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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine301-321

Page 301

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 4 marzo 2009, n. 9857 (c.c. 30 ottobre 2008). Pres. Gemelli - Est. Carmenini - P.M. Monetti (conf.) - Ric. Manesi

Prova penale - Sequestri - Documenti - Restituzione - Opposizione - Decisione del G.i.p. - Ricorso per cassazione - Motivi deducibili - Individuazione. Prova penale - Sequestri - Documenti - Restituzione - Opposizione - Decisione del G.i.p. - Ricorso per cassazione - Rito camerale - Forma - Individuazione.

L’ordinanza del G.i.p., che a norma dell’art. 263, comma quinto, c.p.p., provvede sull’opposizione degli interessati avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle “cose” in sequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti, è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’art. 606, comma primo, c.p.p. (C.p.p., art. 127; c.p.p., art. 258; c.p.p., art. 263; c.p.p., art. 606) (1).

Il ricorso per cassazione contro l’ordinanza emessa dal G.i.p. a norma dell’art. 263, comma quinto, c.p.p., è deciso in camera di consiglio con le forme del rito non partecipato di cui all’art. 611 c.p.p. (C.p.p., art. 127; c.p.p., art. 263; c.p.p., art. 611) (2).

    (1) Con la decisione in esame le Sezioni Unite danno soluzione al contrasto giurisprudenziale in essere aderendo all’orientamento interpretativo minoritario ma, tuttavia, ritenuto più convincente. Si vedano in motivazione i precedenti rappresentativi degli opposti indirizzi giurisprudenziali.

    (2) Per Cass. pen., sez. I, 9 agosto 2000, Selini, in Cass. pen. 2002, 305, le forme camerali di cui all’art. 127 c.p.p., in sede di ricorso per cassazione in procedimenti riguardanti i sequestri, vanno osservate soltanto per quelli proposti dalle parti processuali legittimate a richiedere il riesame del provvedimento di sequestro e che concretamente abbiano partecipato al relativo procedimento, mentre nei casi inerenti all’istanza di restituzione della cosa in sequestro, formulata da soggetto non intervenuto nella procedura di riesame, va osservato il rito camerale non partecipato e con solo contraddittorio scritto tra le parti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. – A seguito di un controllo sull’operazione di importazione di una bolletta doganale eseguita dalla Work Studio s.n.c., l’Agenzia delle Dogane di Livorno accertava che la bolletta concerneva merce di provenienza extracomunitaria (Cina), costituita da n. 741 colli di motocicli con cilindrata inferiore a cc. 50 (cosiddette mini- moto), di cui 640 modelli WY-708 (mini-moto a due ruote) e 96 modelli WY-723 (mini-moto a quattro ruote, cosiddetti quadard), nonché n. 5 colli di parti di ricambio. La verifica, eseguita il giorno 3 marzo 2006, conduceva a rilevare che su tutti i modelli visionati era presente la marcatura CE e, su quelli recanti la sigla WY-708 di colore bianco, era riportato il logo “46”; che legale rappresentante della società importatrice era, all’epoca del fatto, l’attuale ricorrente Paolo Manesi.

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Livorno, al quale venivano riferiti gli accertamenti documentali, disponeva consulenza tecnica all’esito della quale elevava a carico del Manesi la doppia imputazione di falso ideologico indotto in atto pubblico (artt. 48/479 c.p.) e di immissione sul mercato di prodotti pericolosi (già art. 11, comma secondo, del D.L.vo 21 maggio 2004 n. 172, ora art. 112, comma secondo del D.L.vo 6 settembre 2005, n. 206, c.d. “Codice del consumo”); convalidava, quindi, il sequestro della merce operato dai funzionari dell’Ufficio Dogane e, successivamente, disponeva il dissequestro dei soli containers.

Sull’opposizione della difesa dell’indagato, che, a norma dell’art. 263, comma quinto, c.p.p., chiedeva al competente Giudice per le indagini preliminari di revocare il sequestro e disporre la restituzione delle minimoto all’avente diritto, la richiesta di dissequestro veniva rigettata, a seguito di udienza camerale tenuta il 20 giugno 2007.

Contro detta ordinanza ricorre per cassazione il difensore di fiducia del Manesi, deducendo: mancanza assoluta di motivazione su un motivo di reclamo, in relazione all’art. 606, lett. e) c.p.p.; mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato in ordine ai presupposti del sequestro; nullità e/o inutilizzabilità della “consulenza tecnica” disposta dal Pubblico Ministero per mancanza assoluta di contraddittorio e violazione del diritto di difesa, nonché manifesta illogicità della motivazione sul punto; erronea applicazione al caso di specie della c.d. “Direttiva Macchine” e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione sul punto; mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione della documentazione di conformità prodotta in udienza dall’indagato.

La Quinta Sezione penale di questa Corte, assegnataria del ricorso, rilevava l’esistenza di vari contrasti di giurisprudenza relativamente al rito da seguire ed ai motivi deducibili in cassazione in caso di impugnazione dell’ordinanza emessa dal G.i.p. sull’opposizione ex art. 263 c.p.p.

