Corte costituzionale 8 aprile 2014, n. 80 (c.c. 8 aprile 2014)

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Rivista penale 6/2014
CORTE COSTITUZIONALE
CORTE COSTITUZIONALE
8 APRILE 2014, N. 80
(C.C. 8 APRILE 2014)
PRES. SILVESTRI – REL. FRIGO – RIC. TRIB. DI BOLOGNA ED ALTRO
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Imposta
sul valore aggiunto y Omesso versamento dell’IVA
ex art. 10 ter D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74 y Illegitti-
mità costituzionale parziale.
. È illegittimo costituzionalmente, in riferimento
all’art. 3 Cost., l’art. 10 ter del D.L.vo 10 marzo 2000,
n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte
sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo
9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui,
limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre
2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul va-
lore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione
annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo
di imposta, ad euro 103.291,38 . (d.l.vo 10 marzo 2000,
n. 74, art. 4; d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 5) (1)
(1) Interessante pronuncia della Consulta in merito alla quale non
risultano editi precedenti. La Corte Costituzionale ha inteso dare
una def‌inizione ad una questione che risulta decisiva in ordine
all’eventuale responsabilità penale dell’imputato; in effetti, raf-
frontando le ipotesi di cui agli artt. 4 e 5 D.L.vo 74/2000, con quella
offerta dall’art. 10 ter dello stesso D.L.vo, la Consulta ha ravvisato
una irragionevole disparità di trattamento fra il soggetto che non
abbia presentato la relativa dichiarazione annuale al f‌ine di evadere
l’imposta e il soggetto che abbia presentato regolarmente la dichiara-
zione, senza tuttavia versare l’imposta entro il termine indicato dalla
norma denunciata. Da qui segue l’individuazione di una violazione
dell’art. 3 Cost. dal momento che i soggetti presentano la medesima
situazione reddituale.
RITENUTO IN FATTO
1.1.– Con ordinanza del 13 giugno 2013, il Tribunale
di Bologna ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Co-
stituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art.
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul
valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, limitatamente ai
fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso
versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), dovuta
in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi
superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 50.000
ma non ad euro 77.468,53.
Il giudice a quo rileva come la norma censurata puni-
sca con la pena indicata dall’art. 10-bis del D.L.vo n. 74
del 2000 chiunque non versa, nei limiti ivi previsti, l’IVA
dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il ter-
mine per il versamento dell’acconto relativo al periodo
di imposta successivo. Per la conf‌igurabilità del reato è
dunque necessario, da un lato, che l’omesso versamento
sia di importo superiore a 50.000 euro per ciascun periodo
d’imposta (soglia di punibilità prevista dal richiamato art.
10-bis); dall’altro, che detta imposta risulti dovuta in base
alla dichiarazione annuale, regolarmente presentata.
Per converso, l’art. 5 del D.L.vo n. 74 del 2000, prima
della sua modif‌ica ad opera dell’art. 2, comma 36-vicies
semel, lettera f), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione f‌inanziaria
e per lo sviluppo), convertito, con modif‌icazioni, dalla leg-
ge 14 settembre 2011, n. 148, puniva con la reclusione da
uno a tre anni chiunque, al f‌ine di evadere le imposte sui
redditi o sul valore aggiunto, non presentasse, essendovi
obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette
imposte, «quando l’imposta evasa è superiore, con riferi-
mento a taluna delle singole imposte, ad euro 77.468,53».
Dal raffronto tra le due disposizioni emergerebbe una
irragionevole disparità di trattamento fra il soggetto che
– essendo tenuto a versare l’IVA per un importo compreso
nell’intervallo tra le due soglie (superiore, cioè, a 50.000
euro, ma non a 77.468,53 euro) – non abbia presentato la
relativa dichiarazione annuale al f‌ine di evadere l’imposta,
e il soggetto che, trovandosi nelle medesime condizioni,
abbia presentato regolarmente la dichiarazione senza
tuttavia versare l’imposta entro il termine indicato dalla
norma denunciata (il 27 dicembre dell’anno successivo).
Nel primo caso, infatti, il contribuente resta esente da
pena, non risultando raggiunta la soglia di punibilità previ-
sta dall’art. 5 del D.L.vo n. 74 del 2000 per l’omessa dichia-
razione; nel secondo, incorre invece in responsabilità pena-
le, anche per i fatti commessi entro il 17 settembre 2011, in
ragione del superamento della soglia di 50.000 euro, previ-
sta dalla norma censurata per l’omesso versamento.
Tale assetto risulterebbe chiaramente lesivo del princi-
pio di eguaglianza, sancito dall’art. 3 Cost., determinando
il paradossale risultato di riservare un trattamento meno
favorevole a chi ha tenuto la condotta meno lesiva degli
interessi del f‌isco.
La conclusione troverebbe conferma nella modif‌ica
apportata all’art. 5 del D.L.vo n. 74 del 2000 dal citato D.L.
n. 138 del 2011, che ha ridotto ad euro 30.000 la soglia
di punibilità relativa all’omessa presentazione della di-
chiarazione annuale, portandola così al di sotto di quella
prevista per l’omesso versamento dell’IVA. Siffatta modi-
f‌ica trova, tuttavia, applicazione solo in rapporto ai fatti
commessi dopo il 17 settembre 2011, e dunque non elimi-
na la disparità di trattamento riscontrabile con riguardo ai
fatti realizzati entro detta data.
La questione risulterebbe, per altro verso, «all’eviden-
za» decisiva «in ordine alle determinazioni sulla penale
responsabilità dell’imputato», non essendo possibile «al-
trimenti la def‌inizione del giudizio».
1.2.– È intervenuto il Presidente del Consiglio dei mini-
stri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manife-
stamente inammissibile o manifestamente infondata.
Ad avviso della difesa dello Stato, la questione sarebbe
manifestamente inammissibile, non avendo il rimettente
descritto in alcun modo la vicenda concreta sottoposta al
suo vaglio, limitandosi ad affermare la rilevanza in modo
apodittico.
Nel merito, la questione sarebbe comunque manifesta-
mente infondata, dovendosi escludere che, nel frangente,

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