Corte di cassazione civile sez. II, 1 agosto 2014, n. 17556

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giur
Arch. loc. e cond. 6/2014
LEGITTIMITÀ
in mancanza di deroga con patto negoziale intervenuto tra
i condomini, la regola posta dall’art. 1124 c.c. (nel testo
vigente anteriormente alle modif‌iche apportate dalla L. 11
dicembre 2012, n. 220), relativa alla ripartizione delle spe-
se di manutenzione e ricostruzione delle scale, secondo
cui il riparto avviene, per metà, in ragione del valore dei
singoli piani o porzioni di piano, per l’altra metà in misura
proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
È invalida, pertanto, la delibera assembleare, adottata a
maggioranza, con la quale si stabilisca, come nella specie,
a parità di caratura millesimale e di livello di piano, un
onere di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto
di ascensore più elevato a carico dei condomini con fami-
glia più numerosa, sul presupposto della loro più intensa
utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune, e un
esonero parziale per i proprietari di unità che l’ammini-
stratore abbia accertato essere disabitate.
4. - L’esame degli altri motivi resta assorbito.
5. - La sentenza impugnata è cassata.
La causa deve essere rinviata ad altra sezione della
Corte d’appello di Milano.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione. (Omissis)
coRte di cassazione civile
sez. ii, 1 agosto 2014, n. 17556
pRes. tRiola – est. giusti – p.m. del coRe (conf.) – Ric. c.R. (avv.
feRRaRa) c. f.l. ed altRo
Parti comuni dell’edif‌icio y Cortili, chiostrine,
f‌inestre y Cavedio y Nozione y Presunzione di condo-
minialità y Fondamento y Superamento y Limiti.
. Il cavedio (o chiostrina, vanella, pozzo luce), cortile
di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perime-
trali e dalle fondamenta dell’edif‌icio condominiale,
essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce
a locali secondari (quali bagni, disimpegni, servizi), è
sottoposto al regime giuridico del cortile, qualif‌icato
bene comune, salvo titolo contrario, dall’art. 1117, n.
l, cod. civ., senza che la presunzione di condominialità
possa essere vinta dal fatto che al cavedio si acceda
solo dall’appartamento di un condomino o dal fatto che
costui vi abbia posto manufatti collegati alla sua unità
(nella specie, pilozza, scaldabagno, impianto d’illumi-
nazione), in quanto l’utilità particolare che deriva da
tali fatti non incide sulla destinazione tipica e normale
del bene in favore dell’edif‌icio condominiale. (c.c., art.
1117) (1)
(1) Sulla sostanziale equiparazione del pozzo luce al cortile, v. Cass.
civ. 7 aprile 2000, n. 4350, in Ius&Lex dvd n. 6/2014, ed. La Tribuna. Sul-
la seconda parte della massima, v. Cass. civ. 3 agosto 1984, n. 4625, in
questa Rivista 1985, 66; Cass. 11 maggio 1978, n. 2309, in Arch. civ. 1978,
1004 e Cass. 3 settembre 1976, n. 3084, in Mass. Giust. civ. 1976, 1313.
La presente decisione conserva la propria eff‌icacia anche dopo la
legge di riforma del condominio.
svolgimento del pRocesso
1. - In accoglimento della domanda proposta da F.L. e
F.A. nei confronti di C.R., il Tribunale di Gela, con sentenza
in data 3 giugno 2004, dichiarava la proprietà comune del
pozzo luce dell’immobile condominiale di via Carducci,
n. 44, a Gela, rigettava l’eccezione di usucapione perchè
tardiva ed inammissibile ed ordinava la rimozione delle
opere murarie realizzate dalla convenuta.
2. - La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza
resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 22 aprile
2008, ha rigettato il gravame interposto dalla C..
2.1. - La Corte territoriale ha rilevato che dalla consu-
lenza espletata in primo grado risulta che il pozzo luce era
stato costituito per dare aria e luce ai piani superiori, es-
sendo tra l’altro sede delle colonne di scarico dei servizi
igienici dei piani realizzati in sede di sopraelevazione del
fabbricato.
La parte appellante - ha proseguito la Corte territo-
riale - non ha inoltre provato l’esistenza di una esplicita
previsione nel titolo di acquisto idonea a superare la pre-
sunzione legale di comunione pro Indiviso delle parti di
fabbricato destinate ad uso comune, giacchè dall’atto di
vendita del 20 gennaio 1972 tra D.E. (venditori alienanti)
e i coniugi Q.N. e C. R. (compratori acquirenti) non si ri-
scontra alcun riferimento all’esclusione della proprietà
comune del pozzo luce.
3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d’ap-
pello la C. ha proposto ricorso, con atto notif‌icato il 15
dicembre 2008, sulla base di tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in que-
sta sede.
motivi della decisione
1. - Con il primo motivo (omessa, insuff‌iciente e con-
traddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio) la ricorrente si duole dell’omes-
so accertamento della sussistenza degli elementi fattuali
(presenza di pilozza, di scaldabagno, di impianto di illu-
minazione, tutti collegati, idricamente ed elettricamente,
agli impianti dell’appartamento a piano terreno e non a
quello condominiale; accesso all’area calpestabile del
piano terreno esclusivamente dall’appartamento C.), indi-
spensabili per stabilire se l’area calpestabile del pozzo
luce era posta a servizio esclusivo dell’abitazione posta a
piano terreno oppure a servizio del condominio.
Con il secondo mezzo (omessa, insuff‌iciente e con-
traddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio) la ricorrente deduce che, in
origine, l’immobile era costituito da un appartamento a
piano terreno, e il vano centrale dell’appartamento, che
in futuro avrebbe ospitato la base del pozzo luce, era in-
globato nell’abitazione e costituiva proprietà esclusiva del
soggetto titolare dell’appartamento. Soltanto nel 1966, con
la sopraelevazione e la realizzazione di altri due appar-
tamenti, rispettivamente al primo e al secondo piano, il
soff‌itto del vano centrale venne eliminato, con consequen-
ziale realizzazione del pozzo luce. Secondo la ricorrente,
“l’accertamento fattuale della progressione edilizia quale

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