Il requisito della regolarità contributiva per la partecipazione delle imprese alle gare d'appalto pubbliche

AutoreAlma Tarantino
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La sentenza del Tar Puglia Lecce del 29.9.09 n.2231, che di seguito brevemente si annota, affronta uno dei discussi aspetti relativi alla rilevanza del requisito della regolarità contributiva ai fini della partecipazione delle imprese alle gare d’appalto pubbliche. La complessità della normativa disciplinante tale materia, ha ingenerato negli ultimi anni l’emergere di una produzione giurisprudenziale legata ad alcune problematiche interpretative relative: 1-alla natura del documento di regolarità contributiva –Durc- ed alla sua valenza come requisito di partecipazione alle gare pubbliche; 2- alla competenza in materia di certificazione della posizione contributiva e della vincolatività delle risultanze del Durc per la stazione appaltante; 3- alla questione della “sanatoria” postuma delle irregolarità attestate nel Durc.

La pronuncia che di seguito brevemente si annota si distingue, tra l’altro, per le peculiari conclusioni su tale ultimo controverso aspetto della materia.

  1. La vicenda concerne l’impugnazione, da parte della società I.srl, di un provvedimento di esclusione da una gara d’appalto emesso dalla Provincia di Brindisi, insieme ad ogni altro atto connesso, relativo a lavori di costruzione di un nuovo corpo di fabbrica in ampliamento di un edificio scolastico.

    Alla base dell’emanazione del provvedimento di esclusione dalla gara vi è il documento di regolarità contributiva –DURC- che pervenuto agli atti della Provincia, attesta una condizione di irregolarità della società partecipante alla data di espletamento della gara in prima seduta. La società I.srl, con ricorso presentato dinnanzi al Tar Lecce, impugnava il provvedimento di esclusione dalla gara d’appalto deducendo la violazione e la falsa applicazio-

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    ne dell’articolo 38 comma 1° del d.lgs n.163/2006, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, insufficienza della motivazione ed altri profili; oltre alla violazione dei principi generali in materia di esclusione dalle gare d’appalto, violazione dell’articolo 16 bis comma 10° del d.l. 185/08, eccesso di potere per difetto di istruttoria; infine la stessa società concludeva per l’annullamento previa sospensione degli atti impugnati.

    A fronte di ciò, si costituiva la Provincia di Brindisi e la società E. srl contestando la fondatezza delle censure sollevate.

    Nel dettaglio, la E, proponendo ricorso incidentale per inammissibilità di quello principale, eccepiva la violazione dell’articolo 48 del d.lgs 163/06 sotto differenti profili; la violazione dell’articolo 38 dello stesso decreto, della legge speciale di gara, del principio di trasparenza e di par condicio, degli articoli 3 e 97 della Costituzione; eccesso di potere per disparità di trattamento, nonché difetto di istruttoria e di motivazione.

    Il ricorso, in seguito alla proposizione di memoria per motivi aggiunti, con la quale la ricorrente impugnava la determinazione dirigenziale di approvazione delle operazioni di gara e di aggiudicazione in via definitiva dei lavori alla ditta E., veniva ritenuto all’udienza in camera di consiglio per la decisione con sentenza.

    Il Tribunale amministrativo, in seguito, definiva la controversia ravvisando i presupposti per respingere il ricorso introduttivo per infondatezza dei motivi dedotti, dichiarando inoltre inammissibile il ricorso incidentale. Alla base di tale conclusione, risiede un’iniziale attenta analisi della normativa disciplinante la materia, apparentemente necessitante di un complessivo coordinamento. I giudici amministrativi operano la ricostruzione del parametro normativo di riferimento, soffermandosi sulla conformità della disciplina introdotta dal d.m. 24.10.07 in materia, rispetto a quanto previsto nell’articolo 38 del codice dei contratti.

    Quanto alla questione relativa all’analisi del parametro normativo di riferimento applicabile alla fattispecie, la terza sezione del Tar Lecce, pur nutrendo qualche dubbio sulla complessiva conformità della disciplina del decreto ministeriale alla previsione dell’articolo 38 lett.i) del codice dei contratti1, giunge a giustificare tale difformità alla luce della funzione esecutiva che il d.m. svolge rispetto alla previsione dell’art.1 comma 1176 della L.296/06 “atteso che questa norma attribuisce al decreto ministeriale il compito di definire le modalità di rilascio, i contenuti analitici del documento unico di regolarità contributiva di cui al comma 1175, nonché le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da non considerare ostative al rilascio del documento medesimo. Si deve, in conclusione ritenere, che la individuazione, ad opera del decreto ministeriale, degli inadempimenti contributivi gravi trovi la sua giustificazione nella lacuna legislativa, nella necessità stessa della indivi-

