Corte costituzionale 6 dicembre 2013, n. 291 (c.c. 25 settembre 2013)

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Rivista penale 5/2014
Corte costituzionale
CORTE COSTITUZIONALE
6 DICEMBRE 2013, N. 291
(C.C. 25 SETTEMBRE 2013)
PRES. SILVESTRI – REL. FRIGO – RIC. TRIB. SANTA MARIA C.V.
Misure di prevenzione y Appartenenti ad associa-
zioni maf‌iose y Sorveglianza speciale con obbligo
di soggiorno y Sospensione dell’esecuzione a causa
dello stato detentivo in espiazione di pena del sot-
toposto y Presunzione iuris tantum di persistenza
della pericolosità, malgrado il trattamento, nel
momento dell’esecuzione y Ius superveniens che re-
cepisce la disposizione dichiarata incostituzionale,
senza signif‌icative variazioni y Violazione del prin-
cipio di ragionevolezza y Disparità di trattamento
rispetto alla disciplina delle misure di sicurezza y
Illegittimità costituzionale parziale.
. É illegittimo costituzionalmente, in riferimento agli
artt. 3 e 24 Cost., l’art. 12 della L. 27 dicembre 1956, n.
1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone
pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità)
- ora trasfuso nell’art. 15 del D.L.vo 6 settembre 2011,
n. 159 (Codice delle leggi antimaf‌ia e delle misure di
prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di
documentazione antimaf‌ia, a norma degli articoli 1 e 2
della legge 13 agosto 2010, n. 136) - nella parte in cui
non prevede che, nel caso di sospensione dell’esecu-
zione di una misura di prevenzione personale a causa
dello stato di detenzione per espiazione di pena del
sottoposto, il giudice dell’esecuzione debba valutare la
persistenza della sua pericolosità sociale nel momento
dell’esecuzione della misura. (l. 27 dicembre 1956, n.
12, art. 12) (1)
(1) La Consulta ha già affrontato una questione analoga a quella
oggetto della sentenza in epigrafe in relazione alle misure di sicu-
rezza. In particolare, con le pronunce 13 dicembre 1988, n. 1102, in
Ius&Lex dvd n. 3/2014, ed. La Tribuna e 28 luglio 1983, n. 249, in que-
sta Rivista 1983, 946, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 219, terzo
comma, c.p., nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina il
provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia al previo
accertamento della pericolosità sociale, derivante dalla seminfer-
mità di mente, soltanto nel momento in cui la misura di sicurezza
viene disposta e non anche nel momento della sua esecuzione.
La questione relativa alla compatibilità tra detenzione per espiazio-
ne di pena e misure di prevenzione personali è stata risolta dalle
SS.UU. con le sentenze 14 luglio 1993, n. 6, ivi 1994, 442, e 2 marzo
2008, n. 10281, in Arch. nuov proc. pen. 2008, 283, nel senso di rite-
nere applicabile la misura di prevenzione della sorveglianza speciale
di pubblica sicurezza anche nei confronti di persona detenuta. Le
SS.UU. hanno osservato che, dovendosi distinguere tra momento
deliberativo e momento esecutivo della misura di prevenzione e atte-
nendo la sua incompatibilità con lo stato di detenzione del proposto
unicamente alla esecuzione della misura stessa, questa può avere
inizio solo quando tale stato venga a cessare, ferma restando la pos-
sibilità per il soggetto di chiederne la revoca, per l’eventuale venire
meno della pericolosità in conseguenza dell’incidenza positiva sulla
sua personalità della funzione risocializzante della pena.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza depositata il 21 maggio 2012, il Tribuna-
le di Santa Maria Capua Vetere ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 12 della legge 27 dicembre 1956, n.
1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone
pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) -
ora trasfuso nell’art. 15 del decreto legislativo 6 settembre
2011, n. 159 (Codice delle leggi antimaf‌ia e delle misure
di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di
documentazione antimaf‌ia, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 13 agosto 2010, n. 136) - nella parte in cui non prevede
che, nel caso di sospensione dell’esecuzione di una misura
di prevenzione personale a causa dello stato di detenzione
per espiazione di pena del sottoposto, il giudice dell’esecu-
zione debba valutare la persistenza della sua pericolosità
sociale nel momento dell’esecuzione della misura.
Il giudice a quo riferisce di dover decidere sulla propo-
sta di applicazione della misura di prevenzione personale
della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con ob-
bligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora
abituale, formulata il 3 febbraio 2011 dalla Procura della
Repubblica di Napoli, Direzione distrettuale antimaf‌ia, ai
sensi della legge 27 dicembre 1965, n. 575 (Disposizioni
contro le organizzazioni criminali di tipo maf‌ioso, anche
straniere) - applicabile ratione temporis alla fattispecie
in forza dell’art. 117 del D.L.vo n. 159 del 2011 - nei con-
fronti di una persona indiziata di appartenere al sodalizio
camorrista denominato «clan dei casalesi».
Dal certif‌icato del casellario giudiziale emerge che il pro-
posto - attualmente detenuto per espiazione di pena - ha ri-
portato plurime condanne def‌initive a pene detentive, anche
molto elevate, per delitti di stampo camorristico, e che la sua
liberazione è prevista per il 21 maggio 2027 (ossia dopo circa
quindici anni dalla data dell’ordinanza di rimessione).
Nella specie, pertanto, la misura di prevenzione perso-
nale dovrebbe essere applicata a un soggetto detenuto per
reati precedentemente commessi: ipotesi non regolata dal-
la legge n. 1423 del 1956, che si limita a prevedere, all’art.
11, secondo comma (attuale art. 14, comma 2, del D.L.vo
n. 159 del 2011), il diverso caso della commissione di un
reato nel periodo di durata della sorveglianza speciale.

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