La cooperazione

AutoreSergio Ortino
Occupazione dell'autoreProfessore ordinario di diritto dell’economia, Università di Firenze
Pagine51-592

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@1. La cooperazione come fattore di base a carattere universale

1.1. In questo capitolo si evidenzieranno le modalità con cui si manifestano i paradigmi precedentemente individuati in relazione alla cooperazione tra gli esseri umani, in relazione cioè a un fenomeno presente non soltanto nel mondo superorganico, ma anche nel mondo organico e nel mondo inorganico. Al pari dello scambio (Cap. VIII) e della norma (Cap. X), la cooperazione rappresenta infatti uno dei tratti essenziali a carattere universale del mondo fenomenico. Benché assuma forme varie a seconda del sistema in cui si manifesta come, ad esempio, la condensazione della materia nel mondo inorganico, la coordinazione delle molecole nel mondo organico, la cooperazione degli esseri viventi nel mondo superorganico, il fenomeno trova sempre e comunque la sua espressione e la sua essenza in processi aggregativi.

Le similitudini proposte all'interno di queste tre dimensioni sistemiche, sono molteplici. Le galassie sono state paragonate alle molecole dell'universo, oppure alle città del genere umano; il nostro sistema solare invece viene a volte paragonato a un villaggio planetario. In questa ricerca l'impiego di queste similitudini ha come unico scopo di evidenziare il fatto che, nell'evoluzione superorganica posta in essere dalle tecnologie del genere umano, si manifesta la tendenza all'aggregazione, quale tratto essenziale a carattere universale presente anche nel mondo inorganico e nel mondo organico.

Nei capitoli precedenti è stata richiamata l'attenzione sul fatto che i comportamenti umani volti alla cooperazione hanno una base nella nostra evoluzione come primati. Ma a differenza di altri animali sociali i cui comportamenti sono fortemente collegati ai rispettivi patrimoni genetici, la coordinazione umana di origine naturale è stata affiancata nel corso dell'evoluzione dalla cooperazione culturale, cioè da quella mutua collaborazione e comunanza di propositi, di volontà e di azioni volte a perseguire le varie finalità della comunità, mediante una serie di comportamenti individuali e in conformità a regole più o meno rigide e stringenti elaborate dai singoli gruppi a seconda delle specifiche esperienze e delle condizioni ambientali.

In breve la cooperazione, quale secondo livello di natura tecnologica della coordinazione di natura biologica, rappresenterebbe, né più né meno, che un prolungamento del lavoro organizzativo compiuto dalla natura in milioni di anni1. Per comprendere meglio la sostanza di queste differenze, è opportuno affrontare già in questa sede l'argomento delle norme sociali, che hanno caratterizzato la nostra evoluzione in questi ultimi due milioni di anni, e che costituiranno l'oggetto principale dell'ultimo capitolo.

1.2. Nell'ordine degli imenotteri esistono alcune specie, come formiche, api, vespe, capaci di dar vita a spiccate forme di organizzazione sociale, note in particolare per la completa, totale, incondizionata dedizione dei singoli ai doveri Page 511 del gruppo comprendente anche il sacrificio estremo. Le sofisticate forme di organizzazione sociale degli imenotteri sono state opera della selezione naturale durante un intervallo di alcune centinaia di milioni di anni (si ritiene che i primi insetti risalgano al periodo Devoniano che ha inizio oltre 400 maf).

L'osservazione e lo studio della vita sociale di questi particolari insetti, evidenziando l'automaticità di certi loro comportamenti programmati dalla natura, ha condotto gli scienziati a paragonare le connessioni che esistono in questi gruppi di animali con le connessioni che tengono collegate strutturalmente e funzionalmente le cellule dei singoli organismi viventi. In alcuni biologi poi il paragone non è soltanto a livello di similitudine, ma di vera e propria continuità oggettiva e sostanziale, se la prospettiva è quella del gene egoista e del fenotipo esteso. Ê interessante a questo proposito notare come Dawkins superi l'ostacolo alla sua tesi che considera il sistema di organizzazione sociale degli imenotteri un vero e proprio organismo biologico. Poiché i lavoratori che partecipano alla vita associata di un alveare non sono identici geneticamente, come le cellule di un organismo multicellulare, la conseguenza di questa difformità potrebbe essere la costruzione di un nido disomogeneo e non funzionale. Dawkins immagina tuttavia che esista una sorta di regola democratica osservata nel caso della scelta del nuovo nido per uno sciame di api, per cui la maggioranza decide in caso di mancanza di unanimità2.

