Corte costituzionale 27 febbraio 2015, n. 23 (c.c. 28 gennaio 2015)
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Arch. nuova proc. pen. 3/2015
Corte costituzionale
corte costituzionaLe
27 Febbraio 2015, n. 23
(c.c. 28 gennaio 2015)
pres. criscuoLo – reL. napoLitano – ric. gip presso iL tibunaLe di
avezzano in proc. d.g.a.
giudizio per decreto y Decreto di condanna y Defi-
nizione del procedimento y Promosso su querela di
parte y Opposizione del querelante alla condanna
y Facoltà y Esclusione y Illegittimità costituzionale
parziale.
. È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli
artt. 3 e 111 Cost., l’art. 459, comma 1, c.p.p., nella par-
te in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi,
in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione
del procedimento con l’emissione di decreto penale di
condanna. (c.p.p., art. 459) (1)
(1) Questione nuova, in merito alla quale non risultano editi prece-
denti, emessa in ordine al testo dell’art. 459 c.p.p., comma 1, come
modificato dalla legge n. 479/1999, che ha ampliato la sfera di ap-
plicazione di questo rito alternativo anche per i reati perseguibili a
querela, subordinandone l’applicabilità alla condizione negativa che
nell’atto di querela non sia dichiarata l’opposizione del querelante. In
dottrina, si veda P. GRILLO, Lo stato dell’arte del procedimento per
decreto penale di condanna: la valorizzazione del “nolo contendere”
attraverso le forme dell’acquiescenza, in questa Rivista 2012, 474.
ritenuto in Fatto
1. – Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
ordinario di Avezzano, con ordinanza del 7 agosto 2013,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della
Costituzione, dell’art. 459, primo comma, c.p.p. (come
sostituito dall’art. 37, comma 1, della legge 16 dicembre
1999, n. 479 – Modifiche alle disposizioni sul procedi-
mento davanti al tribunale in composizione monocratica e
altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al
codice penale e all’ordinamento giudiziario. Disposizioni
in materia di contenzioso civile pendente, di indennità
spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione
forense), nella parte in cui prevede la facoltà del quere-
lante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla
definizione del procedimento con l’emissione di decreto
penale di condanna.
Premette il rimettente che l’ufficio del pubblico mini-
stero ha esercitato l’azione penale nei confronti dell’impu-
tato D.G.A., depositando richiesta di emissione di decreto
penale di condanna in relazione al reato di cui all’art. 388,
terzo e quarto comma, c.p., nonostante l’espressa oppo-
sizione del querelante alla definizione del procedimento
mediante decreto penale di condanna formulata ex art.
459, comma 1, c.p.p.
Unitamente alla richiesta di emissione di decreto
penale l’Ufficio del pubblico ministero ha chiesto di sol-
levare questione di legittimità costituzionale dell’art. 459,
comma 1, c.p.p. nella parte in cui prevede, per i soli reati
perseguibili a querela, il potere in capo al querelante di
opporsi alla definizione del procedimento con decreto
penale di condanna, per contrasto di detta norma con gli
artt. 3, 101 e 111 Cost.
In particolare, il rappresentante dell’ufficio della
Procura rileva il contrasto della norma citata con l’art. 3
Cost., sotto il duplice profilo dell’irragionevolezza della di-
sposizione e della violazione del principio di uguaglianza,
in quanto il potere attribuito dalla legge al querelante di
opporsi alla definizione del procedimento attraverso il rito
monitorio non risponderebbe ad alcun interesse giuridica-
mente apprezzabile.
Secondo il pubblico ministero, la persona offesa dal
reato è, in primo luogo, portatrice di un interesse a veder
dichiarata la penale responsabilità dell’autore del reato
con la conseguente irrogazione di una sanzione penale,
interesse che viene parimenti soddisfatto sia attraverso
lo svolgimento del processo con un qualsiasi rito, anche
speciale, che si conclude con una sentenza, sia attraverso
il rito speciale di cui all’art. 459 e seguenti, c.p.p. attesa la
natura di sentenza del decreto penale di condanna.
In secondo luogo, la persona offesa dal reato è portatri-
ce di un interesse al risarcimento dei danni patrimoniali
e non conseguenti al reato, interesse che non sempre è
soddisfatto all’esito della definizione del processo penale
sia nel caso di definizione con decreto penale di condanna,
che in caso di definizione con «patteggiamento», ai sensi
dell’art. 444 c.p.p. Infatti, in tali casi, è esclusa dal legi-
slatore qualsiasi delibazione da parte del giudice penale
in ordine alla pretesa risarcitoria della parte offesa, che
dovrà essere fatta valere successivamente in sede civile.
Pertanto il querelante non vede leso alcun suo dirit-
to dalla definizione del procedimento a mezzo del rito
di cui all’art. 459 c.p.p., visto che detto rito si conclude
con l’applicazione di una sanzione penale nei confronti
del responsabile e che, in ogni caso, è garantita la tutela
risarcitoria in sede civile come avviene anche in caso di
patteggiamento ex art. 444 c.p.p.
La possibilità concessa dalla legge al querelante di op-
porsi alla definizione del procedimento a mezzo dell’emis-
sione del decreto penale di condanna sarebbe, dunque,
irragionevole, risolvendosi esclusivamente nell’infliggere
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