Il contratto di edizione dalla lex mercatoria alla tipizzazione legale

AutoreMichele Bertani
Pagine911-931
Michele Bertani
Il contratto di edizione dalla lex mercatoria alla tipizzazione legale
S: 1. Il divenire delle tecniche di appropriazione dei risultati della creatività intellettuale. – 2.
L’evoluzione parallela delle tecniche contrattuali di circolazione dei diritti sulle opere dell’ingegno. –
3. Il tipo del contratto di edizione nella legge italiana del 1941*.
1. Il divenire delle tecniche di appropriazione dei risultati della creatività intellet-
tuale è frutto dell’interazione continua tra interessi solo in parte antagonisti, tra i quali
quello dell’autore a diondere ed a godere in esclusiva l’esito del suo lavoro e l’interesse
degli intermediari nella circolazione delle opere dell’ingegno a veder remunerati i loro
investimenti1. In parallelo l’interazione degli interessi ora ricordati incide tipicamente
anche sullo sviluppo delle tecniche contrattuali mirate a realizzare la loro composizione.
È noto che l’emersione di questi interessi ha avuto luogo soltanto nel corso del XV
secolo, a seguito dell’ampliamento consistente del mercato dei prodotti culturali deter-
minato dalla combinazione tra l’invenzione della stampa a caratteri mobili – che per-
mettendo un’ampia produzione seriale delle opere letterarie ha posto le condizioni per la
nascita dell’industria editoriale – e la domanda sempre più intensa di conoscenza gene-
rata dall’ascesa socio-economica della borghesia mercantile, dalla quale unitamente alla
rivitalizzazione dei traci commerciali sono derivate una più ampia alfabetizzazione ed
una ripresa potente della circolazione delle idee, dei modelli e degli artefatti culturali2.
Sul piano delle tecniche di appropriazione degli esiti della creatività intellettuale le
dinamiche degli interessi ora ricordati sono state dapprima governate a mezzo del regime
dei privilegi. Originariamente questo regime vedeva il principe assegnare in via ottriata
e discrezionale il potere esclusivo di esercitare l’arte della stampa in capo ad un editore
(cd. privilegio librario), talvolta limitatamente alla produzione di un singolo autore o ad
un genere particolare di opere letterarie, non necessariamente inedite ed anzi assai spesso
appartenenti alla tradizione classica3. A seguito della oritura culturale delle età umani-
stica e rinascimentale la crescita dell’interesse per le opere dei contemporanei ha permes-
so agli autori di rivendicare con sempre maggiore successo l’assegnazione diretta dei
* Questo studio costituisce una parte degli esiti di una ricerca su “Diritto d’autore ed autonomia negoziale”,
nanziata dal Comitato paritetico CRUI-SIAE Autori ed Editori nell’ambito del “Progetto nalizzato alla
promozione della cultura del diritto d’autore nel mondo universitario”.
1 Maggiormente antagonisti rispetto a quelli ricordati nel testo sono gli interessi individuali degli altri uti-
lizzatori professionali a valersi delle opere dell’ingegno quali fattori produttivi nella propria attività impren-
ditoriale, e gli interessi della collettività a conoscere ed usare gli esiti della creatività umana a ni di godi-
mento intellettuale, di crescita culturale, di critica e libera manifestazione del pensiero, che tuttavia nelle
dinamiche relative al contratto di edizione rimangono sullo sfondo.
2 Nell’esperienza europea il passaggio dalla stampa per blocchi di legno ai caratteri mobili è tradizionalmen-
te attribuito a Johann Gutenberg, che tra il 1448 ed il 1454 realizzò la celebre Bibbia a 42 linee. In Cina
questa tecnica era invece conosciuta già da alcuni secoli.
3 Il più antico privilegio librario tra quelli noti è stato concesso il 18 settembre 1469 dal Senato veneziano
allo stampatore Giovanni da Spira, ed è leggibile in Riv. dir. ind. 1952, I, 372-373 con commento di R.
F.
912 Studi in onore di Umberto Belviso
privilegi (cd. letterari) a vantaggio loro e dei loro eredi, o comunque a benecio dei soli
editori che avessero ottenuto il loro consenso alla stampa, oppure avessero acquistato da
loro il manoscritto originale dell’opera4.
