Il contratto di presentazione di clienetela

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CAPITOLO TERZO
Il CONTRATTO DI PRESENTAZIONE
DI CLIENTELA
SOMMARIO: 1. Verifiche circa la conformità allordinamento del contratto di
presentazione di clientela professionale. - 1.1 Valore interlocutorio del pas-
saggio attraverso l’art. 1322 c.c. - 1.2 Oggetto e modalità delle successive
verifiche. - 1.2.a) Le norme imperative. - 1.2.b) Il buon costume. - 1.2.c)
L’ordine pubblico. - 2. Il peso di ulteriori considerazioni.
Per quanto visto, la negoziazione di clientela professionale ne-
cessiterebbe, per la sua realizzazione pratica, di essere affidata a
modelli negoziali alternativi rispetto a quello costituito dal contrat-
to di cessione1.
Si è infatti già sommariamente anticipato che, come pure emer-
so dalla ricchissima esperienza francese, a dispetto del nutrito nu-
mero di formulazioni lessicali alternative rispetto alla parola tra-
sferimento, sotto il profilo strettamente concettuale esistono, inve-
ce, soltanto due vie per poter ipotizzare di fare della clientela pro-
fessionale loggetto di trasferimenti a titolo oneroso: quelle, per
lappunto, rappresentate da operazioni negoziali di cessione oppu-
re di presentazione di clientela2.
1 Si potrebbe ipotizzare, per esempio, di attribuire un valore economico alla
clientela intesa su di un piano meramente astratto come bene a sé stante: la sper-
sonalizzazione di una clientela così considerata resterebbe, però, soltanto appa-
rente dovendosi infatti necessariamente ricorrere a forme di consenso individua-
le e personale una volta giunti all’atto del materiale trasferimento da un profes-
sionista all’altro.
Per questa via si finirebbe pertanto col dover fronteggiare i medesimi in-
tralci di natura logico giuridica già emersi con riferimento all’oggetto di un con-
tratto di cessione semplice.
L’unica reale alternativa a quest’ultima sembra dunque poter essere costi-
tuita da una riduzione dell’oggetto del contratto di trasferimento di clientela a
singole e specifiche obbligazioni di fare e non fare assunte dalle parti e fra le
quali la più importante per il professionista a quo rimarrebbe quella di presenta-
re la propria clientela all’aspirante successore.
2 Cfr. Minunno, Il problema della negoziabilità della clientela professiona-
le: ipotesi ricostr uttive e prospettive, cit., p. 310 e ss.
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Si è pure detto che, alladozione delle une o delle altre corri-
sponde un autentico sconvolgimento sul piano strettamente giuri-
dico. Il che, in considerazione dei limiti già palesati da un ipotetico
contratto di cessione di clientela, induce ad una fiduciosa curiosità
verso uno schema contrattuale ad esso concettualmente alternativo.
Per la formulazione di riserve e censure sul modello della ces-
sione di clientela professionale si è rivelata già sufficiente e deci-
siva lanalisi condotta riguardo al suo ipotetico oggetto e, in parti-
colar modo, in ordine alla possibili di questo.
Sembra, pertanto, opportuno cominciare col sottoporre a veri-
fiche della medesima natura anche larchetipo di un contratto di
presentazione di clientela.
Nelle sue forme più elementari questo consta di tre figure es-
senziali (la clientela, il professionista che la presenta e quello al
quale la si presenta) legate tra loro da unattività di presentazione
esercitata dietro corrispettivo.
Già questa mera riduzione plastica è in grado di svelare come
sia proprio sotto il profilo dei rispettivi oggetti che i due modelli
contrattuali considerati manifestano la loro forse più profonda di-
versità.
Nel caso della presentazione, infatti, lobbligazione posta a ca-
rico di quello che si potrebbe definire professionista a quo consiste
per lappunto nella presentazione3 dei propri clienti a colui che
viene indicato e raccomandato come suo preferibile successore.
Il semplice esame di tale obbligazione principale consente di in-
tuire immediatamente come loggetto del relativo contratto si
presenti assolutamente diverso da quello individuato per la ce s-
sione.
3 Per scongiurare il rischio di una lettura eccessivamente semplicistica
dell’attività di presentazione e coglierla, invece, nella sua complessa articola-
zione, si rimanda alla decisione del 25.9.1998 della Corte d’Appello di Parigi
relativa al caso Goldfarb/Gelbgras. Proprio in sede di commento a detta pronun-
cia, Beignier ha subito sti gmatizzato come l’obbligazione de l presenta nte non
consista soltanto nella presentazione del successore, ma si d ebba invece con-
cretare in un vero e proprio spron e alla clientela a legar si al nuovo professio-
nista e a riporre in lui la propria fiducia (in Recueil Dalloz, 1999, p. 3 2-34; sul
punto cfr. anche Krajeski , L’intuitus personae dans les contrats, Tolosa, I,
1998, p. 3400).
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Nellipotesi considerata, infatti, la clientela cesserebbe di ca-
ratterizzare direttamente quelloggetto. Qui essa fungerebbe da
semplice entità sulla quale esercitare lattività (retribuita) di introdu-
zione presso altro professionista: mera referente dunque della presta-
zione fondamentale dedotta a carico del professionista a quo4.
In una sua pronuncia paradigmatica, la giurisprudenza fran-
cese ha avuto modo di statuire come la clientela di un medico
o di un odontoiatra non è commerciabile, ma il diritto per quel
medico o quellodontoiatra di presenta re un collega alla clien-
tela, costituisce un dir itto patrimoniale che può far oggetto di un
contratto regolato dal diritto pr ivato5.
Tale differente impostazione comporta evidenti immediate im-
plicazioni di carattere logico e giuridico.
Entro questo diverso contesto, infatti, venendo esclusa la di-
sponibilità immediata della clientela da parte del professionista,
quella sarebbe conseguentemente privata della ingombrante (e inac-
cettabile) caratteristica della negoziabilità diretta.
Nella fattispecie, infatti, il professionista non eserciterebbe più
piena padronanza e discrezionale signoria sul bene clientela, bensì
su di unentità affatto diversa costituita dal personale intendimento
di adoperarsi, dietro corrispettivo, per stimolare il trasferimento
della propria clientela in una certa direzione.
Loggetto del contratto sarebbe allora caratterizzato da questa
specifica e peculiare attività, secondo forme, pertanto, certamente
più rispettose delle intrinseche connotazioni del bene clientela e,
soprattutto dellindefettibile riconoscimento al cliente della libertà
di scegliere il professionista cui affidarsi.
È evidente, infatti, che loperato di chi presenta non è di per sé
idoneo e sufficiente a garantire il passaggio auspicato: lo sforzo
del professionista a quo abbisognerebbe in ogni caso di essere in-
4 Gorè sostiene che pur volendo ragionare in termini di cessione, occorre-
rebbe saper distinguere tra “la vente d’une chose (qui la clientela) et celle d’un
droit sur la chose” (in La cession, cit., p. 122).
5 Così in Cass. civ., 7.6.1995, in Repertoire Da lloz de Jur isprudence géné-
rale, con nota di Beignier, cit., p. 560 e ss; o anche in Repertoire Defrénois,
1995, art. 36161, p. 1132, con nota di Vermelle. Nello stesso senso, v. anche
Cass. civ., 7.2.1990, in Recueil Dalloz, 1991, p. 319, con nota di Aubert.

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