Osservava che, malgrado gli enunciati della recentissima sentenza delle S.U. n. 7946 del 31 gennaio 2008 (Eboli, RV238507), restavano tuttora oggetto di contrasto due questioni, così esposte: 1) se l’ordinanzaPage 302 del giudice per le indagini preliminari sull’opposizione proposta contro il decreto, con il quale il P.M. si è pronunciato sull’istanza di dissequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti sequestrati, sia ricorribile solo per violazione del contraddittorio e delle forme di trattazione del procedimento, ovvero per tutti i motivi deducibili in sede di legittimità; 2) se la Corte di cassazione debba procedere in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, ovvero senza l’intervento del difensore e sulle conclusioni scritte del Procuratore generale.

Il Presidente Aggiunto, al quale veniva trasmessa l’ordinanza di rimessione, fissava l’udienza del 30 ottobre 2008 per la trattazione e la decisione del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. – È opportuno rilevare che i contrasti di giurisprudenza che hanno indotto la Sezione rimettente a demandarne la composizione alle Sezioni Unite riguardano questioni di procedura, preliminari rispetto ai motivi di ricorso.

Ragioni di chiarezza metodologica rendono, quindi, necessario esaminare distintamente le due tematiche: A) le questioni relative ai contrasti di giurisprudenza; B) i motivi di ricorso.

  1. Le questioni relative ai contrasti di giurisprudenza

    Va detto subito che si tratta di questioni di complessa composizione organica, dal momento che la tecnica legislativa in subiecta materia si presenta frammentaria ed eterogenea; per altro nella disciplina codicistica si intersecano, variamente atteggiandosi, il modello camerale tipico delineato dall’art. 127 c.p.p. per le fasi procedimentali di merito, il modello camerale tipico previsto per le decisioni della Corte di Cassazione “su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento” (art. 611 c.p.p.), e taluni schemi procedimentali atipici.

    Al riguardo le Sezioni Unite hanno avuto modo di occuparsi ripetutamente della materia, pervenendo all’individuazione di una possibile classificazione definitoria, sotto il profilo strutturale, a seconda del differente grado di garanzia del contraddittorio che è assicurato nell’ambito dei vari modelli.

    La sentenza n. 26156 del 28 maggio 2003 (Di Filippo, RV224612) ha sottolineato che «si atteggiano variamente, oltre il modello camerale tipico delineato dall’art. 127, schemi procedimentali atipici, a seconda del differente grado di garanzia del contraddittorio che in essi è assicurato, potendo invero identificarsi nel codice di rito, dal punto di vista strutturale: – norme nelle quali il riferimento al procedimento “in camera di consiglio” è rafforzato dall’espresso richiamo delle “forme dell’art. 127” (altre volte l’espressione usata è “a norma dell’art. 127”: v. artt. 32.1, 41.3, 48.1, 130.2, 263, 269.2, 309.8, 310.2, 311.5, 324.6, 406.5, 409.2, 428.3, 435.3, 599.1, 625 bis.4, 646.1, 734.1, 743.2) ovvero, pur non essendo seguito da analogo rinvio (artt. 600.1, 704.2, 718.1), neppure è connotato da formule derogatorie del contraddittorio eventuale, che autorizzano il giudice a deliberare senza l’osservanza di alcuna formalità; -norme che, pur facendo riferimento al procedimento “in camera di consiglio”, prevedono, viceversa, la specifica deroga all’osservanza delle “forme di cui all’art. 127 c.p.p.” (artr. 624.3); – norme che non prescrivono la procedura in camera di consiglio, né le forme dell’art. 127 e neppure il generico obbligo di sentire le pari (cfr., in tema di applicazione e di estinzione delle misure cautelari personali, gli artt. 292.1, 299.3 e 306.1: “il giudice dispone con ordinanza”), sì da ritenersi tacitamente autorizzata la deliberazione de plano, ovvero prevedono espressamente l’omessa integrazione del contraddittorio e l’adozione dei provvedimento de plano mediante le perifrasi “senza formalità di procedura”, “senza ritardo”, “anche d’ufficio” (artt. 36.3, 41.1, 127.9, 591.2, 625 bis comma 4); – norme, infine, che semplificano il contraddittorio camerale secondo forme più deboli, anche se non necessariamente cartolari, rispetto a quelle previste dall’art. 127 (artt. 304.3, 305.2, 406.4 e, precipuamente, art. 611.1 per il procedimento camerale in Corte di cassazione), ovvero lo rafforzano mediante la prescritta partecipazione necessaria delle parti principali (artt. 401.1, 420, 469, 666.4)».

    Ai fini che interessano per la soluzione della prima questione controversa, va rilevato che l’ammissibilità del ricorso per cassazione – avverso l’ordinanza con la quale, ai sensi dell’art. 263, comma quinto, c.p.p., il giudice per le indagini preliminari decide sull’opposizione proposta dall’interessato avverso il decreto di rigetto, da parte del pubblico ministero, della richiesta di restituzione di cose sequestrate – è stata definitivamente ritenuta e delineata da un...

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