Corte Costituzionale 2 Marzo 2018, N. 41 (Ud. 6 Febbraio 2018)
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Arch. nuova proc. pen. 4/2018
Corte costituzionale
CORTE COSTITUZIONALE
2 MARZO 2018, N. 41
(UD. 6 FEBBRAIO 2018)
PRES. LATTANZI – REL. LATTANZI – RIC. G.I.P. TRIB. LECCE IN PROC. A.S.
Esecuzione in materia penale y Sospensione
dell’esecuzione della detenzione y Art. 656, comma
5 c.p.p. y Applicabilità y Illegittimità costituzionale
parziale.
. È illegittimo l’art. 656, comma 5 c.p.p., in relazio-
ne all’art. 3 Cost., nella parte in cui si prevede che il
pubblico ministero sospende l’esecuzione della pena
detentiva, anche se costituente residuo di maggiore
pena, non superiore a tre anni, anziché a quattro anni.
(c.p.p., art. 656)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.– Con ordinanza del 13 marzo 2017 (r.o. n. 109 del
2017), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
ordinario di Lecce ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimi-
tà costituzionale dell’art. 656, comma 5, del codice di pro-
cedura penale, «nella parte in cui non prevede che l’ordine
di sospensione della pena debba essere emesso anche nei
casi di pena non superiore a quattro anni di detenzione».
Il giudice a quo è investito, in qualità di giudice dell’e-
secuzione, della domanda di sospensione di un ordine di
esecuzione della pena detentiva di tre anni, undici mesi
e diciassette giorni, che il pubblico ministero ha emesso
in base all’art. 656, comma 1, c.p.p., senza sospenderlo,
perchè la pena da scontare eccedeva il limite di tre anni
fissato dal quinto comma dello stesso articolo.
Questo comma impone la sospensione dell’ordine di
esecuzione in modo da consentire al condannato di presen-
tare istanza per ottenere una delle misure alternative alla
detenzione previste dagli artt. 47, 47-ter, e 50, comma 1,
della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e
limitative della libertà), e dall’art. 94 del D.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).
Il condannato ha quindi chiesto al giudice a quo di di-
chiarare inefficace l’ordine di esecuzione, sostenendo che
esso avrebbe dovuto essere sospeso nonostante la pena
da espiare eccedesse il limite triennale, perchè l’art. 47,
comma 3-bis, della legge n. 354 del 1975, introdotto dal-
l’art. 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 23 dicembre
2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti
fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della
popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, in
legge 21 febbraio 2014, n. 10, consente una particolare for-
ma di affidamento in prova quando la pena detentiva da
eseguire non è superiore a quattro anni.
Il condannato rileva che la sospensione dell’ordine di
esecuzione è finalizzata ad ottenere l’applicazione della
misura alternativa prima dell’ingresso in carcere; poiché
l’art. 47, comma 3-bis, della legge n. 354 del 1975 permet-
te l’affidamento in prova anche quando la pena da espia-
re non è superiore a quattro anni, a suo avviso il limite
cui subordinare la sospensione dell’ordine di esecuzione
dovrebbe armonizzarsi con tale tetto e ritenersi fissato
anch’esso in quattro anni, anziché in tre come prevede la
lettera della disposizione censurata.
Il giudice a quo, escluso di poter interpretare la dispo-
sizione nel senso auspicato dal ricorrente, dato l’univoco
tenore letterale della stessa, dubita della sua legittimità
costituzionale, nella parte in cui la sospensione dell’esecu-
zione continua a essere prevista quando la pena detentiva
da espiare non è superiore a tre anni, anziché a quattro.
2.– In punto di rilevanza il rimettente osserva che l’ac-
coglimento delle questioni comporterebbe l’inefficacia
dell’ordine di esecuzione, poiché il condannato, che non
è soggetto a una misura cautelare di carattere custodiale,
deve scontare una pena superiore a tre anni di detenzione,
ma non a quattro, e la condanna si riferisce al reato punito
dall’art. 73, comma 1, del D.P.R. n. 309 del 1990, ovvero a un
reato che non rientra nel catalogo di quelli per i quali l’art.
656, comma 9, c.p.p. esclude la sospensione di tale ordine.
3.– In punto di non manifesta infondatezza il rimet-
tente rileva che la sospensione dell’ordine di esecuzione è
«strutturalmente e funzionalmente» collegata alla possi-
bilità di ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale,
misura di cui condivide lo scopo di «deflazione carceraria»
e di prevenzione speciale, sulla base della comune «pre-
sunzione di una ridotta pericolosità del condannato». È
per questa ragione che il limite di tre anni stabilito dal-
l’art. 656, comma 5, censurato corrisponde a quello fissato
dall’art. 47, comma 1, della legge n. 354 del 1975 ai fini
dell’affidamento in prova.
Il nuovo art. 47, comma 3-bis, della legge n. 354 del
1975 ha introdotto un’ulteriore ipotesi di affidamento in
prova, quello cosiddetto allargato, che può essere conces-
so «al condannato che deve espiare una pena detentiva,
anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione,
quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente
alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione
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