-
ne del contratto ai sensi del secondo comma dell’art. 1419 c.c., con
l’applicazione della durata minima prevista dall’art. 27 L. n. 392/78.
svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 9 dicembre 2006 presso il Tri-
bunale di La Spezia-sezione distaccata di Sarzana, C.I. (e
non V. come indicato, per evidente lapsus calami, in alcune
parti della sentenza impugnata), titolare dell’omonima ditta,
esponeva di esercitare da oltre venti anni attività di ristora-
zione e bar rivendita generi di monopolio all’interno della
stazione ferroviaria di Sarzana, in virtù del contratto stipu-
lato il 26 febbraio 1993, di durata novennale, con decorrenza
1 gennaio 1991 e scadenza 31 dicembre 1999, contratto che
si era rinnovato per la successiva scadenza del 31 dicembre
2005. Deduceva altresì il C. che il 10 gennaio 2001 la società
Metropolis S.p.a., cui la società Ferrovie dello Stato S.p.a.,
poi Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., aveva aff‌idato la gestio-
ne del proprio patrimonio, e ANRAF avevano raggiunto un
accordo per la def‌inizione di un contratto tipo da proporre
ai singoli “caffè ristoratori”; con lettera dell’8 maggio 2001 la
Metropolis aveva proposto al ricorrente la stipula di un nuo-
vo contratto, ma le trattative non avevano avuto esito positi-
vo; in data 16 novembre 2004 la Metropolis aveva inviato al
ricorrente formale disdetta del contratto del 1993 per la data
del 31 dicembre 2005; in data 30 dicembre 2005 tra il C. e la
Ferservizi S.p.a. (già Metropolis S.p.a), mandataria con rap-
presentanza della Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., era stato
concluso il contratto n. 115/2005, avente durata esennale,
con decorrenza 1 aprile 2001 e scadenza 31 marzo 2007, il
quale prevedeva un canone determinato in percentuale del
fatturato annuo conseguito dal conduttore con un minimo
annuo di Euro 21.312,00 + IVA; a garanzia dell’adempimento,
Ferservizi S.p.a. aveva richiesto una f‌ideiussione bancaria
pari a 15 mensilità + IVA per Euro 27.565,00 e aveva, quindi,
preteso la decorrenza del contratto retroattiva dal 1 aprile
2001, oltre alla somma di Euro 41.908,24, quale differenza tra
le somme corrisposte nel periodo 1 aprile 2001 - 30 dicembre
2005 e il canone retroattivo del contratto n. 115/2005.
Tanto premesso, il C. chiedeva dichiararsi la nullità
del contratto retroattivo, l’ineff‌icacia della retrodatazione
in quanto contraria a norma di legge inderogabile ex art.
79 della legge n. 392 del 1978 ed eccepiva la nullità della
garanzia f‌ideiussoria.

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