Il convergere delle rivendicazioni giusnaturalistiche riguardanti la riserva ad ogni
uomo dei risultati del suo lavoro (anche) creativo con le aspirazioni protoliberiste delle
imprese culturali ad ottenere (seppure in via derivativa) un titolo di sfruttamento esclu-
sivo dell’opera svincolato dalla discrezionalità del principe e più in generale a sperimen-
tare una liberalizzazione del mercato editoriale ha poi stimolato ovunque tra l’inizio del
XVIII e la prima metà del XIX secolo l’abbandono del sistema dei privilegi a favore
dell’assegnazione all’autore di un diritto esclusivo sullo sfruttamento economico dei
frutti della propria creatività intellettuale5. In territorio italiano questo passaggio è stato
attuato dapprima in modo scomposto nelle esperienze parallele dei diversi stati preuni-
tari6. Ed ha poi trovato una sintesi unitaria nella legge d’autore del 18657.
Per reazione al sistema dei privilegi le nuove tecniche di appropriazione in questa
fase iniziale sono state costruite dal legislatore e dagli interpreti prendendo a modello la
proprietà sulle cose corporali, che arancata faticosamente dalle scorie del sistema feu-
dale appariva al tempo stesso come l’archetipo dei diritti soggettivi conquistati dalla
borghesia liberale e come modello ecace per soddisfare le pretese di appartenenza del-
le nuove forme di ricchezza8.
4 V. qui ad esempio la parte veneziana del 1544, leggibile in D G, Il contratto di edizione, Athena-
eum, 1913, 20-21, che subordinava la liceità della stampa dell’opera al consenso dell’autore o dei suoi eredi.
5 Questo passaggio è stato sperimentato per la prima volta in Gran Bretagna con l’Atto della Regina Anna
entrato in vigore il 10 aprile 1710. Pur con diversa intensità le motivazioni ora ricordate hanno poi ispirato
il Copyright Act statunitense del 31 maggio 1790; i decreti rivoluzionari francesi del gennaio 1791 e del
luglio 1793; la legge prussiana dell’11 giugno 1837, in qualche modo anticipata dai §§ 996-1036 della
parte I del titolo XI dell’Allgemeines Landrecht für die Preußischen Staaten del 5 febbraio 1794, che pur
trattando del contratto di edizione presupponevano l’attribuzione all’autore di un diritto esclusivo di sfrut-
tamento economico dell’opera; la legge austriaca 9 ottobre 1846, anticipata dai §§ 1164-1171 dell’Allge-
meines Bürgerliches Gesetzbuch austriaco del 1811, sempre in tema di contratto di edizione.
6 V. qui in particolare le regie patenti sarde di Carlo Felice del 28 febbraio 1826, poi integrate dalla conven-
zione austro-sarda del 22 maggio 1840; l’editto ponticio del 23 settembre 1826; il decreto 5 febbraio 1828
n. 1904 del Regno delle Due Sicilie; il decreto 22 dicembre 1840 del Ducato di Parma; la già ricordata
legge austriaca 9 ottobre 1846, applicata dal 1847 anche nel Lombardo-Veneto, nei territori del quale una
prima esperienza di assegnazione agli autori di un diritto di sfruttamento economico dell’opera aveva già
avuto luogo con la legge 19 maggio 1801 della Consulta della Repubblica Cisalpina.
7 V. la legge 25 giugno 1865 n. 2337
8 A quel tempo il percorso di costruzione della proprietà in senso moderno era ormai in stato avanzato,
seppure non poteva ritenersi compiuto. Già Pothier sistematizzando fermenti copiosi del secolo precedente
aveva posto i germi di una concezione del diritto dominicale che vedeva i poteri dell’uomo sulla cosa inizia-
re a semplicarsi ed unicarsi, per provare a superare la scomposizione medievale tra dominio utile e domi-
nio diretto [su questa vicenda v. le pagine ormai classiche di G, Un paradiso per Pothier (Robert-Joseph
Pothier e la proprietà moderna), in Il dominio e le cose, Giuré, Milano, 1992, 385-437]. Poco dopo sulla
scorta dei fermenti rivoluzionari l’art. 544 del Code Napoléon sarebbe intervenuto a sanzionare sul piano
normativo questo percorso di semplicazione ed unicazione, seppure in un contesto che vedeva la struttu-
ra della propriété ancora legata ad una enumerazione puntuale dei poteri ivi contenuti (su questi temi v.
amplius G, La proprietà e le proprietà nell’ocina dello storico, in Il dominio e le cose, cit., 660-663).
In questa fase il saldo aggancio tra il diritto d’autore e l’archetipo dominicale non discendeva soltanto dalle
suggestioni giusnaturalistiche. Piuttosto sul piano tecnico-giuridico la proprietà sulle cose corporali si pone-

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT