La controversa applicabilità dell'art. 168, Comma terzo, C.P.

AutoreRosario Li Vecchi
Pagine691-693

Page 691

@1. Excursus storico-legislativo dell'art. 168 c.p.

I casi di revoca della sospensione condizionale della pena hanno dato sempre adito a varie, complesse e difficili problematiche, specie sotto il profilo ermeneutico, che il legislatore, pur essendosi reso edotto di tale situazione, non si è però mai dato cura di eliminare mediante un intervento chiarificatore; al contrario, i suoi interventi, hanno contribuito notevolmente a rendere sempre più complicata e difficile detta problematica, specie di seguito alla L. 26 marzo 2001, n. 128 con la quale il legislatore ha operato l'inserimento di un terzo comma in seno all'art. 168 c.p. che ha reso ancor più aggrovigliata e confusa la problematica de qua, non solo, ma che ha anche contribuito, sempre sotto il profilo ermeneutico, ad operare una spaccatura in seno alla Suprema Corte. Per rendere la trattazione della questione intelligibile e chiara riteniamo necessario ed indispensabile delineare, anzitutto, l'iter storico-legislativo dell'art. 168, nonché delle norme dallo stesso richiamate e su cui il legislatore ha operato vari interventi. Tale norma, prima della modifica intervenuta con l'art. 13 del D.L. 11 aprile 1974, n. 99, convertito nella L. 7 giugno 1974, n. 220, così statuiva: «La sospensione condizionale della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato: 1) commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole o non adempia agli obblighi impostigli; 2) riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso. Qualora il condannato riporti un'altra condanna per una contravvenzione della stessa indole, anteriormente commessa, il giudice, tenuto conto dell'indole e della gravità di essa, può revocare l'ordine di sospensione condizionale della pena». Un primo intervento sull'art. 168 veniva effettuato dalla Corte costituzionale la quale dichiarava la illegittimità di detta norma sia nella parte in cui disponeva che il giudice revocava di diritto la sospensione già concessa quando il secondo reato si legava con il vincolo della continuazione a quello punito con pena sospesa e sia nella parte in cui, per l'ipotesi di successiva irrogazione di pena pecuniaria, non conferiva al giudice il potere di subordinare la revoca della sospensione della pena detentiva al mancato pagamento della pena pecuniaria 1. Di seguito alla intervenuta modifica della norma de qua (D.L. 99/74, convertito in L. 220/74), essa (art. 168) assunse il seguente contenuto e tenore: «Salva la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 164, la sospensione condizionale della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato: 1) commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole per cui venga inflitta una pena detentiva e non adempia agli obblighi impostigli; 2) riporti un'altra condanna per delitto anteriormente commesse a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall'art. 163. Qualora il condannato riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, non supera i limiti stabiliti dall'art. 163, il giudice, tenuto conto dell'indole e della gravità del reato, può revocare l'ordine di sospensione condizionale della pena». A tale norma, infine, con l'art. 1 della L. 26 marzo 2001, n. 128, venne aggiunto un altro comma (terzo) del seguente contenuto e tenore: «La sospensione condizionale della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, in presenza di cause ostative. La revoca è disposta anche se la sospensione è stata concessa ai sensi del comma 3 dell'art. 444 del codice di procedura penale». Detto terzo comma (art. 168), come già rilevato, oltre a rendere molto più difficile e complessa la esistenza problematica in materia, sotto il profilo ermeneutico ha costituito la classica goccia che «ha fatto traboccare il vaso», dando così luogo sia in dottrina, ma, in particolar modo, in giurisprudenza, ad una diversità di decisioni tra di loro contraddittorie finendo con il dare al giurista la impressione di essere finito in un vero e proprio labirinto giuridico, in una Torre di Babele processuale e che a chiare note sta a significare il totale fallimento e naufragio della c.d. «certezza del diritto» e su cui si sono visti scorrere fiumi di inchiostro per concludere, alla fine, che tale «certezza» non è altro che una pura «illusione», un «miraggio», una vera e propria «utopia»! 2.

Poiché la norma citata (art. 168) fa espresso richiamo agli artt. 164 e 163 c.p., riteniamo utile e necessario, sempre allo scopo di conferire chiarezza e linearità alla esposizione, riportare il contenuto di tali norme: art. 164 (così come sostituito dall'art. 12 del D.L. n. 99/1974, convertito nella L. n. 220/1974): «La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta: 1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente o contravventore abituale o professionale; 2) allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa. La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca. La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice, nell'infliggere una nuova condanna, può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con...

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