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    duazione e nella delega contemplata dall’art.1,comma 1176, della legge n.296 del 2006. La individuazione degli inadempimenti che, pur non essendo accertati definitivamente, escludono la situazione di regolarità contributiva e quindi non consentono e la dichiarazione sostitutiva e il rilascio della certificazione di regolarità contributiva (dal combinato disposto dell’art. 3,comma 8, del d. lgs. n.494 del 1996,dell’art. 2 del d.l. n.210 del 2002 e dell’art. 38,comma 1 lett. i) e comma 3, del d.lgs. n.163 del 2006 risulta che la prova della regolarità contributiva può essere data solo col relativo certificato – salvo il caso della presentazione della relativa dichiarazione, sostitutiva della certificazione fino alla aggiudicazione –, sicché la previsione della esclusione del rilascio del certificato in determinate situazioni implica la previsione di situazioni in cui è esclusa la regolarità contributiva – ) non sembra che possa essere giustificata dalla parziale abrogazione del disposto dell’art. 38, primo comma lett. i), del d.lgs. n.163 del 2006 ad opera dell’art 1,comma 1176, della legge n.296 del 2006, integrato dal D.M. 24 ottobre 2007. La formula della legge di delega non sembra, infatti, investire la definitività dell’accertamento, a meno di non ricomprendere nella categoria delle “tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro “anche i diversi stadi di accertamento delle irregolarità in questione, facendo corrispondere ad ogni stadio una tipologia di irregolarità.Ove non si condivida questa opzione interpretativa, si deve considerare che il decreto ministeriale è al tempo stesso una fonte normativa ed un atto amministrativo,valido ed operante fino all’annullamento, in base alla essenziale esigenza di certezza dei rapporti giuridici e delle loro fonti normative, sanzionata col breve termine di impugnazione previsto a pena di decadenza (operante nei confronti della fonte normativa che abbia veste di atto amministrativo).Né si può ritenere che la conformità dell’atto amministrativo a contenuto normativo alle fonti di rango primario possa raggiungersi con la disapplicazione dello stesso ad opera del giudice in applicazione del principio di gerarchia delle fonti, atteso che tale principio è applicato nel nostro ordinamento da istituti specifici quali appunto la disapplicazione dell’atto amministrativo lesivo di diritti soggettivi e l’adeguamento automatico delle fonti legislative ex artt. 15 delle Disposizioni sulla legge in generale e 10 della legge n.62 del 1953. Nella specie nessuna contestazione è stata sollevata, per ciò che attiene alla definitività dell’accertamento, nei confronti del D.M. 24 ottobre 2007, sicché di questo il giudice non può conoscere per la necessaria corrispondenza dell’ambito della pronuncia all’ambito della richiesta. Il parametro normativo è quindi sensibilmente diverso rispetto a quello invocato dalla ricorrente”

    Dall’analisi del complesso delle disposizioni richiamate, si afferma l’attribuzione agli istituti previdenziali del potere di accertamento delle situazioni di regolarità o irregolarità contributiva e di formazione della relativa prova; L’esclusività di tale potere risiede nella previsione dell’articolo 86 comma 10 lettera b. bis del D.L. 276/03, confermata dall’art 5 comma 1° e ribadita dall’articolo 7 comma 3°del DM 24.10.07. Ed è proprio dall’analisi del com-

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    ma 3° dell’articolo 7 del D.M. del 20072 che i giudici leccesi ricavano la prova dell’esistenza di una posizione di regolarità contributiva anche a seguito di regolarizzazione cosiddetta postuma di una situazione che al momento della dichiarazione non era regolare. Alla base di ciò risiederebbe la portata sanante attribuita dalla norma alla regolarizzazione tempestiva in funzione del “favor partecipationis alla procedura di gara e perciò dello stimolo alla regolarizzazione delle situazioni previdenziali irregolari(consentendo così di raggiungere due obiettivi).La sanatoria della situazione irregolare non può essere tale se non sana anche la falsità della dichiarazione formulata ai fini della partecipazione. Questo effetto che è una fictio iuris cioè un dato giuridico che si sovrappone ad un diverso e configgente dato materiale, sembra giustificato dalla portata della delega prevista dall’art.1 comma 1176 della legge del 2006 n.296 e dal DM del 2007 Se così è,sembra ingiustificato che la stazione appaltante richieda all’istituto competente l’attestazione della regolarità contributiva alla data della dichiarazione o dello svolgimento della gara; la regolarizzazione comporta il possesso della regolarità contributiva fino alla data della attestazione e,quindi, la legittimazione sia a partecipare alla gara che ad esserne aggiudicatario”.

    In capo alla stazione appaltante non residua alcun potere in ordine all’accertamento ed alla verifica dei fatti che condizionano la regolarità o la irregolarità contributiva, perciò “Fermo restando che nella specie il certificato in questione è stato acquisito d’ufficio,ai sensi dell’art.16 bis,comma 10,del d.l. n.185 del 2008, l’assenza di ogni potere...

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