La cooperazione di polizia e quella giudiziaria in materia penale dopo il trattato di Amsterdam

AutoreMaria Lombardo
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@1. Premesse: l'integrazione europea ed il Trattato di Maastricht.

L'integrazione europea è stata paragonata ad una costruzione a formazione progressiva, e ad uno schema dinamico che viene periodicamente aggiornato dagli Stati mediante nuovi e successivi accordi internazionali 1.

Volendo tracciare sommariamente la storia di tale integrazione, è necessario anzitutto richiamare i trattati istitutivi delle tre Comunità europee: il Trattato CECA del 1950, e quelli CEE ed EURATOM del 1957, i quali costituiscono il quadro giuridico di base della realizzazione del fenomeno comunitario, conclusosi nel 1986 con la stipulazione dell'Atto unico europeo, considerato l'atto conclusivo del primo stadio della vita comunitaria.

Il secondo stadio della realizzazione comunitaria, che è poi quello dell'Unione europea, si è invece aperto con il Trattato di Maastricht, stipulato nel febbraio del 1992.

Tale trattato ha segnato una svolta nella via dell'integrazione europea, giacché - oltre a realizzare un ulteriore passo sulla via dell'integrazione economica - ha posto anche le basi per una Unione politica, volta ad assecondare un'esigenza di maggiore identità sul piano internazionale, in vista della realizzazione di un'organizzazione di tipo federale 2.

In particolare il Trattato di Maastricht ha trasformato la Comunità europea in Unione europea stabilendo che questa si fonda su tre pilastri fondamentali:

- la Comunità europea, e le altre due Comunità, che già esisteva, ma della quale sono state ampliate le funzioni e le politiche da perseguire 3;

- una politica estera e di sicurezza comune (PESC), tesa a difendere i valori comuni, gli interessi e l'indipendenza dell'unione, nonché a rafforzarne la sicurezza esterna 4;

- la cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni (GAI).

Mentre il primo pilastro rispetta il così detto sistema comunitario, il secondo ed il terzo seguono forme di collaborazione e non di integrazione, dal momento che i settori della politica estera e di sicurezza e quelli della giustizia e degli affari interni costituiscono uno degli aspetti essenziali della sovranità degli Stati.

@2. Il così detto «terzo pilastro», ossia la cooperazione in materia di giustizia e affari interni (GAI).

Possiamo, comunque, definire il «terzo pilastro» come il complesso di norme e di meccanismi con il quale l'Unione europea si è dotata, a partire dal Trattato di Maastricht, di un quadro istituzionale permanente per la cooperazione tra gli Stati membri in materia di giustizia ed affari interni (GAI) 5.

La finalità di tale normativa era quella di avvicinare i Ministri della giustizia e quelli dell'interno dei Paesi dell'Unione europea, nonché i loro servizi; e di agevolare il dialogo, l'aiuto reciproco, il lavoro comune, la cooperazione tra i servizi di polizia, della dogana, d'immigrazione e della giustizia dei quindici Stati membri 6. Ovviamente la cooperazione in materia di giustizia ed affari interni, nel Trattato di Maastricht, comprende anche materie estranee alla cooperazione giudiziaria penale, oggetto del presente lavoro, quali la cooperazione in materia civile. Ma la maggior parte delle regole sono, invece, dettate al fine di garantire la sicurezza interna degli Stati membri.

Tale sicurezza, infatti, avrebbe potuto essere incrinata dalla creazione dello spazio di libera circolazione delle persone, realizzato con gli Accordi di Schengen, ove tale creazione non fosse stata accompagnata da misure complementari per il rafforzamento delle frontiere esterne, delle politiche di asilo e di immigrazione e soprattutto per la lotta alla droga, alla criminalità organizzata, alla frode internazionale, alla tratta degli esseri umani.

Ed in vero, tali crimini - dopo la creazione di un grande mercato unico europeo - non possono essere più affrontati soltanto negli ambiti nazionali, ma necessitano di un programma d'azione comune dei Paesi membri, che abbia come base una sinergia tra le polizie e le amministrazioni giudiziarie di questi ultimi.

E per tali scopi, appunto, venne creata la cooperazione giudiziaria in materia penale, che del «terzo pilastro» costituiva la parte di maggior rilievo.

@3. Necessità di una revisione dei meccanismi della cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.

Sennonché, sin dai primi anni di applicazione di tale normativa, gli operatori si sono resi conto che il «terzo pilastro» presentava dei «gravi difetti di costruzione: contenuti e obiettivi confusi ed eterogenei; meccanismi decisionali difficilmente gestibili e scarsamente efficienti; strumenti d'azione di dubbia natura ed altrettanto incerta efficacia; assenza pressoché totale di forme di controllo parlamentare e giurisdizionale degne di questo nome» 7.

