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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine809-812

Page 809

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 22 maggio 2009, n. 21501 (c.c. 23 aprile 2009). Pres. Gemelli - Est. Ferrua - P.M. (conf.) - Ric. Astone

Amnistia, indulto e grazia - Indulto - Revoca - Reato continuato - Disciplina.

In caso di reati uniti dal vincolo della continuazione – alcuni dei quali, compreso il più grave, commessi entro il termine previsto dal provvedimento di clemenza ed altri successivamente – la pena per quello o quelli satelliti, suscettibili di comportare la revoca dell’indulto e quindi di precluderne l’applicazione, va individuata nell’aumento inflitto a titolo di continuazione per ognuno di questi, spettando al giudice dell’esecuzione interpretare sul punto il giudicato, qualora ivi siano state omesse le singole specificazioni. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 81; c.p., art. 174; D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, art. 4) (1).

    (1) Il Supremo Collegio, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale in essere aderendo all’orientamento minoritario, ha valorizzato, oltre la ratio di favore dell’istituto, il dato testuale rappresentato dalla circostanza che l’art. 4 D.P.R. 394/90, disciplinando la revocabilità dell’indulto, usi l’espressione “riporti condanna”, il che evoca il concetto di pena inflitta dal giudice. In proposito si richiama un recente orientamento delle stesse Sezioni Unite penali (sent. ud. 26 marzo 2009, Vitale, inedita) che, chiamate a risolvere un contrasto sorto in relazione a fattispecie ove, essendo intervenuta sentenza di condanna non definitiva per un reato continuato, si discuteva circa l’eventuale dichiarazione di inefficacia ex art. 300 comma 4 c.p.p. della custodia cautelare applicata solo per il reato meno grave, hanno ritenuto che, per stabilire “l’entità della pena irrogata”, alla quale commisurare la durata della custodia già subita, occorre considerare l’aumento concretamente inflitto ai sensi dell’art. 81 c.p..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. Con istanza 31 ottobre 2008 Astone Giuseppe – proponendo opposizione all’ ordinanza emessa il 24 ottobre 2008 dalla Corte di appello di Messina, in veste di giudice dell’esecuzione – chiedeva alla medesima, a norma degli artt. 672, 667 C.p.p., di provvedere all’applicazione in suo favore dell’indulto concesso dal D.P.R. n. 394/90 e quindi di quantificare in concreto la misura della residua pena che egli avrebbe dovuto espiare.

Deduceva in particolare: che egli era stato condannato dalla citata Corte, con sentenza definitiva 25 giugno 2005, ad anni 6 di reclusione per reati condonabili per effetto del D.P.R. n. 394/90 ed altresì della L. 241/06; che con l’ordinanza impugnata gli era stato riconosciuto l’indulto con riguardo ad anni tre di reclusione, ex L. 241/06; che la Corte non aveva deciso in merito all’applicazione del beneficio ai sensi del D.P.R. 394/90, tenendo conto dell’epoca di commissione dei vari fatti.

Con pronuncia 28 novembre 2008 la Corte di appello rigettava la richiesta dell’ Astone.

All’uopo rilevava: che la condanna subita dal predetto concerneva plurime vicende di concussione (poste in essere tra l’ 84 ed i primi mesi del ’92, capo P) nonché di turbata liceità degli incanti (consumata nel luglio ’87, capo D1), reati tutti uniti dal vincolo della continuazione; che per i primi addebiti era stata inflitta la reclusione nella misura di anni 5 e mesi 10 e per l’altro reato di mesi 2; che il più grave episodio concussivo si era concluso prima dell’ottobre dell’89 e che la pena per il medesimo poteva determinarsi in anni 4 di reclusione; che taluni di quelli ulteriori erano stati realizzati, come sopra riportato, negli anni successivi; che per la fattispecie incriminata dall’art. 317 c.p. è prevista una sanzione minima superiore a due anni; che, pertanto, un eventuale condono concesso ex D.P.R. n. 394/90 avrebbe dovuto essere revocato perché il beneficiario aveva riportato condanna a pena detentiva non inferiore ad anni 2 per delitto commesso nel quinquennio dall’ entrata in vigore del provvedimento di clemenza (art. 4 cit D.P.R); che questa circostanza valeva ad escludere l’applicazione invocata.

A fondamento della propria conclusione la Corte territoriale richiamava la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in caso di più condotte criminose unite dal vincolo della continuazione, la pena per il delitto satellite suscettibile di comportare la revoca dell’indulto, va individuata in relazione non già all’aumento inflitto ex art. 81 C.p., bensì al minimo edittale normativamente sancito, con massima riduzione consentita per le riconosciute attenuanti.

Avverso tale decisione il condannato ha ora proposto ricorso per...

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