Accettando questo tipo di considerazioni si può capire perché la vista di un formicaio o di un alveare porti a pensare che, in alcuni casi, la selezione naturale abbia intrapreso una variante evolutiva. Anziché ingigantire il singolo individuo fino a portarlo a dimensioni utili per la sua affermazione in un determinato ambiente, ha preferito affidarsi alla collaborazione di tipo quasi cellulare tra minuscoli singoli individui, dando vita a strategie di sopravvivenza più garantiste della specie. La scomparsa di un immaginario grande unico organismo dalle dimensioni di un formicaio o di un alveare, avrebbe potuto decretare l'estinzione della specie se quell'individuo ne fosse stato l'ultimo esemplare. La disintegrazione dell'ultimo formicaio o dell'ultimo alveare sulla Terra invece lascia ancora qualche possibilità di sopravvivenza alla specie, se i superstiti dispersi riusciranno a formare un nuovo formicaio o alveare.

La complessità di queste scelte evolutive è evidenziata dal fatto che non sempre è facile riconoscere i confini tra il singolo individuo e l'organo complesso. Il dubbio non è raro nelle piante, mentre negli animali ha i caratteri della eccezionalità. Così ad esempio ciascuno dei "fiorellini" bianchi che spuntano sui rami rossi del corallo ha una struttura equivalente a un polipo a vita solitaria (attinia), sebbene i minuscoli polipi del corallo siano tra loro connessi a formare una unità di ordine superiore abitualmente chiamata colonia.

Ovviamente esistono forti legami biologici anche in altri Phila di animali. Ê sufficiente pensare alla stretta collaborazione tra congiunti in molte specie sociali di mammiferi, o le profonde interrelazioni tra madre e prole. A livello di nucleo familiare anche Homo sapiens si caratterizza per una spiccata organizzazione Page 512 sociale su base fisiologica (madre e feto) e biologica (genitori e figli). Ma poiché l'obbedienza degli individui della nostra specie a molti dei doveri imposti dal gruppo, anche soltanto a livello familiare, non è geneticamente programmata, è stato necessario aggiungere a questi vincoli naturali, vincoli culturali, al fine di contrastare l'insorgere di resistenze da parte dei singoli individui nei confronti di tali obblighi sociali.

Un esempio di legame sociale di natura culturale tra esseri umani che aspira a infondere la stessa collaborazione strutturale e funzionale degli organismi pluricellulari presenti nella nostra specie, è quello che discende dal rituale cristiano del matrimonio secondo cui i nubendi, dopo che saranno uniti dal sacro vincolo, formeranno un'unica carne: un'immagine simbolica vincolante che non soltanto evoca l'atto sessuale e la ricombinazione dei geni nell'ovulo fecondato, ma che deve ispirare l'intera vita di coppia.

La ragione di questa differenza fondamentale tra gli imenotteri e l'uomo deve rinvenirsi nel fatto che sicuramente dai tempi di Homo ergaster, cioè da almeno 2 milioni di anni, la nostra linea evolutiva è stata determinata da un'incidenza sempre maggiore delle scelte operate dalla mente, in breve dalla tecnologia. Questo ha permesso che le norme sociali potessero emergere da comportamenti non soltanto istintivi e innati, direttamente radicati nei geni, come invece è accaduto ad esempio per alcune specie di imenotteri. Ciò significa in altre parole che, accanto a comportamenti collaborativi innati risalenti all'epoca dei nostri più antichi progenitori, è possibile trovare già nell'intervallo compreso tra 4-3 milioni e 50 mila anni fa, varie norme sociali non connesse con il patrimonio genetico, ma di natura culturale, poste in essere da rami più recenti di Australopithecus e poi da Homo.

Durante l'evoluzione di Homo sapiens negli ultimi 50 mila anni è possi- bile inoltre evidenziare che le norme sociali che regolano la vita dell'uomo, non soltanto sono aumentate in misura sempre crescente mano a mano che progredivano i meccanismi celebrali della nostra mente e la connessa capacità di vivere in raggruppamenti sempre più ampi, ma si sono modificate in modo relativamente repentino in concomitanza delle nuove ere economiche e degli spazi antropologici corrispondenti. Quest'ultimo fenomeno è di particolare rilevanza per gli scopi che si propone questo studio, in quanto si collega indirettamente con la questione della continuità o meno delle norme sociali all'interno della evoluzione di Homo sapiens.

Come sarà più avanti approfondito, le norme sociali che permettono la cooperazione umana si differenziano nettamente a seconda delle varie ere economiche, sulla base dei paradigmi superorganici deducibili dalle logiche immanenti alle innovazioni tecnologiche che hanno determinato, volta per volta, le singole rivoluzioni economiche. Si può così verificare il superamento delle varie norme di un'era economica, tutte le volte che una nuova rivoluzione tecnologica si manifesta nel corso dell'evoluzione umana, a seguito di una risposta culturale scatenata da grandi cambiamenti climatici, scoperte geografiche, pressioni demografiche, timori di catastrofi ambientali. Ogni volta che tale superamento si manifesta, si assiste all'abbandono delle norme sociali della passata era economica e alla creazione di nuove norme adatte al nuovo paradigma superorganico. Page 513

@2. La cooperazione nel Paleolitico

2.1. Le impronte ominidi di Laetoli, eccezionalmente conservate ad alcune decine di chilometri dal sito di Olduvai in Tanzania, e che già ho avuto...

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