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AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 22 giugno 2009, n. 25957 (ud. 26 marzo 2009). Pres. Gemelli - Est. Galbiati - P.M. Geraci (diff.) - Ric. P.M. in proc. Toni ed altro

Impugnazioni penali in genere - Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili - Provvedimenti abnormi - Giudice del dibattimento - Rilevazione dell’omessa notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari - Erronea dichiarazione di nullità del decreto di citazione a giudizio - Abnormità - Esclusione.

Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento - rilevata l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415 bis cod. proc. pen., in realtà ritualmente eseguita - dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall’essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso. (C.p.p., art. 178; c.p.p., art. 415 bis; c.p.p., art. 555; c.p.p., art. 568) (1).

    (1) Con la decisione in epigrafe le S.U. compongono il contrasto giurisprudenziale esistente in sede di legittimità. Tra le pronunce più recenti espressioni del contrasto in essere, si vedano, in senso conforme, Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, Schepis, in C.E.D. Archivio penale RV 242223 e Cass. pen., sez. III, 3 luglio 2008, Amatucci, in questa Rivista 2009, 520. In senso contrario si rimanda a Cass. pen., sez. II, 9 luglio 2007, Singh, ivi 2008, 476 e Cass. pen., sez. III, 3 maggio 2007, Di Stefano, in Ius&Lex dvd n. 4/09, Ed. La Tribuna. In dottrina, in termini generali, si veda SANTA-LUCIA GIUSEPPE, – L’abnormità dell’atto processuale penale, Ed. Cedam, Padova 2003.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. – Il Giudice del Tribunale di Perugia – sezione distaccata di Foligno – rilevando la nullità della notifica a Maurizio Toni e Andrea Toni (imputati per il reato di cui all’art. 388 c.p.) dell’avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p., la dichiarava unitamente a quella degli atti conseguenti e disponeva la trasmissione degli atti al P.M.

Il procuratore della Repubblica di Perugia ricorreva per cassazione avverso il provvedimento, rilevando che il giudice era incorso in errore, essendo state le notifiche regolarmente effettuate a mezzo posta, per cui era stato determinato l’effetto abnorme della restituzione degli atti al P.M. con l’indebita regressione del procedimento; e chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.

2.1. – La sesta sezione penale, con ordinanza in data 20 novembre 2008, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite, dando atto che le notificazioni anzidette risultavano eseguite ritualmente ed osservando che sul tema dell’abnormità sussisteva un contrasto di giurisprudenza.

Secondo un primo orientamento, non poteva ritenersi abnorme, e quindi non era ricorribile in cassazione, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiarava la nullità del decreto di citazione a giudizio disponendo la restituzione degli atti al P.M., poiché tale dichiarazione, pur concernendo eventualmente un’invalidità insussistente, configurava un esercizio dei poteri propri del giudice, con la conseguenza che l’atto non era qualificabile come al di fuori del «sistema».

Per contro, secondo altro orientamento, il provvedimento in questione si palesava abnorme giacché comportava una indebita regressione del procedimento.

La sezione rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 c.p.p., per la soluzione della questione controversa così esplicitata: «Se è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, ritenuta la mancata notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero dopo avere dichiarato, erroneamente, la nullità del decreto di citazione a giudizio».

  1. – Il procuratore generale presso la Corte di cassazione riteneva fondato il ricorso, osservando che l’orientamento più recente della Corte era nel senso di collegare l’ipotesi di indebita regressione del processo con il principio costituzionale della sua ragionevole durata, dal che discenderebbe la configurazione di abnormità in tutti i casi in cui il procedimento venisse «riportato» indietro senza che ciò fosse giustificato da obiettive ragioni di fatto e di diritto.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 4. – Premesso che nel caso in esame la notificazione agli imputati dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 145 bis c.p.p. si palesa correttamente eseguita ai sensi dell’art. 170 c.p.p,, contrariamente all’assunto del giudice del merito, si osserva che provvedimento abnorme è quello che presenta anomalie genetiche o funzionali tanto radicali da non potere essere inquadrato nello schema normativo processuale.

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    La categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in stretto collegamento con il tema della tassatività, che, come è noto, pervade il regime delle impugnazioni, in genere, e del ricorso per cassazione in specie. Rimedio, quest’ultimo, che, significativamente, racchiude in sé l’esigenza di approntare uno strumento – eventualmente alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri rimedi – che assicuri il controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione. L’abnormità, quindi, più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra – sempre e comunque – uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento. Tanto che si tratti di un atto strutturalmente «eccentrico» rispetto a quelli positivamente disciplinati, quanto che si versi in una ipotesi di atto normativamente previsto e disciplinato, ma «utilizzato» al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragione di essere nell’iter procedimentale, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o meno del «potere» di adottarlo. In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un «fenomeno» unitario. Se all’autorità giudiziaria può riconoscersi l’«attribuzione» circa l’adottabilità di un determinato provvedimento, i relativi, eventuali vizi saranno solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che da essi derivino effetti regressivi del processo. Ove, invece, sia proprio l’«attribuzione» a far difetto – e con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale – la conseguenza non potrà essere altra che quella dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione.

    Il problema delle abnormità processuali si era già presentato nel vigore del Codice Rocco, pur esso improntato al principio di tassatività delle impugnazioni, e non ha trovato una definizione legislativa del codice di procedura penale vigente: la relativa Relazione al progetto preliminare (p. 126), consapevole dell’esistenza della categoria nel sistema processuale previgente, ha sottolineato che «è rimasta esclusa l’espressa previsione dell’impugnazione dei provvedimenti abnormi, attesa la rilevante difficoltà di una possibile tipizzazione e la necessità di lasciare sempre alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissarne le caratteristiche ai fini dell’impugnabilità. Se, in fatto, proprio per il principio di tassatività, dovrebbe essere esclusa ogni impugnazione non prevista, è vero pure che il generale rimedio del ricorso per cassazione consente comunque l’esperimento di un gravame atto a rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema processuale o adottato a fini diversi da quelli previsti dall’ordinamento».

    Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, in particolare, hanno tracciato le caratteristiche della categoria dell’abnormità (S.U., 18 giugno 1993, P.M. in proc. Garonzi; S.U., 24 marzo 1995, P.M. in proc. Cirulli; S.U., 9 luglio 1997, P.M. in proc. Balzan; S.U., 9 luglio 1997, P.M. in proc. Quarantelli; S.U., 10 dicembre 1007, Di Battista; S.U., 24 novembre 1999, Magnani; S.U., 24 novembre 1999, confl. giur. in proc. Di Dona; S.U., 22 novembre 2000, P.M. in proc. Boniotti; S.U., 31 gennaio 2001, P.M. in proc. Romano; S.U., 11 luglio 2001, P.G. in proc. Chirico; S.U., 29...

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