È stato, peraltro, fatto notare che apparentemente il Trattato di Maastricht sembrerebbe rappresentare un notevole progresso nella cooperazione in materia di giustizia e di affari interni; e ciò in quanto gli obiettivi di tale cooperazione sono stati definiti in maniera ampia; è stato previsto un congruo numero di strumenti giuridici (azioni comuni e convenzioni); sono state introdotte disposizioni il cui scopo è quello di raggruppare le varie strutture preesistenti in un unico comitato e di definire il regime finanziario; ed è stato, inoltre previsto che il Parlamento europeo e la Corte di giustizia possono essere integrati nell'ambito della cooperazione in materia di giustizia e di affari interni.

Ma nella realtà - si è puntualizzato - i progressi conseguiti con quel trattato sono modesti se si considera che molti strumenti giuridici da esso introdotti non servono a facilitare l'azione quotidiana della giustizia e della polizia; chePage 707 il raggruppamento delle strutture appare insufficiente, in quanto molti degli enti preesistenti sono rimasti in vista, con la conseguenza che numerose decisioni vengono adottate ancora a livelli diversi; che non sono garantite né la trasparenza, né la protezione degli individui, in quanto sono rimasti allo stato teorico sia la consultazione del Parlamento europeo, sia la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia; ed infine, che dalla data di approvazione del Trattato da un lato sono state elaborate diverse convenzioni, la maggior parte delle quali non entrate in vigore, e dall'altro sono state adottate poche azioni e posizioni comuni nei settori rientranti nel «terzo pilastro» 8.

A tali difetti si è tentato di ovviare attraverso la revisione dei meccanismi della cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, attuati con il Trattato di Amsterdam, che è stato firmato dalle parti contraenti il 2 ottobre 1997.

Come tra breve si vedrà, le modifiche apportate ad Amsterdam ai meccanismi della cooperazione nei settori della gisutizia e degli affari interni non si sono limitati ad interventi modesti e di contorno, ma hanno assunto - per la prima volta nel processo di sviluppo dell'Unione - «la forma di una vera e propria riscrittura di un settore già disciplinaro dai trattati» 9.

@4. Le modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam.

La maggior parte delle modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam a quello di Maastricht sono finalizzate al raggiungimento dell'obiettivo di «rafforzare il consenso dell'opinione pubblica alla costruzione europea, intervenendo prevalentemente sui temi che più da vicino toccano i diritti e gli interessi dei singoli» 10.

Ed in questa prospettiva si è collocata la revisione del «terzo pilastro», introdotta allo scopo dichiarato di istituire «uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia», all'interno del quale la libera circolazione delle persone sia accompagnata da un'azione efficace in materia di controlli alle frontiere esterne, asilo, immigrazione, prevenzione e lotta alla criminalità 11.

Per la loro complessità, non è possibile descrivere compiutamente in questa sede l'insieme delle modifiche apportate alla precedente disciplina del Trattato di Amsterdam, e ci si dovrà limitare a cenni su quelle di maggior rilievo ai fini del presente lavoro.

Ebbene, l'intervento maggiormente vistoso è consistito in una rilevante riduzione dei contenuti del «terzo pilastro», realizzata attraverso la parziale comunitarizzazione degli stessi.

La ragione di tale scelta va ricercata nel fatto che il Trattato di Maastricht, con l'obiettivo espressamente dichiarato di agevolare - attraverso la cooperazione in materia di giustizia e di affari interni - «la libera circolazione delle persone, garantendo nel contempo la sicurezza dei loro popoli» 12, aveva collocato all'interno del «terzo pilastro», materie eterogenee e non sempre di immediata pertinenza a quell'obiettivo.

In particolare, accanto al tema dell'immigrazione dai Paesi estranei a quelli dell'Unione, preso in esame nei suoi numerosi aspetti (asilo, attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e relativi controlli, politica di immigrazione e trattamento dello straniero extracomunitario, con conseguente accesso all'occupazione e lotta al lavoro irregolare), nell'articolo K. 1 del Trattato sono citate sia la lotta ad alcune fattispecie criminose specifiche, concernenti il traffico illecito di droga e la frode su scala internazionale, sia la cooperazione in ambiti materiali di grande ampiezza, come appunto la cooperazione giudiziaria in materia penale, quella in materia civile, la cooperazione di polizia e quella doganale.

Ora, al fine di ovviare a tali inconvenienti, il Trattato di Amsterdam ha tolto dal «terzo pilastro» una congrua parte delle «questioni di interesse comune» su indicate, restringendo l'ambito di applicazione dello stesso ai soli settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia.

Ed a tal fine, l'articolo 29 (ex K. 1) del Trattato stabilisce che l'obiettivo unico del «pilastro» è quello di «fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza, in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia», prevenendo e reprimendo la criminalità organizzata o di altro tipo, attraverso...

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